martedì 19 agosto 2014

THIS IS THE END MY FRIEND

Bisogna che metta il cappello anche a questo viaggio. Sono a casa a rimpinzarmi di cose buone da due giorni e ancora non l'ho fatto...
E' stato un viaggio diverso, molto lontano ma molto breve se paragonato a quello dello scorso anno e alla Patagonia. E profondamente diverso da quello fatto in Marocco, dove eravamo con le nostre moto e relativamente "vicini a casa".
Quest'anno ci ha fregato la sfiga, e ci siamo fregati con le nostre mani in partenza avendo la presunzione di poter infilare un programma cosi tanto ricco di cose da fare e chilometri da percorrere in sole due settimane con la variabile delle moto a noleggio che si sa...difficilmente possono essere sicure ed affidabili come le nostre.
E' vero...cosi tante sfortune, cosi tanti contrattempi, cosi tanti piccoli e grandi guai era impensabile che si sarebbero incastrati tutti quanti nello stesso momento ma tant'è...è andata cosi.
Come sempre la cosa più importante è aver portato a casa risate, esperienze forti, paesaggi spettacolari, incontri con uomini e donne speciali e diverse da quelle che siamo abituati ad incontrare nella vita di tutti giorni, ma soprattutto è importante che abbiamo portato a casa le ossa esattamente ordinate come erano prima di partire.
Torniamo in Italia con un pò di amaro in bocca per aver avuto a che fare con un pò di persone che hanno voluto approfittare del nostro status di ricchi turisti, che non si sono fatte scrupoli a lasciarci in cima ad una montagna con una moto rotta solo perchè a loro faceva comodo cosi, che sono arrivate a chiederci cento dollari per una chiave inglese di 16 solo perchè ne avevamo estremo bisogno.
Questa sensazione di amaro però non ci fa dimenticare chi ci ha accolto sotto il tetto della propria tenda offrendoci poco, ma comunque tutto quello che poteva. Senza volere un soldo. Chi ci ha sorriso, chi si è sbattuto per comprendere la nostra cartina e ci ha dato indicazioni a cazzo (ma comunque ci ha provato),chi ci ha invitato a bere latte di cavalla fermentato, o l'ennesimo chai, chi la sera saliva su uno sgabellino malfermo per svitare una lampadina in salotto ed avvitarcela in camera.
Quest'anno siamo arrivati alla partenza tutti troppo in riserva di energie, forse scarichi, forse anche un pò impreparati e poco concentrati. E questi non sono viaggi nei quali puoi permetterti impreparazione e leggerezze, come dimenticarti una camera d'aria o una chiave di 16 per smontare le ruote.
Perchè la sfiga ti osserva sempre. Come Sauron.



