venerdì 30 agosto 2013

IMPERO RUSSO - ULTIMA NOTTE

...e tra di noi c'era qualcuno (tutti a dire la  verità) convinto che in Russia ed Ucraina avremmo patito un caldo della madonna.
MAGARI !!
Piove, diluvia, scroscia, sgocciola, trasuda il cielo. E fa freddo porca eva! 12-13-15 gradi...oh ma è agosto!!
Anyway...lamentele sul meteo a parte siamo arrivati a L'Viv, 2-300km prima della frontiera con l'Ungheria. Siamo veramente agli sgoccioli, e sono combattuto...ho tanta voglia di tornare a casa dalla Simo, dalla mia famiglia, dai miei amici, dal cibo buono. Ma al tempo stesso domani mattina invece che dirigermi a ovest punterei a nord per attraversare la Russia, vedere San Pietroburgo, le repubbliche baltiche, entrare in Finlandia, passare da Murmansk e poi in Norvegia, fare foto ricordo a Capo Nord, la Atlantic Road e le Lofoten, e poi giù in Svezia, Danimarca, Germania, Svizzera.
Oppure ci starebbe bene un giro del Mar Nero...Georgia, Armenia, Azerbaijan, Turchia, i Balcani...
Cioè insomma...di stare in giro e vedere ogni giorno cose nuove non mi stanco mai e più viaggio più ci prendo gusto.
Abbiamo incrociato un paio di volte motociclisti polacchi (ma quanti ce ne sono in Asia Centrale di polacchi!!!) che stavano tornando a casa da un viaggio iniziato a Vladivostok e passato per la Mongolia (grrrrrr....)....(grrrrrr.....).
Stiamo arrivando, manca poco

giovedì 29 agosto 2013

COME VOLEVASI DIMOSTRARE

Kiev è stata la nostra casa in questi 2 giorni, e confesso che potevano esserci posti peggiori dove rimanere "bloccati".
Lasciata la moto in BMW abbiamo dedicato la giornata di ieri alla visita della città, benedetti da un sole piacevolmente caldo.
Il centro è decisamente bello...ampi viali, un gran numero di chiese ortodosse dalle cupole scintillanti d'oro, palazzi '7/'800eschi. E ovunque un mare di gente per strada, vita, movimento.
Oltre a benedire il Signore per tanta grazia femminile (una costante che ormai dura da Aktobe) e continuare a sgomitarci per richiamare l'attenzione su questa o su quella, ci godiamo una giornata da turisti qualsiasi passeggiando per ore con calma e tranquillità.
Attendiamo nel pomeriggio una chiamata della concessionaria che ci dia l'ok per andare a prendere la moto, e quando arriva ci prendiamo la solita doccia gelata. "sorry la moto sarà pronta domani mattina alle 11",
Ma porca eva, ma che ce ne vada dritta una no? Vabbè...le 11 vuol dire che comunque seppur dovendo fare la solita tirata potremo arrivare a L'Viv, poco prima della frontiera ungherese, come da programma.
Serata in un deserto ristorantino dove azzardiamo (venendo puniti da una cottura indegna) una carbonara da dividere in 3. Ingenui....
Stamattina come da previsioni ci svegliamo sotto una pioggia battente. Attendiamo impazientemente fino alle 11 poi decidiamo di recarci armi e bagagli in BMW per "fare pressing" e partire. Arrivati là con un taxi la brutta sorpresa...la moto non sarà pronta prima delle 14 o forse le 15...
Educatamente facciamo buon viso a cattivo gioco e decidiamo di piazzarci li e attendere. Del resto non abbiamo molte alternative...fatto il check out in hotel e con un meteo simile non possiamo fare altro che ingannare il tempo.
Parliamo a lungo con Evgeni, il ragazzo che ci aveva accolto l'altro giorno e che si occupa delle vendite del settore moto. Ci mostra le foto dei suoi viaggi e di quelli di suoi amici, gli facciamo vedere il nostro blog. 
Proviamo vestiti e giacche.
Saliamo e scendiamo dalle moto esposte fantasticando e vaneggiando di imminenti acquisti.
Riguardiamo foto.
Beviamo un caffè.
Beviamo un tè con i biscottini.
Cincischiamo e le ore passano, mentre continuamente aggiorniamo e ridiscutiamo la tabella di marcia.
Quando finalmente alle 17 le moto sono pronte (anche quella di Andrea era in officina per controllare il comando del gas spaccato ad Aralsk) abbiamo già deciso che dormiremo a Kiev un'altra notte. Inutile mettersi in strada con questo tempo per spostarci di 100-200 km.
Il gas di Andrea non sembra poi cosi a posto, anzi sembra leggermente peggiorato...cosa che fa notare ad Alexei (il meccanico) che però lo liquida con un "is ok".
Mah....l'ultimo che ci ha detto "is ok" era quello di Aktobe che poi si è scoperto non aver fatto proprio nulla...stavolta speriamo che il risultato sia diverso.
Domani mattina sveglia presto e decideremo lungo la strada se fermarci a L'Viv o tirare dritto il più possibile magari mettendo già piede in Ungheria. 
Ma ormai ho imparato che è meglio tacere, che qui la sfiga ha le orecchie di Dumbo...

martedì 27 agosto 2013

BMW MOTORRAD KIEV...OASI NEL DESERTO

Nella putrescente gastinitza dove ci siamo riuniti ieri sera la notte è difficile. Essendo probabilmente l'unica sistemazione in città la signora ovviamente solo russo-parlante si concede qualche leggerezza sulla pulizia...la moquette che pensavo essere a pois semplicemente è macchiata, il bagno 0,5x0,5 mq prevede che se ti fai la doccia devi scollegare il boiler e mettere la spina elettrica in un sacchetto di plastica chiuso con una molletta, il rubinetto perde, la ruggine e le incrostazioni proliferano, le lenzuola non hanno bisogno del luminol per mostrare le macchie, e comunque il loro odore è sufficiente a suggerirmi di dormire vestito cosi come sono andato a cena e con una salvietta a proteggermi dal cuscino. 
Andrea, inseguito dai fantasmi di piattole blatte e ratti mannari si adeguerà alle mie soluzioni pro-igieniche durante la notte. Dopo aver sbarrato la porta di Giacomo che al solito russa come un plotone di soldati dopo una marcia di 40 chilometri, e dopo aver scattato qualche foto notturna a me che dormo nella mia tradizionale posa da Nosferatu nella bara.
Recuperate le moto che hanno dormito chiuse nel cortile della locale stazione di polizia partiamo di buon'ora per cercare di liberarci in fretta della frontiera russa ed ucraina ed arrivare rapidamente a Kiev per portare la moto all'officina BMW.
Ma poteva mai andare tutto per dritto???? NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO
Al controllo documenti russo ci chiedono immediatamente un foglio che non abbiamo. E' il foglio di importazione temporanea delle moto che in teoria avrebbero dovuto farci compilare alla frontiera di Ozinski quando siamo entrati 2 giorni fa.
Invano cerchiamo di spiegare all'impiegata della dogana che logica vuole che quando mi fai entrare nel tuo maledetto paese devi essere TU a farmi compilare tutti i moduli necessari, e se non li compilo neanche mi fai passare. Ovviamente c'è l'ostacolo della lingua ad impedire la comprensione di questi concetti molto basici.
Per loro c'è semplicemente un "problem": manca il documento. Mostriamo loro i vari foglietti avanzati dai passaggi nelle altre frontiere, la bolla di consegna delle moto in Uzbekistan. Ma a loro frega relativamente, vogliono l'altro foglio...
Inizialmente pare che la tizia seppur scocciata voglia darci una mano...scompare un pò in un ufficio, poi torna e  ci dice di pazientare. Dopo 2 ore di pazienza in piedi all'aperto come 3 deficienti sotto ad una tettoia dove tira un vento freddo (ogni tanto spioviggina pure) comincio a scocciarmi e torno dalla tizia. Mi fa segno che stanno aspettando un fax dall'altra frontiera che certifichi il nostro passaggio e poi sarà tutto a posto. "dieci minuti".
Ne passano 30. Ne passano 40. Passa un'altra ora.
Il Simone "malvagio", come lo chiama Andrea, comincia a diventare difficilmente contenibile e mi aggiro per la dogana imprecando ad alta voce per far capire a questi impiegati del catasto che se mi hai fatto entrare da una parte non puoi rompermi le palle dall'altra. Mettetevi d'accordo su quali documenti un povero cristiano deve portarsi appresso! Volete il visto, volete il passaporto, mi fate la foto, mi registrate 6 volte, ho tutti i documenti della moto compreso il CDP, documenti che attestano che l'ho spedita a Tashkent.....CHE MINCHIA VOLETE ANCORA DA NOI??????
L'incazzatura è una escalation, accentuata dal fatto che nessuno ci dà spiegazioni e nessuno a parte qualche occhiata pare fregarsene qualcosa di noi che stiamo qui a marcire di freddo da 4 ore mentre sotto al naso ci passano decine e decine di persone che in 10 minuti arrivano e vanno.
Finalmente dopo quasi 5 ore arriva un tizio che porta i nostri documenti e in 10 minuti siamo liberi di andare.
Pochi metri, frontiera ucraina. Si avvicina il militare che controlla i passaporti e sotto i miei occhi increduli mima molto a chiaramente a Giacomo il gesto di mettergli dei soldi (rubli, eur, dollar) all'interno del passaporto. Soldi per lui, così...come se fosse la cosa più normale del mondo e come se avesse un minimo senso!!
Io e Giacomo ci guardiamo, io sono ancora sotto l'effetto "fungo atomico sterminatore" causatomi dalla frontiera russa ma sono talmente basito da tanta sfrontatezza che mi viene da ridere...a 'sto povero rincoglionito persino tenero e maldestro nel tentare di taglieggiarci Giacomo risponde sempre in italiano facendo il finto tonto, e io rincaro la dose aggiungendo anche una buona serie di offese miste ed assortite. Il tizio si allontana, torna dopo 1 minuto e si fa ridare il passaporto convinto di trovare qualcosa al suo interno ma non trovando nulla si stupisce! Che coglione!
Giacomo scoppia a ridere e se  ne esce con un "amico mio, famme almeno entrà nel tuo paese!  sto ancora prima della sbarra, famme fà 100 metri poi chiedimi i soldi! Che du cojoni!"
Il tizio desiste, fiaccato dalla nostra finto-tontaggine e dall'ostacolo della lingua, e riesce a farsi prendere per il culo pure dalla sua collega per non essere riuscito a spillarci soldi.
Ridicolo. Surreale. Fuori di testa. Se questa è l'Ucraina e la sua polizia siamo a posto.
In mezz'oretta comunque ci liberiamo, controllino al volo al serraggio dei bulloni della ruota smontata 2 giorni fa a casa del panzone e via per i 330 km che ci separano da Kiev. Senza l'intoppo russo saremmo stati in super anticipo mentre cosi ci tocca correre per sperare di riuscire.
Ovviamente si mette a piovere di brutto, e a fare un freddo cane. Dobbiamo fermarci assolutamente per coprirci un pò perchè io sto morendo di freddo.
La strada è dritta e veloce, ce la beviamo rapidamente fino ad entrare nell'area metropolitana della capitale. C'è parecchia confusione, un traffico intenso e tutti vanno a manetta ma riusciamo comunque a trovare la concessionaria BMW.
Auto.
Che ci dà un altro indirizzo dove c'è la divisione Motorrad. Fiuuuuuuu.....
Altro giro nel casino di Kiev, che appare subito ai nostri occhi moooolto più bella di quanto ce la immaginassimo. Palazzi antichi accanto a futuristici grattacieli, tanta gente in giro, giovani...un sacco di vita e l'idea di una città mittel-europea piuttosto che ex sovietica.
Fortunatamente la concessionaria è aperta fino alle 20, per cui facciamo in tempo ad arrivare (sono le 18.30). Veniamo accolti splendidamente da Evgeni, un ragazzo che parla bene inglese e che ci prende sotto la sua ala facendoci parlare con il meccanico, offrendoci tè e biscottini, aiutandoci a prenotare un albergo nei paraggi e chiamando persino il taxi. 
Come scritto su Facebook, voto all'accoglienza ed al servizio 10+...per il voto all'officina aspettiamo domani visti i precedenti di Aktobe ...
Ci aspetta un giorno a zonzo per Kiev, cosa che non dispiace affatto viste le premesse...
Speriamo che qui finalmente si possa mettere la parola fine a tutte le sfighe e goderci gli ultimi giorni di rientro con la calma che sogniamo da giorni

PS: a redimere (per oggi) la polizia ucraina va detto che avendo imboccato per errore una strada con divieto nel caos di Kiev siamo stati pizzicati subito ma (visto anche l'elevato numero di local che stavano commettendo lo stesso sbaglio) lasciati andare con una stretta di mano ed un sorriso.