venerdì 15 agosto 2014

SALTA ANCHE IL SONG KOL

Siamo sopravvissuti alla notte ma alla mattina non so...al di fuori dalla tenda nella quale si è creato un microclima accettabile il tempo è bigio e ventoso.
E alle 7 pure assai freddo. Nonchè preoccupantemente scuro nella direzione verso la quale dobbiamo dirigerci, cioè Naryn e poi il lago Song Kol.
Colazione veloce, baci ed abbracci con Tiziana che parte prima di noi e chissà se rivedremo mai, smontaggio campo tendato in fretta e furia perchè appunto fa freddo. Vestirsi ancora più alla svelta perchè...fa freddo.
Io ho ancora indosso tutti i vestiti pesanti (meno di quello che mi servirebbe adesso a dire il vero...), aggiungo i pantaloni antipioggia perchè fatti pochi chilometri in direzione Naryn il cielo promette ciò che a  breve manterrà: acqua.
Guidando sempre a 80 all'ora sotto una pioggia fitta ma non fittissima ognuno di noi rimugina su quel che prevede per il resto del giorno e mezzo che ci rimane. Ne discutiamo a Naryn, bagnaticci ed infreddoliti, davanti ad un tè caldo e un pollo pseudo-fritto: io e Giacomo che abbiamo avuto la fortuna di aver già visto il lago l'anno scorso e che sappiamo bene le condizioni della pista e le problematiche in caso di pioggia siamo abbastanza restii a salire fino ai 3000 metri dell'altopiano.
Stefano d'altro canto vorrebbe andare, e lo capiamo perfettamente: sono mesi gli raccontiamo meraviglie riguardo al Song Kol, passargli a 70km e non andarci pare follia anche perchè non stiamo parlando di un lago in Francia che se non vede oggi vede tra due mesi.
Prendiamo una decisione a metà, molto salomonicamente: ci dirigiamo verso nord, direzione che va bene per entrambi i programmi perchè se il tempo migliora dopo 50 km si imbocca la prima pista che porta al Song Kol, oppure si può rimandare al km 80 quando inizia l'altra strada oppure tirare dritto fino a Kochkor, cittadina che sta a metà strada con Bishkek (meta conclusiva del viaggio, domani).
Ma il tempo non migliora...anzi...
Via via che maciniamo chilometri su un asfalto tormentato dalle buche (e macchine che fanno lo slalom incuranti di noi che proviamo a sorpassarle) il tempo si fa sempre più cupo e la decisione di abortire il lago diventa ovvia.
Tra noi e Kochkor si para a questo punto un passo da 3000 metri, ma dalla cartina non dovrebbero esserci noie perchè da come è segnata la strada pare un asfaltone veloce.
Giammai.
A parte i camion stracarichi che passano da qua provenienti dalla Cina e diretti verso l'Asia Centrale, a parte le macchine già citate che vanno forte e si muovono a caso come in un videogame, a parte i perenni lavori in corso e le buche, si aggiungono al divertimento della giornata:
- gli ultimi 500 metri prima del culmine del passo un fango rossiccio e scivoloso come olio che costringe i camion a fermarsi tutti e salire uno alla volta scortati da dietro da un bulldozer pronto a spingerli in caso iniziassero a scivolare all'indietro
- un gigantesco temporale che rende metà cielo completamente nero, tuoni, lampi. Se questo ci piglia quassù sono guai.
Fortunatamente riusciamo a superare senza intoppi i 500 metri di Borneo fangoso e ad evitare disastri pluviometrici. Anzi...a goderci lo spettacolo di un cielo per metà diabolico e metà sereno, con sullo sfondo cime di almeno 4000 metri ricoperte da uno strato luccicante di neve freschissima.
Entriamo in Kochkor infangati ma ormai semi asciutti (pozze d'acqua negli stivali a parte), dispiaciuti di non aver potuto vedere il Song Kol ma consapevoli che almeno stavolta ad impedircelo è stata la natura e non la sfiga.
PS: il temporale ci ha raggiunti poi ore dopo quando stavamo godendoci il wifi in camera: acqua a secchiate, grandine, black out di 2 ore. Meglio non averlo preso a 3000 metri eh??