TOP GEAR

6 ore di sonno. Scarse perchè sono preoccupato per la moto mia e di Andrea parcheggiate in mezzo alla strada in una città da un milione di abitanti.
Alla mattina il pensiero n°1 prima ancora della cacca, di lavarsi i denti e fare colazione è andare a controllare che ci siano ancora e fortunatamente sono li...posso smettere di pensare ad un aereo con la Saratov Airways fino a Francoforte e di li uno per Milano.
Ho un messaggio di Giacomo sul telefonino che dice che lui e criceto si sono fermati per dormire tra le 3.30 e le 6.30 e sono di nuovo in viaggio. Sono in vantaggio, complice la nostra sosta ben più lunga.
Loro certamente entro stasera arriveranno a Rylsk, paese che sta ad una trentina di chilometri dalla frontiera ucraina che è la meta concordata ieri a casa del panzone. Noi per raggiungerli dovremmo percorrere quasi 900 km...sinceramente non pensiamo di farcela entro oggi, tutt'al più raggiungeremo la città di Kursk stasera e domani mattina di buon ora faremo gli ultimi 150 km circa per Rylsk.
Lasciamo Saratov, il maestoso Volga e l'immorale quantità di splendide ragazze rimirate ieri sera diretti ad ovest.
Abbiamo appena il tempo di percorrere una cinquantina di chilometri e ci troviamo sopra la testa un cielo nero e tempestoso che ben presto comincia a cacciare le prime gocce...che diventano un violento acquazzone con tanto di spettacolari fulmini. Andiamo bene...se l'andazzo è questo altro che 900km...
E invece ci dice bene, perchè dura poco e procediamo spediti. Tanto spediti che a mezzogiorno abbiamo percorso già più di 400km pur avendo perso almeno mezz'ora dentro il traffico di Voronezh.
Siparietto surreale lungo un viale congestionatissimo: un biker un pò troppo ingorillito sfoga un paio di marce in mezzo al casino di macchine. Evidentemente si distrae guardando me e Andrea e non si accorge che davanti a noi la fila è ferma...inchiodata disperata, moto che perde aderenza all'anteriore e in una frazione di secondo a 3 metri da me questa si infila sotto alla macchina davanti mentre il motaro scivola a destra. Fortunatamente è avvolto in tuta di pelle e stivali, e mentre il semaforo diventa verde e ripartiamo si rialza immediatamente. Faccio giusto in tempo a pensare "MA CHE COGLIONE!!" e ce ne andiamo.
Le pause sono ridotte giusto al tempo di fare benzina ogni 200 km. Una volta si e una no ci concediamo anche una bibita, uno snack e una sigaretta, e poi via di nuovo a macinare strada.
Kursk, che doveva essere la nostra meta finale, la raggiungiamo alle 18...710 km. Chiamo Giacomo, sta scaricando la moto dal furgone di criceto...lo avviso che stiamo arrivando, un paio d'ore e siamo da lui per festeggiare insieme il suo compleanno!
Gli ultimi 80km sono splendidi...con il sole al tramonto attraversiamo spediti ed ormai in relax campagne come ci aspetteremmo di vederle se fossimo negli anni '50: casine di legno colorate, oche bianche nei campi, donne anziane in ampie vesti e con il foulard in testa, trattori e carretti. E finalmente, dopo centinaia di chilometri asettici, il profumo della terra, dell'erba e dei campi di mais.
Alle 20, dopo 850 km e oltre 10 ore di guida interrotta da meno di un'ora di pause riabbracciamo Giacomo. Che dopo un intero giorno passato a sopportare l'ostinato silenzio del criceto russo e il suo sgranocchiare semi di girasole attacca a parlare a macchinetta per raccontarci tutto quello che gli è successo.
E stavolta, per fortuna, sono solo pochi aneddoti...per cui niente "versione di Djacomo - parte 2°".
Domani Ucraina, Kiev...speriamo di trovare l'officina BMW che abbiamo trovato su internet e che ci serve come l'acqua nel deserto. Giacomo guiderà la sua moto, e lungo la strada ci fermeremo per rabboccare l'olio che ovviamente ancora perde.

PS: oggi ridevo da solo dentro al casco quando ho riflettuto sul fatto che questi giorni assomigliano sempre più ad una delle sfide di Top Gear..Giacomo "Jeremy Clarkson" Radini contro me e Andrea in una sfida per vedere se arriviamo prima a casa noi in moto o lui con la moto su vari tipi di camion (bisarca, carro attrezzi, furgone)  :-)

domenica 25 agosto 2013

FOTO BOOK 9

C'E' SEMPRE UN PIANO B

Il mio letto è troppo piccolo per permettermi di distendere le gambe, il cuscino un sacco di patate ma senza patate, le coperte sembrano fatte di carta vetrata di quella che fa sudare. Risultato...poche ore di sonno e mal di testa da cervicale.
La mattina parte male...alle 7.30 siamo già tutti in piedi, con facce da funerale e morale decisamente tetro. Ozinski non è esattamente il centro logistico della Russia, e nemmeno possiede una rinomata officina BMW Motorrad per pensare di sistemare la moto di Giacomo.
Di nuovo tocca inventarsi qualcosa.
Troviamo un camionista disposto a portare la moto a Saratov, una città enorme a 300km da qui. Proviamo comunque anche ad andare alla stazione dei treni per capire se c'è un treno merci per Kiev. Che non c'è (o meglio c'è ma parte da Saratov e arriva a Kiev via Mosca...)
Discutiamo ore sul da farsi...innanzitutto non siamo ancora certi che la perdita di olio sia in alto (olio del cambio) o in basso (olio della coppia conica). Il meglio per noi sarebbe il primo, perchè ci consentirebbe di rabboccare di tanto in tanto dovendo solo allentare un bullone.
Nel secondo caso invece per riempire d'olio il serbatoio della coppia conica bisogna smontare la ruota posteriore.
Facciamo ancora lunghe telefonate a Luca e a Gabriele, il capo officina della concessionaria BMW di Reggio per raccontare loro i fatti oggettivi ed avere il loro ben più esperto parere su cosa provare a fare.
Facciamo la prova più semplice, controllare cioè se l'interno della cuffia in gomma che protegge l'innesto del cardano al cambio è unta: purtroppo no. Quindi il problema è serio come temevamo...perde il paraolio della coppia conica.
Ma perde perchè non tiene più lui o perchè ci sta mollando un cuscinetto? Se fosse cosi guidare la moto sarebbe un rischio ancora maggiore perchè se ci mollasse il cuscinetto si distruggerebbe tutta la parte finale della trasmissione....roba grave, gravissima.
Dobbiamo però accertarcene, e per farlo bisogna aprire il braccio oscillante...smontare ruota, pinza freno, sensore abs, scollegare l'albero del cardano e verificare il gioco del pignone della coppia conica.
Il problema è che nessuno di noi è un meccanico, anzi nessuno di noi sa mettere le mani sulla moto. Le mie competenze si limitano a tante serate trascorse insieme a Luca a lavorare in officina....solo che io sono quello che gli passa i cacciaviti, non ho mai fatto veramente nulla.
Però ho buona memoria, ed il lavoro non è cosi difficile. Lo chiamo  per l'ennesima volta per ripassare le cose da fare e mi metto concentrato a lavorare.
E va tutto bene. Nel senso che la perdita d'olio effettivamente c'è, ma i cuscinetti sono a posto. Possiamo azzardare di far saltare Giacomo in moto, e ogni 200km rabboccare l'olio...chiaro, c'è da smontare tutte le volte ruota, pinza freno e sensore abs ma è roba di mezz'ora, e seppur con notevoli ritardi potremmo continuare a muoverci verso l'Ucraina e metterci al riparo dallo scadere del visto.
Le perplessità sono comunque molte, e non siamo certi al 100% che sia la scelta giusta...il timore di rompere tutto è forte. E la convinzione di Gabriele è che se anche troviamo un meccanico e un paraolio adatto sarà quasi impossibile trovare l'attrezzo speciale che serve per smontare il pignone della coppia conica.
Mentre siamo li con la moto mezza smontata e le palle che strisciano per terra nel giardino del panzone arriva un ometto su un furgone.
Iniziamo a parlare e chiediamo quanto vuole per andare a Saratov. Poi tentiamo il colpaccio...quanto vuoi per andare a Kiev? "Niet, niet Ukraina" e fa segno con le mani che non se ne parla....
"Allora portaci alla frontiera....quanto vuoi?"....parte una infinita discussione a 5 (noi 3 + autista + panzone) su quanti chilometri sono, quanto tempo ci vuole, la benzina, i pasti ecc..ecc...che dura non meno di un'ora...del resto loro parlano sempre solo russo, noi sempre solo italiano e inglese. Ma c'è sabbia, e quindi si disegna in terra con le dita. Tutto per capirsi :-)
Ne usciamo con un prezzo che tutto sommato, visto che questo tizio si deve fare 2400km (andata e ritorno) non è nemmeno male...
Con poco più di 150€ a testa (in viaggio le disgrazie si condividono da bravi fratelli) Giacomo verrebbe sparato 1200km a ovest al confine con l'Ucraina, e io ed Andrea ad inseguire l'autista che dice che dormendo solo poche ore è in grado in poco più di un giorno di arrivare a destinazione.
Facciamo presto a dire di si. E' assolutamente la cosa migliore da fare, invece di perdere altro tempo in tentativi di risolvere un problema che evidentemente dobbiamo risolvere in una officina BMW. Che sta a Kiev, a 300 km dalla frontiera...distanza che possiamo permetterci di percorrere rabboccando olio una o due volte...
Rimontiamo al volo la moto, con nuovo vigore e finalmente sorrisi e prese per il culo al nostro amico che sta per intraprendere una nuova avventura con un camionista.
Caricarla sul piccolo furgone (stavolta almeno qualcosa che dovrebbe fare più dei 50 all'ora) è una piccola impresa e serve buona parte dei rottami lignei e ferrosi presenti nel cortile dell'hotel per costruire una rampa sufficientemente robusta. Ma come sempre ce la facciamo.
Io e Andrea risolviamo velocemente il trasferimento Ozinsky - Saratov, 260 km di sconnesso ma veloce asfalto in mezzo alla Madre Russia...campi di girasoli letteralmente a perdita d'occhio ci affiancano a volte anche per 20 km consecutivi, evitiamo per pochi minuti il solito temporale nero come la pece, e al tramonto entriamo trionfali in città superando non senza emozione il lunghissimo ponte che attraversa il fiume più lungo e grande d'Europa, il Volga.
Mai mi sarei immaginato da piccolo quando studiavo la tanto amata geografia che un giorno avrei attraversato quel fiume per me allora cosi remoto....ma oggi l'ho fatto, e mi sono goduto con gli occhi di quel bambino lo scintillare delle acque sotto di me.
Il nostro hotel affaccia proprio sul fiume, in una zona di localini e ristoranti. Siamo ormai in pieno occidente, i volti non sono più quelli orientali dei kazakhi.
Cena a base di salmone e di prese per il culo a Giacomo....noi pesce, dolci, doccia, wifi, vista sul Volga e una offensiva quantità di belle donne in giro, mentre il nostro eroe rusticano...




sabato 24 agosto 2013

PESSIMISMO E FASTIDIO

Ci presentiamo in assetto da viaggio ai cancelli di Kol Auto per ritirare la moto di Giacomo. Riparata.
Scambiamo 2 parole con il meccanico kazako che ha risolto i nostri guai, ma confesso che non ci abbiamo capito granchè. Un pò lui parla sbiascicando, un pò la traduzione è affidata a Tanja, una giovane ragazza di origini russe bionda con gli occhi azzurri calzante tacco 12 e jeans super attillati e complessivamente galattica...Il succo è che la guarnizione che pensavamo perdesse non perdeva, hanno cambiato olio della coppia conica e del cambio e saldato qualche pezzo che si stava staccando dalla moto..forse c'era anche acqua nell'olio. Mah.
Non è che io sia convintissimo, c'è qualcosa che non mi torna. Ma non sono certo nessuno per mettermi a contraddire un meccanico, quindi metto a tacere i dubbi e mi concedo un sospiro di sollievo per la possibilità di ripartire. 
Salutiamo i nostri nuovi amici Rafael e Tanja, che ci hanno aiutato parecchio in questi 2 giorni traducendo dall'inglese al russo con l'officina, foto di rito e via.
Oggi vogliamo entrare in Russia, e non dovrebbe essere grande sforzo. 400 km fino ad Uralsk, poi un centinaio su una strada secondaria fino alla frontiera. Che ci vuole?
Nei primi 50 chilometri controlliamo spesso la moto di Giacomo, e tutto procede alla perfezione. Nessuna perdita, possiamo provare ad aumentare un pò il ritmo. La strada è ottima, ben asfaltata e seeeeeeeeeeempre dritta.
Ottima si....una palla pure....
Arriviamo rapidamente ad Uralsk viaggiando sempre tra i 100 ed i 120, sosta benzina e smontaggio filtro aria supplementare alla mia moto che negli ultimi giorni stava consumando come una Lamborghini. Il sospetto che la polvere e la sabbia di Aralsk centrino qualcosa è forte...ed infatti appena eleminato il pre-filtro in condizioni immonde il motore ritrova brio e i consumi tornano normali.
Prendiamo la deviazione per Ozinski, il primo paese in terra russa dopo la frontiera. La strada peggiora drasticamente pur rimanendo asfaltata...il passaggio di chissà quanti camion l'ha trasformata in un percorso di guerra: buche, onde, voragini, avvallamenti, c'è di tutto su questo inferno di bitume
Si viaggia quasi più piano che in fuoristrada, se si forza un pò con il gas si rischia di distruggere la ruota anteriore...tocca stare buoni.
Visto che mancano pochi chilometri (48) ci fermiamo ad un distributore a spendere gli ultimi soldi kazaki. Mentre sono li che mi fumo la mia sigaretta Giacomo mi guarda e mi dice "Perde olio"
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"Mi prendi per il culo vero?"
"No"
Andrea che l'ha saputo qualche istante prima di me scuote la testa.
Io bestemmio. E mi siedo.
Giacomo in silenzio pulisce con un pezzo di carta lo stesso punto che perdeva 3 giorni fa.
Cazzo....cazzo.....
Nessuno ha voglia di dire niente. La frontiera è vicina e di qua ci dobbiamo levare. Piano piano ci facciamo i 25 chilometri fino alla dogana kazaka (che passiamo in mezz'ora).
Quella russa richiederà più di un'ora di timbri, moduli e perquisizioni bagagli. E si fanno le 22.
Percorriamo nel buio completo i 20 km che mancano al paesino di Ozinski. 
Nel frattempo le congetture su quale sia il problema della moto si sprecano, cerchiamo di stare lucidi e ragionare ma non è semplice. Una cosa è certa...entro il 31 dobbiamo essere fuori dalla Russia ad ogni costo perchè scade il visto.
Telefono a Luca, ho bisogno di confrontarmi su cosa fare alla luce dei nuovi elementi: dopo l'intervento del meccanico per 350km la moto è stata perfetta, poi 50km di quella strada scassata ha iniziato a pisciare olio. 
Stasera è troppo tardi e troppo buio per fare qualcosa. Ci piazziamo in una specie di casa albergo in questo posto dimenticato da dio, il padrone è un signore panzone senza maglietta che ride e parla a manetta.
Quindi: siamo di nuovo inguaiati, solo 500km più a ovest ed in un'altra nazione.
Vabbè...quasi cominciamo a farci l'abitudine. Domani mattina proveremo ad ideare un piano C.

venerdì 23 agosto 2013

LA VERSIONE DI DJACOMO (la D è muta)

ho visto cose che voi umani ...

Questo è quello che Simone non avrebbe potuto scrivere della traversaata della fottuta steppa kazata con Haram (o come cazzo si chiama) e il figlio diciassettenne Dani (o Toni, o Deni a secondo di come gli girava).
Caricata la moto ad Aralsk a bordo della bisarca (una berlina Lexus, un Land Rover, un suv Nissan e uno Infiniti nuovi di pacca) mi sono subito reso conto che non sarebbe stato agevole percorrere i 650 km  che mi separavano da Aqtobe. Le prime due ore le ho passate facendo i calcoli del tempo e ragionando che ora della notte o del mattino sarei arrivato mantenendo la smodata velocità di 60 kmh!
Ad un certo punto BOOOMMM! L'impianto frenante del carrello della bisarca ha fatto scoppiare lo pneumatico posteriore destro. Ci fermiamo e smadonniamo (io) smaomettano (loro) per riuscire a svitare il solito dado stronzo incriccato dalla polvere, dal tempo o dalla volontà di Allah.
Dopo un'oretta riusciamo a togliere le gomme (la sana e la scoppiata) e Simone ed Andrea mi raggiungono giusto in tempo per lasciarmi il fornelletto per poter togliere da un dado dell'impianto frenante un pezzo di gomma che si era squagliato e non riuscivamo a ripulire.
Cambiata la gomma e sostituito il cavo dell'impianto frenante (solo grazie ad un altro camionista che aveva il pezzo (altrimenti starei ancora a 100 km da Aralsk) saluto i miei amici dicendogli che ci saremmo rivisti la notte ad Aqtobe o al più tardi la mattina dopo. Ancora non sapevo cosa il fato cinico e baro aveva in serbo per me.
Fatti non più di 25 km ... BOOOOOMMMM!  scoppiata la gomma appena cambiata.
Eccheccazzo! dico io ... non sapendo che l'avrei ripetuto per un altra dozzina di volte.
Stavolta insieme alla gomma è partito definitivamente tutto il sistema frenante: tubi squagliati, ganasce bruciate, asse letteralmente macerato e triturato, puzza di bruciato ovunque, mozzo che sputava cuscinetti in continuazione.
A questo punto inizio a preoccuparmi e timidamente inizio a fermare alcuni camion o furgoni che  passano cercando di trovare un passaggio alternativo. Haram ed il figlio intervengono dicendo non so cosa nel loro idioma incomprensibile, ma ho il netto sospetto che abbiano boicottato tutti i miei tentativi di fuggire da loro.
Dopo oltre due ore di lavoro e tentativi di utilizzare il semiasse, Haram decide di farne a meno (a che serve, tanto sono due per lato apposta!): facciamo scendere tutte le macchine (e moto) e le ricarichiamo mettendo i mezzi più pesanti in avanti, mettiamo il crick sotto il semiasse e lo imbraghiamo con cinghie a cricchetto al ponte della bisarca, abbassiamo il crick e dopo qualche scricchiolio ... incredibilmente tiene!
Trovato il giusto numero di cinghie (ben 5, dopo averne strappate 3), ripartiamo e dopo mezzo chilometro letteralmente a passo d'uomo (io camminavo accanto al semiasse per vedere se teneva) decide di ripartire non più alla folle velocità di prima ma a 40 o se andava bene 50 orari.
Giunta la sera, Haram si ferma per dare un controllata al mezzo e mi accorgo che gli pneumatici dell'unico asse rimasto a destra toccano preoccupantemente con contro il passaruota. Riusciamo a divellerlo ed armeggiamo con pompe, crick, cinghie, leve ma ormai è buio pesto (sono le 23) e decide di fermarsi a dormire sulla strada.
Orbene, il tratto di strada in cui ci troviamo è su un terrapieno e, finito l'asfalto (due corsie secche), ci sono 40 cm di ghiaino e poi il fosso.  Il camion, pertanto, occupa quasi interamente la corsia di marcia e gli altri mezzi che sopraggiungono nei due sensi corrono come folli passando vicinissimo a noi senza mai rallentare.
Constatato che è impossibile per me fermare qualasisi mezzo senza farmi arrotare, faccio buon viso a cattivo gioco e mi preparo ad una notte lunghissima dentro quella cabina del cazzo.  Ma non ce la faccio: gli odori nauseabondi sia deikazachi (ma credo a questo punto di aver iniziato anch'io a puzzare come una capra) sia quelli immanenti nella cabina, la scomodità, il caldo rendono la permanenza impossibile: mi vesto da moto (giacca, pantaloni e stivali) e mi sdraio sotto le stelle tra una Nissan e un'Infinity.
La notte non è tranquillissima tra un tir che ci supera a 120 kmh e a 40 cm di distanza e i rumori della steppa kazaka: bestie che non posso vedere ma sento aggirarsi intorno a me, dagli insetti ai roditori (una sorta di marmottona sono riuscito a vederla) ad altri che faccio finta di non sentire. Non dormo neanche un minuto ma in compenso mi godo un'alba splendida!
Alle 5 ci rimettiamo al lavoro prendendo a martellate il passaruota, spostando il carico un'altra volta per cercare la distribuzione dei pesi ottimali e verso le 12 ripartiamo alla volta di Aqtobe.  Da qui in poi, sarà un incubo: caldo asfissiante (ovviamente il finestrino del mio lato non si apre), andatura bradipesca (30-40 orari), sosta per controllare la situazione, sostituire una cinghia nel frattempo strappata  e così via fino alle 3.30 di notte quando Hamar, esausto, a soli 100 km dalla meta getta la spugna e si ferma a dormire per un paio d'ore in un piazzale per camionisti, polveroso e con un vento micidiale che alza un muro di terra ed un freddo bestiale. Scoprirò dopo che è lo strascico della bufera che Simone ed Andrea hanno lisciato per un pelo.
Alle 5, dopo due ore di sonno dei kazachi (io non ho neanche provato a dormire), ripartiamo e giunti praticamente ad Aqtobe, a 20 km dalla meta, il kazaco dopo un chiaccherata via radio con altri camionisti (credo di aver capito che ci sia un posto di blocco della temibile polizia) decide di fermarsi e rivoluzionare, contro ogni legge della fisica e per ragioni che non riesco a comprendere, la sistemazione del carico, gravando ancora di più sull'unico semiasse rimasto e tentando pure di partire (ovviamente dopo 2 ore di lavoro) facendo un macello e grattando per 200 metri su ghiaia e asfalto.
A questo punto finalmente riesco a mettermi in contatto con Simone che rimedia un carrattrezzi che mi viene a prendere ponendo fine alle mie pene.
Saluto i kazachi, gli tolgo 40$ dal compenso pattuito e porto finalmente la moto in officina.

Considerazioni sparse sulla traversata del kazakstan.

Salvo alcuni wafer (senza bere da ore è impossibile mangiarne più di due) non ho mangiato niente dalla cena ad Aralsk tre sere prima ... mi rifarò tra un paio d'ore a cena.
Ho bevuto a canna da bottiglie che in condizioni normali non avrei nemmeno toccato con i guanti.

Non credo di essere mai stato tanto sporco e puzzolente in vita mia. Sul camion non c'era una sola cosa pulita, armeggiavamo  in continuazione cinghie luride, crick, piedi di porco e attrezzi unti e bisunti. Alla fine ero uno di loro, giravo scalzo o con le infradito, come loro grugnivo frasi senza senso, li riconoscevo (e mi riconoscevano) dall'odore.

Il camion andava talmente lento che quando buttavo una cicca dallo spiraglio del finestrino, questa andava in avanti e superava il muso del camion.

Sti due kazachi all'inizio si sforzavano di farmi capire quello che mi dicevano con gesti e frasi semplici, ma alla fine si sono rotti ed hanno preso a chiaccherare con me in russo come se fossi  madrelingua. Dopo un mio iniziale tentivo di cercare di comprendere e farmi comprendere, ed un successivo "da, da, da" stile Hollywood Party, mi sono stufato e gli ho attaccato una supercazzola in italiano di un quarto d'ora.

pensiero principale: come tener viva la batteria del cellulare e rimanere in contatto con gli altri due? ogni tanto, appena possibile andavo sulla moto accendevo il quadro e connettevo l'usb del cellulare incastrandolo nel manubrio. per non rischiare di perderlo, mi sono fatto una 20ina di minuti tra le macchine.