TRE + UNO

Tiziana è splendida.
Una splendida donna di età che non chiediamo perchè siamo degli elegantoni ma stimiamo tra i 40 ed i 50, che viaggia da sola in moto con un giubbotto di pelle consumato, jeans impolverati, casco da aviatore, scarpe da ginnastica e guantini di pelle con le dita tagliate.
Olandese ma con trascorsi di vita in Italia (per questo parla la nostra lingua) non è che viaggia solo in moto per diletto...lo fa proprio di mestiere accompagnando gruppi di olandesi in Pamir ed in India.
Ed è sorridente, divertente, ci prende in giro e si lascia prendere in giro. Come se tutti ci conoscessimo da più di qualche ora.
La convinciamo a venire con noi fino a Tash Rabat, che non era esattamente la sua destinazione ma quando ti ricapita più di guidare con tre aitanti muscolosi stalloni italiani? ahahahahaha
Vabbè, probabilmente ha solo poca voglia di girare tra le montagne da sola.
Soliti 140km di pista veloce e polverosissima tra Kazarman e Baetov. E tre volte che la faccio. Appunto numero 37 sul libretto della sfiga, un'ape mi punge sulla gola. Devo aver fatto qualcosa per far incazzare il mio karma durante questo 2014.
A Baetov sosta benza e poi via per la pista di 70km che sogno da 2 anni: prima avevo visto foto spettacolari in un report di viaggio di Sambor, poi l'anno scorso il russo matto di Tash Rabat ci aveva detto che dovevamo farla assolutamente ma non siamo riusciti per mancanza di tempo. Quest'anno, nell'anno maledetto, va a finire che ci riesco.
Bella è bella, si arrampica veloce sui margini della vallata di Baetov dandoci un punto di vista diverso sulle piste polverose che uniscono Naryn a Kazarman. Compaiono, nell'aridità del paesaggio, vette innevate e macchie di verde.
Ci fermiamo spesso per fare foto ed aspettarci, e quando raggiungo Stefano e Tiziana il Fassun mi gela con un "la mia moto non va più!.
Mi si ferma il cuore.
"Guarda ha cominciato a fare un tam-tam-tam dal motore e non va più". Poi scoppi a ridere, non è vero...
Cretino!! ma sono troppo sollevato per scendere dalla moto e riempirlo di calci con gli stivali da enduro con la punta di ferro, per cui ripartiamo tutti insieme e gustandoci la  strada facile e panoramica che sfiora anche una mandria di yak che mi guardano con faccia fessa.
Dopo tanti chilometri riesco anche a mettermi alle spalle la paura di forare di nuovo, la paura che ogni sasso mi sia fatale. Del resto Tiziana, che guida anche lei una moto noleggiata a Osh da Patrick, ha con sè tutto il kit di camere d'aria di ricambio che io non mi sono fatto dare, per cui sono comunque più rilassato.
Sbuchiamo sulla strada asfaltata che da Naryn porta in Cina, esattamente di fronte alla pista per Tash Rabat. Volevamo assolutamente far vedere il caravanserraglio, antica tappa sulla via della seta a Stefano che però non ci dà grande soddisfazione visitandolo in 4 minuti e liquidandolo come un ammasso di pietre. Tzè...insensibile!
Però siamo tutti sensibili alla "scalata" in moto del pendio della montagna alle spalle del forte, cosa che l'anno scorso non avevamo fatto!! Parte Giacomo che però a metà si ritira perchè la sua moto non ce la fa a salire neanche in prima, parte Stefano che sgasando e ansimando ce la fa, parte Tiziana che va su in scioltezza, e salgo io che mi ritrovo a saltare su mucchietti di terra per evitare le temibili buche delle marmotte.
La vista da quassù è spettacolare, e noi italiani non siamo abituati ad avere la libertà di poter scorrazzare ovunque con le moto senza che da una tana di marmotta esca un poliziotto della forestale a sequestarti il mezzo.
La notte vogliamo passarla nell'accampamento di jurte di Juri, il russo matto di cui sopra che l'anno scorso aveva attaccato una pezza infinita a me Giacomo e Andrea e al quale avevamo promesso che saremmo tornati.
Detto fatto.
Ma non ha posto. Mavaff...Rapido consulto, Tiziana dorme nell'unico letto disponibile in jurta, noi 3 veri stalloni (ehm) nelle tende anche se si prevede una notte gelida qui a quasi 3000 metri tra le montagne. Ma il dado è tratto, si fa.
Installato il campo base diamo inizio al casino: da bravi italiani ci facciamo riconoscere ridendo a squarcia gola, facendo casino, sfottendo Tiziana, bevendo birra, recuperando un pallone ed inscenando un basketball playground d'alta quota approfittando di un canestro di fortuna fissato ad una jurta.
A cena si aggiunge al nostro scassato gruppo Diana, una ragazza kirghiza che è qui come guida di turisti spagnoli. Prima timida e riservata, la sua compostezza si sgretola davanti ai sorrisi di Tiziana che le fa da spalla e alla molesta energia di Fassone (al quale ore prima ho dato uno di quei bibitoni energetici per sportivi perchè si sentiva debole ed ora è indiavolato come se avesse tirato 3 etti di coca purissima).
Party after dinner fuori al gelo perchè le comitive di vecchietti in gita devono mangiare e qui si fanno due turni di cena, fuori la bottiglia di vodka per provare (inutilmente) a scaldarsi.
Diana è tosta anche se chiusa in un corpicino minuscolo, e dopo una lunga serie di battute italian style riusciamo a strapparle un "italian men are fun, and really self confident...they are the best men".
VAMOLA' E PORTA A CASA!!
Stefano si fa trascinare alle danze in mezzo a signore di quarta età ed in evidente sovrappeso, con musica indegna anni '80 sparata dalle casse dei pullmini parcheggiati ai margini delle tende, io e Giacomo siamo più timidi e riottosi a questi riti selvaggi.
Ed è tutto molto kitsch e strano...pensarci qui nel mezzo del nulla a far casino ed essere richiamati al silenzio da un vecchio con un buffo cappello a forma di becco di ornitorinco.
E poi sopraffatti dal freddo rinchiudermi in tenda con El Pastelero sperando per una volta che il suo intestino riscaldi l'ambiente, infilandomi nel sacco a pelo con tutto quello che la mia borsa offre giacca antipioggia inclusa e cappello di lana in testa.
Sapendo che sulle nostre teste continuano a girare in lenti cerchi gli avvoltoi che sperano di mangiare ghiaccioli umani domani mattina.
Tiè!