Djacomo Radini Tedeski



TANTO BASTA

Siamo andati a recuperare Giacomo con un carro attrezzi 30 km fuori Aktobe. Il camion sul quale viaggiava era ancora rotto, per la 100esima volta...facciamo velocemente il travaso da un mezzo all'altro e portiamo la moto in una officina Nissan che io e Andrea abbiamo trovato grazie all'aiuto di Yelena.
Botta di culo alla Nissan lavorano due ragazzi giovani che parlano un buon inglese, cosa che ha reso le cose infinitamente più semplici.
Ma perchè in tutto il mondo non si parla inglese e basta? Ah si, quella roba di Babele...
Comunque...tanto basta per ora...abbiamo Giacomo di nuovo con noi che ci deve ancora raccontare tutte le sue vicissitudini (e dalla faccia pare che abbia parecchio da dire), abbiamo una officina attrezzata ed un grosso market di ricambi accanto.
Visto l'andazzo delle cose vittoria la cantiamo nel cortile di casa, ma intanto...tanto basta...

giovedì 22 agosto 2013

FOTO BOOK 8

ANSIA

Sotto l'effetto dell'intruglio per cavalli che mi ha somministrato Andrea spengo il computer alle 3 di notte, mentre fuori dall'hotel si è scatenata la tempesta alla quale siamo fortunatamente ed ostinatamente scampati ieri.
Giacomo è chissà dove in mezzo alla steppa kazaka.
Ci svegliamo questa mattina decisi a trovare informazioni utili a risolvere il problema alla moto. A testa china su internet ,al telefono con Memo (il signore italiano della guesthouse di Bishkek), con Yelena (la sorella che parla inglese di uno dei bikers di ieri sera), con Luca che mi spiega a modo cosa devo controllare e guardare, in chat con Gabri il capo officina della Bmw di Reggio. Tutto fa brodo per risolvere i nostri problemi.
Verso le 11 cominciamo a preoccuparci del silenzio di Giacomo. Non lo sentiamo da ieri pomeriggio quando lo abbiamo incrociato lungo la strada, il cellulare squilla a vuoto, non risponde agli sms...con il passare dei minuti prendono il sopravvento i cattivi pensieri e ci agitiamo ancora di più.
Alle 12.10 ci guardiamo negli occhi e decidiamo di prendere le moto e rifare un pezzo di strada al contrario per provare ad incrociarlo. Questo con tutte le incognite del caso...quanto torniamo indietro? Prendiamo tutti i nostri bagagli nell'evenienza di una ennesima sfiga? 
Per fortuna appena prima di cominciare a vestirci arriva la tanto attesa chiamata di Giacomo! Sta bene, anche se rispetto al punto in cui lo abbiamo visto ieri ha fatto si e no 30 chilometri (quindi 150 su 600). E' stanco e scoglionato...e come dargli torto??
Ci tranquillizziamo, non pensiamo più alle sue ossa a sbiancare al sole appese ad un palo nella prateria. 
Non ci resta che aspettare e pregare che il camion non si rompa altre 100 volte...vogliamo ricompattare il gruppo e mettere le mani su questa benedetta moto!
Usciamo per mangiare qualcosa e mentre rientriamo ci arriva l'aggiornamento da parte di Giacomo....che si commenta da solo direi


mercoledì 21 agosto 2013

SABBIE MOBILI AD ARALSK

Tanto, tantissimo da raccontare di questa giornata che ricorderemo (ahimè) per tanto tempo.
Si comincia in un clima da tregenda...Aralsk stamattina è spazzata da un vento teso e incessante che dà vita ad una tempesta di  sabbia. Lo scenario è surreale ed estremamente cinematografico...un mix  di Mad Max e Ken Shiro.
Per capire come una città florida e dedita alla pesca possa ridursi cosi vi consiglio di leggere la pagina di Wikipedia....è estremamente interessante (e raggelante) capire cosa ha fatto l'uomo nella sua follia http://it.wikipedia.org/wiki/Lago_d'Aral
Anche oggi, sempre complice l'assenza di colazione, riusciamo a partire alle 8. Giornata semplice (seeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee...infatti...), 600km di ottimo asfalto fino ad Aktobe senza nessuna difficoltà.
Se  non che mentre io mi rimetto il casco dopo aver fatto benzina, mentre Andrea rifornisce e Giacomo aspetta il suo turno, un paio di camionisti che stanno curiosando intorno alla sua moto gli fanno segno che c'è qualcosa che non va.
E' la vite che regge inferiormente l'ammortizzatore, che effettivamente è quasi del tutto sfilata. Poco male dai, super culo che questi camionisti se ne sono accorti prima che si spezzasse o uscisse dalla propria sede. In quattro e quattr'otto smontiamo la marmitta e sistemiamo la vite, mentre fatichiamo un pò a rimontare il tutto. Ma ce la facciamo brillantemente.
Solo che adesso che ci facciamo caso il livello dell'olio motore di Giacomo è piuttosto basso. Ok, di nuovo no problem...abbiamo chili di attrezzi e ricambi tra cui un paio di litri di olio. Rabbocchino e appuntamento tra 20km per controllare di nuovo a motore ben caldo.
Allegri e baldanzosi ci ributtiamo sulla M32 e come promesso ci fermiamo in un'altra area di sosta (questa in disuso). Mentre aspettiamo che l'olio scenda nella parte inferiore per controllarne il livello butto l'occhio sulla ruota posteriore (sempre della moto di Giacomo ovviamente) e mi accorgo di una grossa chiazza di unto sul cerchio e sul lato dello pneumatico....CAZZO!!
Ci rendiamo conto immediatamente che la perdita proviene dal cardano, la trasmissione finale della moto, un punto delicatissimo. Decidiamo di tornare in città per cercare un meccanico, questo è un problema che va risolto subito...se esce olio da li c'è il rischio di tritare tutti gli ingranaggi attaccati alla ruota, e di bloccarne il rotolamento con conseguente certezza di caduta. Da evitare.
Procedendo molto lentamente gironzoliamo per Aralsk tallonando una macchina di poliziotti che ci vuole aiutare, ma il meccanico non si trova! Bussano a qualche porta, fanno qualche telefonata ma niente...
Nel frattempo la discussione tra di noi su cosa fare va avanti, e arriviamo alla conclusione che non si può rischiare di farla marciare cosi. Dobbiamo trovare un camion che va ad Aktobe e che la carichi.
Chiediamo un pò in giro e dei local ci consigliano di recarci al caffè appena fuori città lungo la M32 dove passano i camion. Cosi facciamo ma senza fortuna...in mezz'ora in questo piazzale sferzato da un vento fortissimo che solleva nubi di sabbia riusciamo solo a capire che in direzione Aktobe vanno camion russi pieni di merci (e quindi inutili per noi), mentre quelli vuoti vanno nella direzione opposta.
Nuova strategia dunque...io e Andrea in giro per Aralsk a cercare un furgone di local che in cambio di denaro ci aiuti, e Giacomo alla prima area di servizio (quella dove i camionisti gli hanno fatto notare la vite sfilata) sperando di acchiappare qualche mezzo tra quelli che fanno su e giù per la strada in costruzione.
(Piccola nota a margine: l'appalto per la realizzare di questa infinita strada è tutto a favore di aziende italiane..cosa che tra qualche riga vi rivelerò perchè sarà una delle nostre fortune)
Davanti ad un market becco 4 tizi ai quali cerco di spiegare cosa ci serve. Uno di questi, più sveglio di altri salta sulla mia moto e mi fa segno di andare al caffè fuori città...provo a spiegargli che ci siamo già stati, che niente da fare...ma tanto qui nessuno capisce un cazzo per cui per la fatica di insistere ancora lo porto là...e mentre sto per svoltare nel piazzale una bisarca (quei camion che trasportano macchine) si materializza davanti a noi! Manna dal cielo!!
Con l'intermediazione dell'esagitato local che ho caricato convinciamo il camionista a caricare moto+Giacomo per la conveniente cifra di 100$.
E' fatta dai...troveremo certamente un modo per riparare la moto e ripartire domani.
Io e Andrea torniamo rapidamente al market per rifornirci d'acqua e mangiare uno snack (sono le 12.40, è la nostra colazione/pranzo). All'uscita troviamo il solito assembramento di bambini e adolescenti che ci regalano una piccola bandiera del Kazachstan...che carini!
Mi volto un istante per infilare le cuffie dell'mp3 ed il casco, parte la musica mi volto e vedo Andrea agitarsi ed imprecare trafficando vicino alla manopola del gas. Ma cosa succede??
Mi sfilo tutto e mi dice che ha fatto come al solito premere il pulsante di avviamento ad un ragazzino, e quello che gli ha regalato la bandiera in un eccesso di foga ha ruotato il comando del gas nel senso opposto con forza rompendolo.
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Andrea a giusta ragione impreca e sfoga la sua rabbia, io sono ammutolito.
Abbiamo appena messo Giacomo su un camion che è ripartito, ed ha tutti gli attrezzi con sè. Noi dopo 4 ore di caldo, sabbia e bestemmie per sistemare un problema ci ritroviamo impantanati in questa maledetta cittadina che pare non volerci mollare. Come le sabbie mobili, più ci agitiamo più andiamo a fondo.
MERDA! 
Fortuna vuole che si fermi un ragazzo uzbeko che lavora per una di quelle società italiane: parla un poco di inglese e fa parlare Andrea con un suo collega meccanico italiano. Questo tizio promette di mandarci al più presto un meccanico russo sempre dipendente dell'impresa stradale, ma ci vorrà un'ora. 
Trascorriamo lunghi minuti in silenzio seduti davanti al market. Il sole picchia, il vento soffia sabbia negli occhi..cerchiamo di ritrovare un minimo di calma per gestire la situazione con intelligenza valutando le possibilità. Una è aspettare il meccanico e sperare che possa aiutarci, l'altra è cercare di convincere l'autista del camion di Giacomo che si trova 10 km più avanti fermo a pranzo.
Se decidiamo per il camion abbiamo 2 moto in panne e io sono da solo, se decidiamo di confidare nel meccanico perdiamo il passaggio del camion. Abbiamo il 50% di fare la  scelta giusta...o sbagliata. 
La fiducia ce la dà Luca, che becco al telefono mentre è ancora a Dakar...la sua serenità nella possibilità di sistemare il comando del gas ci convince nell'essere positivi e confidare nel meccanico. 
Che si manifesta effettivamente da li a poco insieme al nostro amico uzbeko "english speaking": il russo pare uscito da un film di Guy Ritchie! E' cazzuto, alto 3 metri, con mani come vanghe e braccia come tronchi, ti dà l'idea che possa sistemare la moto solamente intimorendola :-) 
Ci mettiamo 3 secondi a spiegargli dov'è il problema, e lui in mezz'ora scarsa smonta tutto lo smontabile, anche vitine piccole cosi con quelle mani da orso bruno.
Il problema è nel filo del gas che si è sfilato dalla sua sede, effettivamente una stupidata ora che è tutto aperto e visibile. Ci sono parti in plastica un pò tritate dal movimento innaturale causato dal ragazzino, ma tutto dovrebbe reggere fino al ritorno in Italia (sgrat!).
In cambio del prezioso aiuto il gigante russo e l'amico uzbeko pretendono un paio di foto, niente più. Che dire...ennesima dimostrazione che avere fiducia nel genere umano per ottenere aiuto non sia poi cosi sbagliato.
Alle ore 15 infine io e Andrea siamo pronti per partire in direzione Aktobe....esattamente 7 ore dopo il primo momento in cui eravamo pronti.
Sappiamo che  dovremo tirare per ore e ore di guida ed arrivare probabilmente con il buio, cosa che su queste strade non è proprio il massimo. Ma è da fare, per cui gas.
Ecco...fin qui uno potrebbe dire "per oggi ne avete avute abbastanza". E invece NO.
No perchè se non bastasse il caldo (37°) e i 600km da fare, dobbiamo fare i conti con un forte vento laterale che proviene da est che ci sbattacchia di qua e di là. E che solleva sabbia che ci frusta.
No perchè se non bastasse quanto sopra dopo 120km di strada vediamo la bisarca di Giacomo accostata a bordo strada. Impianto dei freni parzialmente rotto, che ha bloccato e fatto esplodere una ruota. Ci fermiamo per parlare con Giacomo che ormai ha fatto amicizia con il camionista ed il figlio, ed è già in pantaloni corti e ciabatte. Mi dice che alla smodata velocità di crociera di 60kmh e con il problema ai freni quasi sicuramente non arriverà ad Aktobe prima di domani. Purtroppo siamo costretti a lasciarlo al suo cammino, momentaneamente diviso dal nostro, e la cosa ci rende tristi. Cioè lui sta bene, è tranquillo e perfettamente a suo agio in quella situazione (chi meglio di lui tra tutti noi?)...ma non essere tutti e tre insieme crea sempre un pò di ansia e di malinconia. Il nostro Lex Ludro, il nostro Gigante Grissino!
Prima di ri-zompare in sella Andrea mi passa un flaconcino di una roba amara come il veleno che dovrebbe essere uno di quei concentrati energizzanti per sportivi. Lo prendo perchè non ho mangiato quasi nulla e avrò bisogno di carica.
Se ancora non bastasse, dopo la prima sosta benzina cominciamo a costeggiare il fronte di un mega temporale che ci scaglia contro per oltre 120km un fortissimo vento laterale da ovest che ci fa procedere sbandati di diversi gradi. Ci spinge e ci molla di colpo, prova a staccarci i caschi dalla testa e la testa dalle spalle, I muscoli del collo sono contratti al massimo per contrastare la forza del vento, le mani avvinghiate ai manubri. 
Vediamo il nero del cielo venirci incontro, ma noi veleggiamo intorno ai 90/100 kmh costanti nonostante le difficoltà per cercare di rimanere sempre un passo avanti alla tempesta e non venirne colpiti. Ogni tanto qualche svolta ci dà qualche istante di respiro mettendoci il vento alle spalle, ma dura sempre poco perchè per 450 dei 600km andiamo a nord/nord ovest.
Alla nostra destra cielo livido e arcobaleni a spezzarne il grigio acciaio. Alla nostra sinistra sole e cielo sereno, come se niente fosse.
Sfiorati lievemente dalla pioggia, solo alcune gocce, riusciamo a vincere la nostra battaglia e distanziare il temporale...ma non il vento, non completamente.
Mancano 170km ad Aktobe, il sole sta calando e ormai rimangono poche decine di minuti di luce. Alziamo il ritmo, un pò come il cane che fiuta la propria preda e un pò per evitare di guidare troppo con il buio.
Alla seconda sosta benzina mi rendo proprio conto che a causa del vento (alla fine stimiamo circa 400km su 600 fatti lottandoci contro) la mia moto ha consumato una pazzia in più rispetto al normale: poco meno di 50 litri per fare 600km...in condizioni normali ne avrei fatti 1000.
Sulla strada due corsie che precede l'ingresso ad Aktobe prima Andrea evita di finire in mezzo allo spartitraffico non segnalato, poi entrambi evitiamo due camionisti che hanno deciso di fare sosta in carreggiata senza darne particolare evidenza, ed infine assistiamo un pò sbigottiti al luccicare di una pseudo torre Eiffel in centro città ma che si vede da chilometri di distanza.
Aktobe è sberluccicosa, illuminatissima, kitsch, chiassosa e piena di gente. Proprio come Aralsk :-)
Mentre ci dirigiamo all'hotel che abbiamo scelto seguendo il GPS veniamo affiancati da un gruppetto di bikers local in sella ad un guazzabuglio di moto tipo Fast & Furios e con un abbigliamento quantomeno demodèe e mal assortito.
Ma sono simpatici, e in sella ad una moto si parla la stessa lingua. Per questo chiediamo immediatamente aiuto per trovare un meccanico che sistemi la moto di Giacomo domani ed otteniamo il numero della sorella di uno di loro che parla un buon inglese e farà in modo di indirizzarci.
All'hotel "Aktobe" di Aktobe (che fantasia eh?) sono le 2.00....sono sveglio da 19 ore e ho fatto tutto quello che avete letto sopra e ancora potrei fare 3 giri dell'isolato in equilibrio sulle mani fischiando la marsigliese. Ma che ca#*o c'era nell'intruglio che mi ha dato Andrea oggi pomeriggio??


NAVI ALL'ORIZZONTE

Finalmente!! Dopo quasi 20 giorni riusciamo a  partire ad un orario decente!
Il caldo mortale di ieri ci ha dato la sferzata che ci serviva per saltare sulle moto poco prima delle 8. Va detto che ha contribuito alla nostra celerità anche il fatto che quella specie di dependance di hotel dove abbiamo dormito non serviva la colazione...che facciamo al distributore di benzina con uno snack e un intruglio al caffè in lattina.
Seguendo il suggerimento datoci da Bartek e Marta (i ragazzi polacchi incontrati giorni fa a Naryn) appena fuori Kyzylorda prendiamo la strada secondaria che passa leggermente a nord di quella principale. Quest'ultima infatti pare essere in questa parte iniziale massacrata da decine di deviazioni per lavori in corso.
Quella che prendiamo invece si rivela quasi piacevole...si perde in mezzo alle campagne e tutto sommato c'è anche un accettabile verde ad accompagnarci. Sembra quasi il delta del Po, ma con meno acqua :-)
Man mano che procediamo però il paesaggio tende ad inaridirsi sempre più, il verde sfuma nel giallo. I canali di irrigazione sempre più rari o sempre più asciutti.
Per la serie "il meccanico da strapazzo" dedichiamo un'oretta a riparare il collettore di scarico della moto di Giacomo squarciato da un oggetto metallico (un pezzo di una balestra di un camion lungo 50 cm e pesante un paio di kg) nascosto nella polvere in mezzo alla strada. Nella sfortuna siamo fortunati che non ha squarciato la gomma anteriore, cosa che ci avrebbe causato un mare di guai. Invece con un pezzo di allluminio che abbiamo tra i ricambi (grazie Luca!!) e fil di ferro mettiamo una pezza che devo dire tiene egregiamente.
Ci ricongiungiamo alla M32, l'arteria che abbiamo percorso ieri e che percorreremo per giorni ancora fino all'uscita dal Kazakhstan. I lavori in corso sono sempre presenti, ma non numerosissimi.
Il problema è che con l'inaridirsi della steppa in queste deviazioni compaiono sempre più spesso tratti di sabbia fine come talco che si impossessano dell'equilibrio delle moto e attentano alla nostra incolumità.
A volte rallentiamo e mettiamo giù le zampe per aiutarci a non cadere, quasi sempre affrontiamo i tratti più brevi stringendo il culo e dando una manata di gas per uscirne rapidamente.
Il tutto in mezzo a nuvole di polvere bianca e accecante...e soffocante...tocca stare distanti il più possibile dai mezzi che ci precedono, macchine e camion che sollevano polvere e sabbia. Solo che loro procedono a 3kmh, mentre noi abbiamo bisogno di andare ad una velocità superiore per mantenere l'equilibrio.
La tappa si rivela comunque molto più agevole e piacevole di quella pesantissima di ieri: il traffico è molto calato, la temperatura sopportabile grazie alla partenza intelligente (e anche nelle ore pomeridiane mai superiore ai 36-37 gradi).
Le prime navi che avvistiamo sono quelle del deserto...i cammelli !! Quelli con due gobbe coperte di pelo, quelli che ci sono in Asia...non i dromedari! Brucano paciosi i cespugli grassi e spinosi che crescono lungo la strada, alzano la testa incuriositi dal rumore dalle moto e tornano a brucare :-)
La nostra destinazione, la cittadina di Aralsk sul lago d'Aral (o meglio....ormai a 30km da ciò che  rimane del lago d'Aral) si rivela ben peggio di quello che mi ero immaginato.
La zona del porto dal quale salpavano i pescherecci è ingombra di sabbia e rifiuti, scheletri di gru arrugginite e barche trascinate in secca nel micro museo locale. Fabbriche per la lavorazione del pesce a marcire di noia.
Una decadente città a metà tra Far West e residui ex sovietici. Triste, sfatta, gente dagli occhi tristi e scostante. Un pò come l'hotel (l'unico in zona): brutto, sporco, puzzolente, con rubinetti che lasciano colare un goccio d'acqua ma se  tiri lo sciacquone no. E la più antipatica persone incontrata durante il viaggio, una signora acida alla reception. Irripetibili le parole  che le rivolgiamo in italiano...
L'hotel di Shining. Ma che farebbe paura persino a Jack Nicholson. 

lunedì 19 agosto 2013

FOTO BOOK 7

SE IL BUON GIORNO SI VEDE DAL MATTINO...

...ci aspettano giorni duri...
Il primo impatto con il Kazakhistan non è stato facile, e certo molto meno memorabile di quello che abbiamo vissuto nelle scorse settimane.
A partire dall'ora persa questa mattina al posto di polizia vicino al nostro hotel per applicare l'ennesimo inutile timbro sul passaporto. Si perchè qui oltre a dover fare un costoso visto prima di partire, oltre a tutti i controlli in frontiera, oltre a farsi fotografare schedare analizzare fino alle mutande bisogna anche registrarsi entro 5 giorni dall'ingresso pena multe salatissime.
Nell'ufficio dell'immigrazione siamo praticamente soli ma questi impiegati post-sovietici che si muovono al rallentatore riescono comunque a farci perdere una marea di tempo.
E noi oggi abbiamo fretta, perchè il programma è di arrivare a Kyzylorda, oltre 650 chilometri più a ovest.
Ottenuto l'inutile timbro ci immergiamo nel solito traffico di queste città di medie dimensioni (circa 400.000 abitanti) ma sparse su superfici immense, cosa che comporta sempre almeno un'ora per lasciarsele alle spalle.
Per poco riusciamo a guidare con una temperatura accettabile, e d'improvviso passiamo da 24 a 30 gradi e in altrettanto poco il termometro delle moto schizza attorno ai 38-39.
La strada è folle...facciamo su e giù da tratti di autostrada nuovissimi in cemento perfettamente liscio, interrotti sempre più spesso da deviazioni su sterrati polverosissimi pieni di camion e macchine che procedono a 10 kmh.
Per una piccola distrazione percorriamo 200 metri di una rampa chiusa al traffico, ed in agguato sotto al ponte ci sono 2 macchine della polizia che ci fermano insieme ad altri local. Alcuni di questi, fermati per il nostro stesso motivo, litigano con i poliziotti e se ne vanno. Noi rimaniamo li e consegnamo i documenti, ci chiedono l'assicurazione che non abbiamo (non è obbligatoria...o almeno crediamo che sia cosi).
Quando tutti gli automobilisti se ne sono andati rimaniamo soli con quello che pare essere il capo, ed immediatamente facciamo i conti con le famose "bustarelle" della polizia kazaka...dopo una mezz'ora di tira e molla il poliziotto si intasca 25$ che finiscono dritti nelle sue tasche. Mi saluta "Simon, Simon"....bastardo, adesso che hai preso la mazzetta sei diventato nostro amico eh??
I chilometri sembrano non passare mai, il caldo è soffocante, il traffico intorno a Shymkent demenziale. Oltretutto si passa spesso in piccoli villaggi dove la polizia è sempre appostata con un autovelox. E noi non abbiamo voglia di altre donazioni seppur economiche.
Sfatti dal calore facciamo una sosta in un market per 3 bottiglie d'acqua e 2 gelati. Mancano 340km e sono le 15....39,5° segna la mia moto. Non ce la posso fare.
Finchè si trattava di fare dure piste di montagna con queste temperature, in mezzo a posti bellissimi potevo sopportare qualsiasi cosa. Ma qui la testa e la volontà paiono mollarmi per qualche istante.
Ma bisogna andare...mi sparo l'mp3 nelle orecchie per distrarmi un pò, e funziona.
Steppa, steppa, autostrada (finalmente senza più interruzioni), steppa a destra, steppa a sinistra. Una palla atomica....cambio continuamente posizione in sella, mi alzo in piedi, mi allungo all'indietro, un braccio dietro la schiena...qualsiasi cosa per trovare un pò di sollievo e passare il tempo che non scorre mai.
Compaiono alcune piccole  dune di sabbia dorata, un gruppetto di cammelli magri e rinsecchiti. E dopo infinite ore di guida la brutta periferia di Kyzylorda. Seguendo la moto di una coppia di ragazzi polacchi incontrati qualche decina di chilometri fa arriviamo in un hotel carino ma pieno (dicono di avere solo le camere luxury a disposizione anche se tutto pare spento e non ci sono clienti in giro...). Non abbocchiamo e ci sistemiamo nella "dependance" accanto, un posto tristarello ma con dei letti....che ora sono l'unica cosa che vogliamo.
Mi auguro che non ci aspettino 8-9 giorni cosi per tornare a casa perchè non ne ho proprio voglia. 