SFINITO

Comincio ad avere voglia che tutto questo finisca. Davvero.
E vi spiego anche perchè...
Oggi abbiamo un altro giorno da fare sulle tracce lasciate all'andata. Questo perchè data la conformazione delle strade kirghize, per andare da ovest a est, quindi dalla strada che va in Pamir alle zone centro orientali del Kirgizistan, tocca passare quasi per forza da Kazarman a meno di andare ad infrattarsi in improbabili deviazioni sconosciute tra le montagne.
Stavolta vorremmo, dandoci una mossa, cercare almeno di non fermarci proprio a Kazarman dalla signora ossessionata dalle nostre tute sporche e polverose. Vorremmo tirarci un pò il collo ed arrivare fino a Baetov, per poi prendere domani una deviazione che so essere molto bella fino a Tash Rabat.
Il casino iniziale è seguire la principale arteria stradale del paese (la M41 che va dal Tajikistan fino a Bishkek) tra Osh e Jalal Abad: il casino è dovuto al fatto che le due città sulla cartina si trovano una sopra l'altra, ma in mezzo ci sta l'Uzbekistan e l'anno scorso seguendo il gps finimmo in mezzo alle campagne dispersi nei villaggi perdendo un mare di tempo.
Stavolta però non mi faccio fregare e invece di seguire il navigatore nel punto in cui mi dice di svoltare chiedo indicazioni e tutto fila liscio. Evvai.
Imbocco felicemente anche la svolta per Kazarman. Evvai.Siamo in perfetto orario.
La solita pista (questa è la terza volta che la affrontiamo in due anni) che porta al passo Kaldaman e poi c'è Kazarman. Siamo in perfetto orario.
C'è molto caldo e molta polvere, lascio andare avanti Stefano e Giacomo. Tanto siamo in perfetto orario, me la prendo con calma.
Tanto siamo in perfetto orario.
Psssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssss.
CAZZO!!!
Con la ruota anteriore urto un sasso piantato per terra e la gomma mi si sgonfia in 2 secondi.
NOOOOOOOOOOOOOOOO!! No Simone, no!!!
Suono il clacson all'impazzata cercando di farmi sentire da Giacomo che è 200 metri avanti a me ma non mi sente. Parcheggio la moto in mezzo alla pista imprecando tutti i santi di almeno 4 religioni diverse...non mi resta che aspettare che si accorgano della mia assenza e sperare di riuscire a mettere una toppa.
Fa caldo e la mia camelback è più o meno a metà, ho circa mezzo litro di acqua da gestire quindi aspetto a bere anche se adesso una bella coca ghiacciata ci starebbe da dio.
Smonto i bagagli e aspetto. Aspetto. Rumore di moto, è Giacomo.
E aspettiamo. Aspettiamo.
Rumore di moto. E' Stefano.
E intanto è passata quasi un'ora, ma visto che abbiamo bagagli ristretti ed attrezzi suddivisi tra tutti prima di iniziare a smontare la ruota serviva riunirsi.
Peccato che non abbiamo la camera d'aria necessaria, sacrificata giorni fa per fare una guarnizione. E peccato che in tutto il casino di questo viaggio non mi sono fatto dare la trousse con gli attrezzi, e quindi non abbiamo la chiave inglese giusta per smontare la ruota davanti.
Fortuna che di qui un pò di macchine passano e dopo un pò troviamo quelli che hanno la chiave di 16 per svitare il bullone. Tric trac, in pochi istanti abbiamo la ruota in mano e con le leve smontiamo copertone e camera d'aria. I buchi sono due, per questo si è sgonfiata in un istante.
Piazziamo la toppa con il mastice, gonfiamo un pò e...tiene. Che fighi che siamo!!
Il caldo è bastardo, l'acqua poca e la strada da fare un sacco...continuo a fare economia bevendo solo piccoli sorsi.