domenica 18 agosto 2013

KAZAKHSTAN

Stanotte Giacomo ha rischiato seriamente la fucilazione sulla pubblica piazza come nemico del sonno. Io e Andrea ancora lo malediciamo per avere russato tutta notte come un grizzly...
Mi sveglio un'oretta dopo lui ed Andrea, e li trovo seduti attorno al tavolo della colazione insieme a Memo
ancora a parlare di moto e viaggi.
Tra una chiacchiera e l'altra lasciamo Bishkek verso le 11.30, diretti verso il confine con il Kazachstan
distante circa 400km. L'intenzione è di dormire nei pressi e passarlo domani mattina presto.
Ci vuole un'ora per lasciare il traffico caotico della città e dei suoi dintorni ed  il caldo al quale ormai non
siamo più abituati dopo 10 giorni tra Pamir e montagne del Kirghizstan.
Fortunatamente a portarci un pò di sollievo contribuiscono un paio di passi di montagna sui quali ci  arrampichiamo, entrambi superiori ai 3000 metri. Quello che  per noi è una meta mitica, il passo più alto
d'Europa (lo Stelvio) qua farebbe sorridere talmente tanti sono i valichi più elevati...
Guidiamo tra decine e decine di yurte che sorgono accanto alla strada per vendere latte di cavalla fermentato e altri prodotti artigianali, mantenendo una media piuttosto elevata e senza fermarci spesso. Contrariamente ai 15 giorni scorsi le occasioni di fare foto si sono ridotte drasticamente...
Pranzo con uno snack al cioccolato ad una pompa di benzina e di nuovo via. Ci allontaniamo sempre più dal
traffico e cominciamo a perderci nelle campagne del nord ovest del paese, con innumerevoli villaggi che scorrono accanto a noi...la povertà che vediamo non può che portarci indietro agli anni '50 del nostro dopoguerra.
Carri pieni di fieno trainati da cavalli e asini, bambini sporchi che giocano, vecchi che impassibili assistono
al nostro rumoroso passare.
Alle 17.15, quaranta km prima del confine decidiamo di affrettarci e di provare a passare già questa
sera...orientarsi in questo dedalo di strade non è semplice però, ed infatti sbagliamo una svolta e ci ritroviamo fuori rotta. Ci pensa un signore su una macchina di passaggio e rimetterci sulla retta via, facendoci ampi gesti di seguirlo. La targa è kazaka, anche loro devono attraversare.
Per almeno 20 km lo seguiamo da vicino, respirando fumi schifosi ogni volta che pigia il piede sul gas sulla sua macchina vintage, Su e giù per una breve serie di curve che costeggiano un (sempre più vuoto) lago artificiale creato da una diga sulla cui sommità troneggia gigantesca la testa di Lenin :-).
Sono ormai passate le 18 quando ci si para di fronte il confine. Le formalità in uscita sono rapidissime, meno
quelle in entrata che comportano una lunga fila per il controllo passaporto e qualche brivido quando gli
ispettori della dogana ci chiedono documenti che non abbiamo.
Ma come al solito tra un Adriano Celentano, un Toto Cutugno, il pupone Totti e Alessandro Del Piero si
stabilisce un clima cordiale e divertito e veniamo invitati a proseguire. Per fortuna...
Stanotte di dorme a Taraz, città di 400.000 abitanti appena al di là della frontiera. Ed in poche ore già ci
siamo resi conto che il costo della vita è MOLTO più elevato. Mi sa che sono finiti i giorni di dormire con 10
dollari e mangiare con 5...
Da domani si comincia a fare sul serio con i chilometri...(anche se oggi non abbiamo scherzato, considerando la partenza quasi a mezzogiorno e le 2 ore perse in frontiera...)
Modalità "culo di pietra" attivata

sabato 17 agosto 2013

VIAGGIO - CAPITOLO 3

Scrivo dal telefonino e non dal pc, e sarò molto sintetico perché è l'una di notte. Gli ultimi 2 giorni ci hanno visto lasciare il magico song kol e circumnavigare l'immenso Yssyk Kol, toccare il punto più a est del nostro viaggio (la città di Karakol), fare centinaia di chilometri (circa 700) senza particolari emozioni.
Siamo entrati nel terzo ed ultimo capitolo, quello del rientro verso casa. Il capitolo più lungo visto che richiederà circa 12 giorni secondo i nostri calcoli.
Abbiamo chiuso i conti con montagne e sterrati, altopiani e laghi alpini incorniciati dai ghiacciai.
Oggi ci siamo sciroppati quasi 400km in mezzo al traffico di vacanzieri russi kazaki e kirgisi sull'yssyk kul, una specie di trauma dopo 15 giorni e 3000km di semi isolamento dalla bolgia della civiltà. Ma abbiamo anche conosciuto Memo, un simpaticissimo signore italiano che vive a Bishkek e gestisce la guesthouse presso la quale dormiamo, organizza trasporti da e per l'Italia e noleggia moto.
Visto che conoscenze e contatti sono fondamentali per viaggiare, soprattutto in moto, certamente nelle ore di chiacchiere abbiamo preso appunti preziosi per il futuro.

Ps: una cosa deliziosa é successa in questi 2 giorni....scendendo dal Song Kul abbiamo regalato una manciata di pennarelli e un block notes ad un bambino che si era avvicinato alle ns moto. La sua gioia é stata così grande che mentre correva verso casa apriva le braccia come per volare, e ogni 20 metri si voltava per salutarci con la manina. Ho la pelle d'oca mentre lo scrivo, anche se sono passate quasi 48 ore

Niente foto, poco testo. Scusatemi ma sono sfasciato ho bisogno di dormire.

venerdì 16 agosto 2013

FOTO BOOK6

QUESTO E' L'OMBELICO DEL VIAGGIOOOOOO

Al risveglio il cielo è blu  come non lo  vedevamo da giorni, e il sole del mattino scalda da matti anche se l'aria è frizzantina.
In pochi secondi decidiamo che con queste condizioni meteo dobbiamo assolutamente dirigerci verso uno dei punti fondamentali del nostro viaggio: il lago Song Kol.
Da mesi fantastichiamo una notte in una yurta sulle sponde di questa meraviglia che si trova incastonata tra le montagne al centro del Kirghizistan a oltre 3000 metri. Abbiamo visto tutte le foto possibili su internet, letto i racconti, ascoltato le parole di amici che già ci sono stati e di viaggiatori incontrati lungo il nostro cammino. E tutti ci hanno raccontato meraviglie.
Preparati i bagagli e saldato il conto al padrone della guesthouse, Mr. Chow (per chi ha visto "Una notte da leoni"...) puntiamo a nord per qualche chilometro fino alla svolta per la pista lunga 50km che porta al lago.
Il sentiero è facile e piacevole, guidiamo sereni e disinvolti fermandoci solo per qualche fotografia o per una sigaretta.
Mi gusto da impazzire 3-4 chilometri in fondo ad una valle dal fondo perfettamente liscio...in piedi sulle pedane, la mano destra a pelare il gas con il motore che borbotta a 2000 giri, il braccio sinistro a penzoloni lungo il fianco, l'aria fredda che mi punge le guance...in totale relax e sintonia con la moto sto cosi in estasi per qualche minuto, uno di quei momenti apparentemente insignificanti ma che inspiegabilmente rimangono scolpiti nella memoria. 
Su per ripidi e sconnessi tornanti tocchiamo quota 3100 metri, e da li alla prima vista del lago passano pochi istanti...la soddisfazione è enorme, ed anche il mio personale sollievo: dopo i giorni di tempo brutto ed incerto dei giorni passati mi si era insinuato il pensiero negativo che non saremmo riusciti a realizzare il nostro sogno.
Incontriamo un signore francese che sta facendo uno pseudo giro del mondo (poco pseudo, molto giro...) in sella ad una moto identica alla mia carica come uno di quei camion marocchini visti l'anno scorso a Genova all'imbarco per Tangeri: ha bagagli che basterebbero per 3 persone, ma lui sostiene che è il necessaire per stare in giro qualche mese. Mah! Si chiacchiera qualche minuto, sempre pochi per la mia voglia di sapere, conoscere, curiosare, farmi raccontare aneddoti, e poi ci si saluta come con tutti gli altri viaggiatori incontrati nei giorni scorsi...vite che si incrociano per pochi istanti e che proseguono lungo le loro traiettorie.
Prendiamo atto che la strada ghiaiata sulla quale stiamo procedendo con ci porta lungo il lago ma scende verso Kochkor (dove dovremo passare domani), svoltiamo a sinistra lungo un sentiero di terra battuta che si dirige verso il lago.
Fortunatamente la pista è asciutta e dura, il sole forte ha fatto in tempo (salvo qualche occasionale pozza fangosa) a renderla praticabile anche per le moto. Il passaggio di numerosi veicoli ha creato 8/10 tracce nei prati erbosi, tracce che procedono parallele, talvolta di allontanano per riconvergere. Dalle foto che abbiamo visto nelle nostre fantasie di viaggi tutti e 3 concordiamo: sembra di essere in Mongolia!
Non manca un irrinunciabile (piccolo) guado per aggiungere crosta di fango alle tute, e d'improvviso scorgiamo una distesa di yurte bianche lungo le sponde del lago. Il turchese delle acque, il bianco delle tende, mandrie di cavalli che corrono liberi nell'immensa piana erbosa ai piedi delle montagne...tutto è cosi perfetto ed armonioso da procurarmi una fitta di felicità. E' quasi troppo...
I primi gruppi di yurte sono troppo affollati per i nostri gusti, cosi proseguiamo per qualche centinaio di metri raggiungendo le ultime....quella che fa al caso nostro è una in un gruppetto di tre.
Scarichiamo armi e bagagli e, sapendo che stanotte farà un freddo cane ci facciamo portare quante più coperte possibile. Si dorme per terra, servono strati sotto per isolarsi dal terreno, e strati sopra per non rischiare di stare svegli a contare le pecore battendo i denti.
Per ora (è circa metà pomeriggio) il sole continua a fare il suo dovere scaldando forte nonostante l'aria sempre fredda...ci sdraiamo un pò sulla spiaggetta di ghiaia, passeggiamo verso le montagne per tentare una foto da una posizione più rialzata (che non faremo perchè più camminiamo più paiono allontanarsi). C'è chi pennica (io) chi vaga incantato (Andrea) chi pennica e legge (Giacomo)...il silenzio e la magia ci avvolgono.
Il sole sta calando e la temperatura crolla...ogni 10 minuti ci infiliamo nella yurta per indossare una maglia, un paio di calze, un cappello. Fortunatamente la tenda dove ceniamo insieme ai 3 ragazzi conosciuti qui oggi è riscaldata dalla stufa dove ci cucinano il plov, e trascorriamo due piacevoli ore a mangiare, bere tè e sfottere i nostri nuovi amici (un inglese, un tedesco ed un olandese) per il loro cibo e a farci sfottere per il nostro governo.
1-1 e palla al centro.
E dentro al sacco a pelo...vestito con tutto quello che ho portato da casa (maglia termica,pile, maglia windstopper, maglia tecnica da moto, 2 paia di calze, cappello di lana) in aggiunta alle 4 coperte (2 sopra e 2 sotto) e il materassino a fare strato. 
Quando Andrea mi sveglia nel cuore della notte per vedere le stelle senza la luce della luna sto quasi sudando: missione compiuta, ho sconfitto il Generale Inverno :-)
Scostiamo la pesante tenda che funge da porta e rimaniamo esterrefatti dallo spettacolo del cielo....milioni di centinaia di giga triliardi di stelle sopra di noi in una cupola che ci sovrasta a 180°. Il carro dell'Orsa Maggiore che rispetto alle 9.30 è ruotato fino ad andare a posarsi sul profilo delle montagne.
Non ci provo neanche a fotografare questa meraviglia: non ho la macchina adatta, non sarei comunque capace di usarla, ed infine niente al mondo può rendere l'idea dello spettacolo.
5 minuti bastano e avanzano per dissipare il calore accumulato, le selle delle moto sono ghiacciate ed è il segnale di ritirata di nuovo all'interno del sacco a pelo.