Per sollevare l'anteriore della moto e rimontare la ruota chiediamo aiuto a 3 tizi con un furgoncino che ci danno una mano e soddisfatti finiamo il lavoro. Peccato che la ruota sia già scesa parecchio di pressione...la toppa non ha tenuto. Senza nemmeno guardarci in faccia sappiamo già cosa fare: passaggio furgone!! Doppietta per me...
Gentilissimi e senza fare storie (del resto vanno nella nostra stessa direzione) i tizi kirghizi ci aiutano a caricare e legare la moto in mezzo ad angurie e meloni fissandola contro la sponda sinistra. Io butto bagagli e vestiti e mi accomodo nel cassone pronto ad affrontare i 75 km che mancano a Kazarman. E Baetov è già un miraggio...
Passati pochi minuti comincio a rendermi conto che sarà un pomeriggio complesso per me...questo furgoncino, uno Hyundai Porter poco più grande di quello che mi ha scarrozzato la settimana scorsa, è rigido come una Ferrari F40 e so benissimo che la strada fino al passo e per almeno 20km dopo di esso è un disastro per mezzi che non siano moto. Infatti dopo neanche 5 km uno scossone più forte degli altri fa chiudere il cavalletto e sbattere la moto contro la sponda.
Urlo. Bestemmio. Si fermano e capiscono che se le angurie possono sbattere tra di loro, io non sono disposto a farlo. Rileghiamo di nuovo la moto più saldamente e metto il materassino da campeggio di Giacomo tra il serbatoio e il fianco del cassone.
Ma far stare ferma la moto su quella strada è un'impresa, e io non voglio distruggerla per due motivi: questa che ho preso da Patrick a Osh non ha la kasko e gli eventuali danni li pago io e soprattutto rimangono ancora 3-4 giorni di viaggio e io voglio farli tutti. Quindi...forza e coraggio e stringere i denti.
La tattica è: con l'anca sinistra tenere spinta la moto sul cavalletto laterale, con la mano sinistra tenere in posizione il materassino che continua a scappare via, con la mano destra tenere il manubrio girato verso destra in modo da evitare che la leva della frizione ed i blocchetti elettrici si spacchino contro la sponda.
Solo che: lo sforzo, il nervosismo, la sete, il caldo, gli insulti al conducente che continua a guidare come se io non fossi nel suo ca..o di cassone ad un certo punto mi mandano un in corto circuito e mi fanno venire meno le energie. Mi gira un pò la testa.
Arrivati in cima al passo ci fermiamo un momento. Stefano mi aspetta ed è in compagnia di una donna anche lei in moto: è straniera ma parla un buon italiano, e come è giusto che sia mi prendono in giro. Ci mancherebbe altro, farei uguale!! Tiziana (scoprirò solo tra molte ore come si chiama) come un angelo sceso dal cielo mi allunga una bottiglia con tre dita di acqua e limone che comincio a centellinare come le poche gocce di acqua della camelback. Ho una sete che mi berrei l'acqua dei fossi...
Lampo di genio: accendo il gps della moto per vedere quanto manca. E mi viene un colpo...52 km...non posso farcela anche se so già che non ho alternative a tenere duro.
Alternando qualche minuto in piedi, qualche minuto in ginocchio, qualche minuto accovacciato sempre abbracciato alla moto con tutte le forze mi faccio sbattere di qua e di là per un tempo del quale perdo il conto. Urlando come un pazzo quando mi fanno saltare (ci sono momenti in cui entrambe le ruote della moto si staccano dal cassone), lanciandogli cose prese a caso contro la cabina per farli rallentare.
E devo dire che le bestemmie in italiano paiono funzionare anche nei paesi mussulmani, perchè ogni volta per qualche minuto mi ascoltano.
Questa è certamente la giornata in cui mi sono guadagnato un posto all'inferno. E' brutto da dire, ma io invito chiunque a trovarsi in una situazione simile e rimanere composto.
Giacomo Stefano e Tiziana sono spariti all'orizzonte da tempo, del resto non potevo chiedere loro di farsi tutti questi 80km appresso al furgone a 15 all'ora. Certo che però quando in cima ad un monte l'autista accosta ed inizia una retromarcia contro una sponda di terra ed intuisco che sta per iniziare il gioco dei soldi, averli con me mi avrebbe fatto sentire meglio.
Dicevo...retromarcia...parte un "che ca..o fai??" sparato a molti decibel. Questi scendono e fanno gesti che loro si devono fermare li (li...in cima ad un monte con niente intorno, cosa mai dovrete fare li?), che mi scaricano la moto e poi io chiamo i miei amici e mi faccio venire a prendere. A 42 km da Kazarman.
Si certo.
Io continuo ad insultarli, certamente di quello che dico loro capiscono solo "Kazarman" ed è meglio cosi...fatto sta che gli faccio capire che qui soldi non ne ho (seeeeee infatti) e se li vogliono devono portarmi dalla signora Baktygul Chorobaieva detta "rage against the dust" (furia contro la polvere). Sorprendentemente abboccano, ma il fatto che ridacchino tra di loro mi fa venire voglia di finirli ad anguriate. Ma meglio stare buono...in mezzo al nulla e 3 contro 1...
Dopo altre 3-4 soste per chiedermi quando do loro i soldi (ahò ma siete duri eh? da Furia dobbiamo andare!) riesco a trascinarli alla guesthouse dove lascio condurre la trattativa a Stefano, Giacomo, Tiziana (un pò di femminilità aiuta sempre) e il figlio adolescente di Furia. Me la cavo con 50$.
Acqua. Acqua. Mi attacco alla bottiglia e la faccio fuori mezza con il primo sorso.
Stefano mi dice che ha trovato un gommista che ripari subito la gomma (saranno almeno le 19.30) e per lasciarmi respirare un secondo parte a spingere la moto di là dalla strada nonostante sia bucata e pesantissima da portare. Quel gommista ovviamente ha già chiuso ma fortunatamente ce n'è uno a 200 metri...che sembrano 2km. Spingiamo in tre ma siamo talmente tanto sfatti che ci vuole un secolo.
E il gommista si presta si a riparare la camera ma a patto che tutto il resto del lavoro di montaggio e smontaggio lo facciamo noi...Ste come al solito si fa carico del grosso del lavoro (è la sua la virtuale tuta da meccanico del viaggio), Giacomo limita i movimenti al minimo in preda al dominio del suo intestino, io sono cosi stanco che non capisco veramente niente. Devo sedermi continuamente perchè mi cedono le gambe.
In più il gommista ad un certo punto ci molla perchè il muezzin chiama, deve andare a pregare. No vabbè...
Siamo tutti stanchissimi, è tardi, dobbiamo ancora cenare e lavarci. Serpeggia nervosismo anche tra di noi ma è normale...
Quando finalmente l'ultimo bullone è stretto è buio...io ho solo la forza di rivolgere due parole a Tiziana,fare una doccia, bere tre cucchiai di brodo e una forchettata di riso prima di soccombere alla stanchezza e andare a letto.
Non sono mai stato cosi sfinito. Un'altra giornata prosciugante per energie fisiche e nervose ma anche stavolta l'abbiamo risolta.