mercoledì 14 agosto 2013

FOTO BOOK5

TASH RABAT

Che giornata FANTASTICA.
E il bello è che la moto non c'entra praticamente nulla. C'entrano le persone, c'entra la magia dei luoghi che abbiamo visto.
Inizia tutto direttore della piccola banca di Naryn dove siamo andati a cambiare i dollari in moneta locale. Come sempre appena spegniamo le moto veniamo circondati da curiosi che guardano o fanno domande. Questo elegante signore se ne sta fuori dalla banca a fumare una sigaretta, e parlando un discreto inglese mi ha invitato allo sportello per scambiare.
Quando anche Andrea e Giacomo hanno fatto, il signore insiste per offrirci un caffè e ci conduce nel suo piccolo ufficio. Da un armadietto tira fuori tazze, bicchieri, biscottini, zollette di zucchero e apparecchia il tavolo con grande gentilezza. Ha una gran voglia di chiacchierare, si rivolge sempre a noi chiamandoci per nome, quando il suo inglese si inceppa corre alla sua poltrona e si aiuta con il traduttore di google :-)
E' simpatico e ha una risata contagiosa e sincera. Ci regala una bottiglia di cognac kirgizo che vorrebbe che aprissimo subito, ma ad ampi gesti gli facciamo capire che 2 tazze di caffè ok (è tradizione locale!) ma il cognac alle 10 di mattina no! Mi siedo alla sua scrivania (vestito in tuta e stivali quindi sporco da morire!) e gli mostro il blog e le foto dei giorni scorsi.
Sempre aiutandosi con google ci dice che la sua ospitalità è quella di tutto il popolo del Kirghizstan, che lo fa con il cuore e la più sincera amicizia.
Siamo stupiti, contenti, divertiti e sinceramente toccati da tanta cordialità. Decisamente "la nostra banca è differente!".
Accendiamo le moto e puntiamo il muso verso la strada che conduce al passo Torugart e di qui a Kashgar in Cina. La seguiremo per un centinaio di chilometri, per poi prendere una breve deviazione lungo la valle che custodisce l'antica fortezza di Tash Rabat.
Naturalmente grazie  al gufo imperiale Giacomo Radini Tedeschi che garantisce sole  per tutto il giorno riusciamo a prendere qualche minuto di pioggia battente....
Quando ormai eravamo convinti di non trovare la deviazione giusta (e dopo aver vagato a caso per il paese di At Bashi chiedendo indicazioni a destra e manca) ecco comparire uno sbiadito cartello che recita TASH RABAT.
Raggiungere la fortificazione richiede pochi minuti su una facilissima strada sterrata lungo una valle incantevole: erba verdissima, pareti di roccia, un torrentello, piccoli campi di yurte.
Tash Rabat è un caravanserraglio vecchio di secoli, un ristoro per le carovane che percorrevano la via della seta dirette o provenienti in Cina. Di per sè non lascia certo senza fiato perchè non ha dimensioni imponenti, ma è in una posizione spettacolare e basta un minimo sforzo di immaginazione per vedere lunghe carovane risalire dal fondo della valle cariche di merci, di cavalli, cammelli, schiavi e ogni genere di tesoro ed accamparsi nella grande spianata erbosa ai piedi delle mura di pietra.
Restiamo un paio d'ore a gironzolare, fare foto, dormicchiare al sole. E incontriamo gente simpatica e cordiale: un signore indiano in jeep con moglie e figlia che è partito dalla Scozia e sta tornando in India via terra (!!), una signora israeliana in viaggio con una numerosissima famiglia con la quale stiamo mezz'ora a parlare dell'Italia e di Israele, un italiano di Lucca motociclista pure lui (ma qui a piedi) che brucia di invidia nel vederci accanto alle moto. Quando ripartiamo lo vedo con la coda dell'occhio scattarci foto...e immagino il suo stato d'animo.
Ci rifermiamo dopo pochi istanti in prossimità della sbarra presso la quale si pagano i 2$ di biglietto perchè Andrea si è innamorato di una bimbetta che avrà si e no 2 anni vista mentre salivamo: da una tasca dello zaino estrae una scatola di pastelli e un paio di block notes che ci siamo portati dall'Italia per occasioni come questa, e li regala alla bimba e al fratellino. I loro visini composti sono traditi dalla felicità degli occhi, e dalla eccitazione con la quale scarabocchiano sui fogli.
Ovviamente appena giriamo le spalle per andarcene cominciano a sentirsi i loro litigi per la spartizione dei regali :-)
Seconda sosta in 2 chilometri al campo di yurte più in basso...abbiamo fame, sono le 16 e cerchiamo un pezzo di pane e magari una caciottina...una formaggetta....
Non li troviamo, ma ripieghiamo con una zuppa buonissima, un pò di carne e patate, verdura e tè. Interrompe il pasto una deliziosa ragazza iraniana che sta guidando un gruppo di turisti alla fortezza...è motociclista anche lei, e avendo visto le nostre fuori è venuta a curiosare e a fare 2 chiacchiere.
Insieme al pranzo troviamo anche un russo matto come un cavallo, un personaggio splendido che ci intratterrà per più di un'ora. Yuri (cosi si chiama) gestisce insieme a sua moglie questo campo tendato per turisti, parla a raffica, salta di qua e di là per mostrarci la sauna improvvisata, la diga nel torrente nella quale buttarsi dopo la sauna, i cuccioli neonati del loro cane, la yurta bar/ristorante, la yurta kirgisa e quella kazaka, le penne di avvoltoio, le stelle alpine, il tumulo di pietre sacro che se lo scoperchi attiri la magia nera degli antichi del tempo di Tamerlano, il libro donatogli dai cechi suoi ospiti 2 anni fa. E ci racconta dei suoi ospiti, degli altri campi tendati, del perchè le sue tende sono più calde di quelle degli altri (hanno la doppia porta!), del calore delle coperte tradizionali kirgise.
E' un fiume in piena, gesticola ride parla ad alta voce, si inventa parole misto russe ed inglese, inizia frasi in una lingua e le finisce in un'altra. Ci invita a dormire mezz'ora in una delle yurte. Rifiutiamo. Rilancia con 10 minuti. Rifiutiamo. Rilancia con 5, e dobbiamo accettare.
Sdraiati ognuno su un letto con lui continuiamo a parlare e a ridere.
Potrei stare li una settimana e non stancarmi di questo splendido matto! Ma è tardi, quasi le 18 e abbiamo 100km da fare per tornare a Naryn.
Peccato per Yuri, sarebbe stato bello dormire qui, e peccato per la stupenda strada che sia lui che la coppia polacca (Marta e Bartek) incontrata questa mattina in hotel ci hanno consigliato di fare. E' qui vicino, ma è davvero troppo tardi.
Sulla dritta e asfaltatissima strada del ritorno ho il tempo di godermi e metabolizzare le esperienze di oggi, e di sentire lo spirito leggero e frizzante.
Niente è appagante come viaggiare. 

martedì 13 agosto 2013

FOTO BOOK4

RADDOPPIALATAPPA - PARTE 2

Apriamo un occhio alla volta cercando di intuire nel silenzio della casa se piove. No.
Oddio, il cielo è sempre piuttosto basso e grigio ma non piove.
Il dilemma che ci "attanaglia" è: per andare a NaryN facciamo la strada nord (più corta e in mezzo alle montagne) o quella sud (più lunga e meno alta di quota?). Di entrambe ignoriamo le condizioni del fondo, cosa molto importante visto l'esperienza di ieri scendendo dal passo su quella lastra di terra battuta viscidissima.
Chiediamo al padrone di casa consiglio, e lui dice assolutamente di prendere quella nord.
Ma Andrea ha il tarlo, è convinto che sia meglio quella a sud e dopo mille tentennamenti alla fine lo assecondiamo. E facciamo non bene, benissimo.
Ci troviamo infatti a trascorrere una bellissima giornata (aiutati stavolta da un pizzico di fortuna che ci scamperà per un pelo da tutti i temporali che girano sopra le nostre teste) in ampie vallate con montagne erose dall'acqua e dal vento.
Calanchi, canyon, gole dalle forme più strane ci hanno accompagnato per più di 200km. A lungo mi sono trovato a fare confronti con i paesaggi visti  durante il mio viaggio di nozze in Arizona e nello Utah.
Questi non sono cosi maestosi come quelli americani, ma sono comunque uno spettacolo per gli occhi. E guidarci in mezzo in moto su piste finalmente facili e veloci sulle quali anche osare una manata di gas in più è una soddisfazione memorabile.
Attraversiamo una miriade di paesini i cui fasti probabilmente risalgono agli anni 50/60, mentre ora sono ombre di sè stessi. Uno spettacolo allo stesso tempo triste ed affascinante...
Ce la prendiamo comoda, salvo affrettarci quando uno dei sopracitati temporali si avvicina. Acqua ne abbiamo presa a sufficienza ieri.
Entriamo in una certo non scintillante Naryn verso le 15. Ci sistemeremo qui un paio di giorni per esplorare i dintorni con comodo, visto che nel raggio di 200km ci sono perle come il caravanserraglio di Tash Rabat lungo la strada che porta al passo Torugart (verso la Cina), le sponde meridionali del lago Yssyk Kul e il lago Song Kul che è uno dei cardini del nostro viaggio. Speriamo solo che il meteo migliori perchè è a 3000 metri e i ragazzi neozelandesi incontrati a Osh ci hanno avvisato che anche se durante il giorno è assolato la notte la temperatura crolla sotto zero.
Figuriamoci con il tempo di questi giorni...

RADDOPPIALATAPPA

Per scontare le comodità di ieri oggi ci siamo prefissati una tirata fino a Naryn.
Cosa che non diamo per scontato che sia fattibile visto che sono 380km, dei quali almeno la metà di fuoristrada con alcuni passi piuttosto elevati nel mezzo.
Michael, il simpatico austriaco conosciuto ieri, dice che si può fare tranquillamente e noi vogliamo fidarci.
Lasciamo Osh e i tanti motociclisti di diverse nazionalità incontrati, e imbocchiamo prima i viali trafficatissimi della città poi la veloce strada che collega il sud (Osh) con il nord del paese (Bishkek). La seguiremo fino a Jalal-Abad poi dovremo piegare verso l'interno e verso est.
Il problema  è che in questa zona del Kirghizistan il confine con l'Uzbekistan è talmente tanto contorto e folle che per coprire una distanza in linea d'aria di poche decine di chilometri tocca farne almeno il triplo. Oltretutto ci si mette anche il navigatore satellitare che tenta in tutti i modi di farci fare la strada più corta senza considerare che dovremmo uscire ed entrare dal paese due volte...ovviamente le mappe dei gps per l'Asia  Centrale non sono esattamente accurate come quelle dell'Europa.
Perdiamo dunque una mezzora vagando nelle campagne kirgize, salvo poi recuperare la rotta.
Peccato che si alza un vento fortissimo e tocca guidare di bolina per non farsi sbattere fuori.
Peccato che subito dopo inizia anche a piovere a dirotto. Ma a dirotto eh!
Ottimo...
Vabbè dai ma poi smetterà. Si certo...
Con il satellitare puntato sul paese di Kazarman, presso il quale la strada per Naryn si dirama in due, continuiamo a farci frustare dalle raffiche di pioggia. Il nostro passo rallenta, il cielo color acciaio mina la nostra convinzione di poter proseguire fino a destinazione.
Il problema è che la geografia della regione e la scarsità di strade non concedono grosse possibilità: o torniamo indietro a Jalal-Abad o andiamo avanti sapendo però di dover affrontare (solo per arrivare a Kazarman) un passo a 3100 metri e 100km di fuoristrada.
Alla fine vince la linea del "andiamo avanti, vediamo com'è al massimo si torna indietro".
Facendoci largo in mille paesini spogli a con poca vita, chiedendo indicazioni sulla strada corretta da prendere, troviamo infine un local che ci scorta per un chilometro fino all'imbocco della valle giusta.
La pioggia è intermittente nella sua intensità, ma non cessa mai. Lo sterrato inizia subito, piuttosto facile se non fosse che le buche piene d'acqua impediscono di valutarne la profondità (con conseguenti occasionali botte pazzesche alle ruote anteriori) e per alcuni tratti di strada "sistemata" con uno strato di terra rossa che si è trasformata in un fango scivoloso e assassino per l'equilibrio delle moto.
Saliamo e continuiamo a salire, incontrando decine di yurte di pastori con greggi di pecore mucche e cavalli. Tutti zuppi d'acqua come noi.
Controllo costantemente l'altimetro del gps contando i metri che ci separano dai 3100 del passo, pregando che le nuvole vengano fermate da questo versante della montagna e che di là non piova.
Man mano che la quota aumenta la strada peggiora di brutto. La manutenzione è ovviamente vicina allo zero, per cui la pioggia nel tempo ha scavato canali e solchi. In parecchi punti la strada si restringe a causa di parziali crolli e piccole frane. Tornanti strettissimi e ripidi. Dossi di fango da scavalcare.
Guido seduto sulla sella, non in piedi come sarebbe meglio fare con queste moto...ma soffrendo di vertigini e con strapiombi cosi alti e la strada cosi stretta stare seduto mi aiuta a concentrarmi solo su ciò che ho davanti. Procedo concentratissimo e senza incertezze, focalizzato al 100% sulla guida e su dove mettere le ruote.
A distogliermi da questa trance riesce solamente un ragazzo, avrà 15 anni, che in sella al suo cavallo mi si affianca. Sulle prime penso di dare fastidio al cavallo con il rumore della moto, poi realizzo che mi sta stuzzicando per fare una gara di velocità!! E lui è sul bordo della strada, di sotto il nulla!
A quota 2900 finiamo nelle nuvole, la visibilità si riduce a pochi metri. Intuiamo dall'aprirsi di  un grande spazio che siamo arrivati in cima. Fa freddo, 5° ma fortunatamente i miei compagni di viaggio non lo temono granchè e io mi sono imbacuccato in tempo aggiungendo un paio di strati sotto la giacca.
Ci auguriamo che dall'altra parte le cose possano migliorare, ma ancora non sappiamo che in realtà stanno per peggiorare ulteriormente...
Il primo peggioramento è una caduta di Giacomo. Stiamo procedendo lentamente tutti piuttosto vicini, quando dopo una curva non me lo ritrovo più negli specchietti. Vado avanti 100 metri per riuscire a vedere dietro l'angolo e Giacomino sta là...in piedi accanto alla sua moto ribaltata.
Un banale canaletto di terra lungo forse due metri gli ha preso la ruota davanti facendogli perdere il controllo verso sinistra buttandolo in terra sulla destra.
Rialziamo la moto e cominciamo il check-up dei danni: una freccia andata, il faro e la strumentazione che ballano, 8 chili di terra infilati ovunque e purtroppo la valigia di destra bella acciaccata.
In qualche modo, facendo un fagotto con il materassino da campeggio e qualche cinghia, Giacomo (che non s'è fatto nulla a parte il giramento di maroni) riparte.
Mancano 44km a Kazarman, ormai già da un pò ci siamo rassegnati al fatto che a Naryn non arriveremo mai e che dovremo fare 2 tappe per raggiungerla.
Scendendo di quota con la sola voglia di trovare un posto dove asciugarci, fare una doccia calda e mangiare qualcosa, ci imbattiamo in tratti di strada che ad occhio potrebbero consentirci di accelerare notevolmente il passo ma...la terra battuta che asciutta sarebbe da fare a 70/80 km orari è diventata una lastra di vetro. A questo si aggiungono lunghi tratti di fanghetto altrettanto viscido, se non peggio. Trasformando 40km in una agonia di quasi 2 ore.
Entriamo a Kazarman verso le 17, al riparo di una tettoia fatiscente prendiamo la Lonely  Planet per cercare una sistemazione, a cui segue la solita sfilza di domande a passanti per chiedere dove si trova perchè usanza kirghiza è  non avere nessun tipo di cartello o insegna.
Parcheggiamo le moto e scarichiamo i bagagli in una homestay, una signora piuttosto gentile che mastica anche qualche parola di inglese che affitta camere.
Memorabile il cesso a 100 metri da casa in mezzo agli alberi da frutto del giardino: una baracchetta di legno sospesa su una fossa profonda 3 metri dai cui recessi emana un fetore che solo i nostri sempre impellenti ed urgenti bisogni possono tollerare.
Bleah !!

PS: questa è stata una giornata no foto. Peccato, ma troppa pioggia.

domenica 11 agosto 2013

UN GIORNO DI (QUASI) RIPOSO

Ci lasciamo alle spalle senza particolari rimpianti Sary Tash, augurandoci che la freddezza dei proprietari della nostra guest house non sia comune alle altre persone che incontreremo.
Durante i classici preparativi pre-partenza guardiamo incuriositi praticamente tutta la popolazione del paese che si raduna su grandi tappeti nella collina di fronteper mangiare e bere. Sarà cosi ogni domenica o oggi ricorre qualcosa di particolare? Mah...
Nella guesthouse accanto alla nostra invece ha dormito un gruppo di motociclisti polacchi, un italiano che ha un piccolo hotel a Bishkek che noleggio e il mitico Sambor (che è mitico solo per noi e per pochi altri che lo conoscono...un tizio polacco dall'aria strafatta grande viaggiatore di queste zone dell'asia centrale, che è riuscito a trasformare la sua passione in un lavoro vero e proprio). Stringergli la mano dopo aver letto per decine e decine di volte i suoi report di viaggio è emozionante come per mia moglie toccare Samuel dei Subsonica. Ad ognuno i propri idoli :-)
Per oggi abbiamo deciso di percorrere solo i 180km di veloce strada asfaltata che ci separano da Osh e prenderci mezza giornata libera per riposare, far recuperare un pò di forze a Giacomo che continua a ciondolare tra mal di testa e forse febbre, fare bucato, aggiornare il blog ecc...
La strada scorre via in un soffio, perfettamente asfaltata salvo qualche tratto, e finalmente dopo tanti giorni a preoccuparci di buche fossi e precipizi ci togliamo la soddisfazione di qualche piega come si deve e di vedere il contachilometri passare i 100.
Riusciamo comunque a perdere un'oretta nel traffico e nella confusione delle vie adiacenti al bazar per trovare finalmente sistemazione in una guest house carina e pulita (finalmente) con un cesso come si deve (FINALMENTE!! basta buchi in terra) e una doccia con l'acqua calda (evviva!). Le camere sono full ma ci sono delle yurte all'aperto, e in una di quelle ci piazziamo.
Il bello della giornata è incontrare Michael, signore austriaco di 57 anni che parla un ottimo italiano, che 10 anni fa ha deciso che avrebbe lavorato 8 mesi all'anno e viaggiato per i restanti 4. Trascorriamo ore a parlare delle sue esperienze, dei nostri viaggi, di sogni, di paure...è estremamente simpatico e cordiale, e non smetterei mai di stare ad ascoltarlo.
Poi c'è l'americano del Minnesota in viaggio in bici da 5 mesi ma che starà in giro per almeno altri 4. La coppia di ragazzi neozelandesi su una vecchia e malandata R80 (Cristinaaaaaaaaa!!!) che si sono fatti dalla Corea a qui e proseguiranno fino in olanda passando dalla Turchia. C'è il tedesco che sta andando in Mongolia. Gli olandesi vestiti in puro stile Mad Max che entrano, fanno un casino bestiale, spazzolano tutta la birra...sporchi di 14 giorni di Pamir in moto.
Insomma...anche stare fermi da queste parti è una esperienza. E ti rendi conto che per quanto stare lontani da casa un mese ci sembri una follia, c'è una enormità di persone che sceglie di mollare tutto per un pò per conoscere il mondo e mettersi alla prova.
E nessuna di queste persone è banale. O triste. Anzi.
Mumble mumble....

FOTO BOOK3

VIAGGIO - CAPITOLO 2

Murghab vista nella accecante luce del mattino appare ancora più povera. I volti delle persone sono diversi da quelli visti nell'ultima settimana, cominciano a notarsi già i lineamenti mongolo/kirgisi. Del resto siamo a meno di 200km dal confine.
Ci siamo fatti una bella dormita io e Andrea, mentre Giacomo ha rotto i maroni tutta notte perchè era alle prese con un forte mal di testa certamente dall'altitudine. Lo zittiamo con un Moment Act...o almeno lo zittiamo dei suoi lamenti ma ci ritroviamo con un cinghiale che russa. O è Andrea? Probabilmente tutti e due...come al solito risolvo con le cuffie e l'mp3 nelle orecchie.
Oggi è il nostro ultimo giorno in Tajikistan, siamo diretti verso l'ultimo tratto della strada del Pamir che termina a Osh in Kirgizstan.
Dai 3600 metri di Murghab la strada sale, sale...sale intinterrottamente senza strappi per quasi 100 chilometri fino al Passo Ak  Baital, il punto più elevato del nostro viaggio a 4655 metri. Probabilmente cominciamo ad abituarci alle alte quote perchè a parte il solito affanno nel fare qualsiasi movimento stiamo bene.
Anzi, stiamo da dio!
Guidiamo rilassati fermandoci spesso per fare foto a questo paesaggio pazzesco: spazi immensi, la strada che viaggia dritta infinita davanti e dietro a noi sembra invitarci a viaggiare in eterno.
In cima al passo mangiamo qualche biscotto al sapore di Bactrim e wafer al cioccolato sciolti dal sole che nonostante l'elevatissima altitudine riesce a mantenere la temperatura intorno ai 20°. Andrea ripara con il filo di ferro per la seconda volta un pezzo del telaio delle valige con me e Giacomo a fare da aiuto meccanici.
Insomma...gli rompiamo le palle mentre lui lavora :-)
D'improvviso compare accanto a noi una recinzione con filo spinato: è il confine con la Cina! Forse solo ora ci rendiamo conto di quanto siamo realmente lontani da casa...non perdiamo ovviamente l'occasione di mettere un piede o una mano al di là del filo spinato e raccogliere qualche sasso, giusto per poter raccontare che abbiamo toccato anche il suolo cinese.
Per decine di chilometri costeggiamo il confine su un asfalto quasi sempre buono, o su brevi tratti di strada sterrata molto facile. Niente buche mortali, niente avvallamenti spacca motore.
Il panorama è più vario di quello visto ieri sul tratto centrale dell'altopiano, le montagne hanno colori più forti con una sempre maggiore quantità di terra e roccia rossa ad illuminare il paesaggio. E quando all'improvviso si stendono davanti a noi le acque turchesi del lago Karakol rimaniamo letteralmente senza parole...il blu fa da contrasto con i colori della terra arida, con le montagne rosse sul versante cinese, e con i ghiacciai delle cime della catena del Pamir che cominciano ad apparire sullo sfondo.
E' difficilissimo spiegare a parole la grandiosità della vista che ci si para davanti. Anzi, è impossibile...
Superiamo un posto di blocco lungo le sponde del lago, ai margini di un piccolo insediamento di case cosi malridotte che mi chiedo come possa viverci della gente. A 4100 metri. Altro che Reggio Emilia. Altro che Roma. La vita qui deve essere dura, durissima.
Siamo quasi al confine con il Kirgizstan, ma prima dobbiamo passare la frontiera tajika situata vicino al passo Kyzyl Art a 4300 mt.
Mostriamo i passaporti al militare incaricato, il quale ci chiede se abbiamo un documento che non abbiamo mai visto, un foglietto che dovrebbe riportare i dati delle nostre moto. Ne abbiamo uno diverso per il quale all'ingresso nel paese ci avevano spillato 15€, ma pare non essere di loro gradimento. Dopo un pò di vai e vieni capiamo che hanno voglia di intascarsi due soldi extra (anche se a gesti e a parole continuano a riperete che sono soldi necessari per la dogana...seeeee....). Visto che la richiesta è modesta, 10€, sganciamo senza fare storie per non stare a perdere tempo e infatti in pochi minuti siamo liberi di ripartire.
La sommità del passo è poche centinaia di metri più avanti, e scollinando cambia tutto!! Incredibile...il lato tajiko è come lo abbiamo visto in questi giorni, arido e lunare mentre quello kirgizo è immediatamente più verde anche a queste quote altissime.
Sopra di noi esplodono in tutta la loro imponenza i ghiacciai del Picco Lenin e del Picco Comunism (questa è una informazione che arriva da Andrea, se è una stronzata prendetevela con lui!)...noi siamo sopra i 4000 metri, e loro svettano sopra di noi in maniera impressionante a 7000-7500.
Passati con un pò di brividi due guadi di acqua rosso sangue arriviamo alla dogana kirghiza, le cui formalità richiedono solo poche decine di minuti.
Siamo in Kirghizstan!! Nei pochi chilometri di strada dritta che ci separano da Sary Tash dove ci fermeremo per la notte facciamo in tempo a vedere qualche yurta, un sacco di cavalli e un paio di aquile che si levano in volo al nostro passaggio.
Inizia il secondo capitolo del viaggio.
Ci lasciamo alle spalle una settimana esatta di Tajikistan. Giorni di caldo intenso, fatica, polvere, fiumi maestosi, strade distrutte e altipiani alieni, gente meravigliosa e cordiale che ci ha sempre aiutato senza mai pretendere nulla in cambio e sempre con il sorriso sulle labbra, giorni con poco cibo, e la bellissima avventura sul fiume con il ponte crollato.
Siamo qua da solo una settimana ma abbiamo vissuto già cosi tante esperienze che pare sia passato un mese...