DI PROTEINE E CORSE DI SOMARI

Veramente poco da dire oggi...se non che a sorpresa le pratiche doganali uscendo dal Tajikistan durano pochi minuti contro le due ore dello scorso anno, e non inventano nemmeno nessun scusa balzana per spillarci qualche dollaro.
Ci rifacciamo i 200 km che separano Sary Tash da Osh in un crescendo di temperatura diabolico, passando dagli scarsi 10 gradi di questa mattina a Karakol ai circa 40 di Osh. Ogni 20 km apro una cerniera alla giacca, slaccio un velcro, tolgo una bandana...extrema ratio immergo i guanti in un canaletto di scolo per cercare sollievo e devo dire che per qualche minuto funziona anche.
Ci concediamo una bella pausa pranzo dal solito shashlikkaro di Gulcha, dal quale avevamo mangiato frettolosamente all'andata, perchè il vecio è veramente un mago del grill e vogliamo rendergli onore. Stefano in deficit di proteine e sbattuto perchè avrà perso 200/250 grammi di peso fa tripletta di spiedini, seguo io a 2 che sono una persona normale, mentre Giacomo porta il cappello dell'infamia con un solo shashlik (piccino è ancora debilitato dai deliri della febbre).
La strada in sella ad una moto potente potrebbe essere anche divertente, ma con queste carrette dell'asfalto si sta sempre ad 80 all'ora e passa un pò la poesia...io e Ste rendiamo il pomeriggio piccante dando vita ad un duello sul filo dei 90 orari su un pezzo con carreggiate larghe 5 metri dove una moto sportiva potrebbe viaggiare a 200. Noi come due poveri imbecilli ci ingarelliamo per arrivare primi in cima al passo, e forte della maggior cubatura della mia XT vinco in volata. Una scena patetica, avete presente quando in autostrada insultate i camion che si sorpassano e uno fa i 90 e l'altro i 91? Ecco...
Ad Osh ci rifugiamo a colpo sicuro nella solita TES Guesthouse, dove un anno fa incontrammo Micheal (il giramondo austriaco con il quale sono rimasto in contatto e che spero di avere ospite ad ottobre per qualche giorno di enduro reggiano) e tanti altri viaggiatori in moto.
Questa volta incontriamo solo Jack, un ragazzo di 28 anni inglese che è venuto fin qui in bici ed è diretto in australia. Gran barbone rossiccio, simpaticissimo e buffo da morire quando si mette a raccontare le sue esperienze, lo invitiamo a cena in una specie di ristorante in centro dove Stefano ordina 4 di tutto ancora in preda ai deliri da perdita di peso.
Indovinate chi sono gli unici quattro a fare casino in un locale compostissimo nonostante sia frequentato solo da ragazzi giovani? Mmmmm....
Lacrime dal ridere sul taxi per tornare alla guesthouse, con uno smarrito Giacomo che cerca invano di spiegare al taxista come perdersi per Bishkek, io e Stefano che miagoliamo alle passanti, Jack che pur non capendo una mazza perchè stiamo parlando solo in italiano si unisce ai nostri sfottò al Pastelero.
Come trasformare una giornata noiosa in una giornata niente male.

martedì 12 agosto 2014

LA CINA E' VICINA (copyright Fassone che poi mi si offende)

Posto che Giacomino sta sempre una chiavica, anche se meglio di ieri, io e Stefano oggi cazzeggiamo qui intorno.
Ci alziamo alle 8, facciamo una lunga colazione prendendocela comoda, ci vestiamo e dopo il rifornimento di benzina più caro dell'Asia Centrale (1,5$ al litro che per questi posti è il triplo del prezzo normale) e la spesa al market altrettanto più cara dell'Asia Centrale (2 twix, 2 bottiglie di acqua e un rotolo di carta igienica 7$) malediciamo le tariffe per turisti e ci dirigiamo verso il passo Ak Baital che si trova 60km più a sud in direzione del cuore del Pamir.
Cincischiamo in riva al lago (spettacolare il suo blu turchese incastonato tra montagne desertiche e totalmente prive di vegetazione) facendo sgommate qua e là, ci spacchiamo le braccia su una ventina di km di tole-onduleè appena sotto al passo e una volta in cima durante la pausa per sgranocchiare il nostro Twix veniamo raggiunti da due equipaggi inglesi del Mongol Rally: ovviamente è subito chiaro che sono dei fuori di testa, soprattutto i 3 ragazzi sulla seconda auto (una Daewoo Matiz che arriva in cima strisciando per terra...spettacolari)
Qualche chiacchiera, il riaffiorare di ricordi dell'anno passato quando con altri due equipaggi dividemmo la mitica giornata ad attraversare il fiume con il ponte crollato, e poi ci giriamo  di nuovo verso Karakol per andare a vedere come sta El Pastelero e rilassarci ancora un pò.
Non ci facciamo scappare l'occasione di posare le ruote sul suolo cinese, approfittando di una interruzione del filo spinato che per centinaia di chilometri segna il confine con il Tajikistan. 10 minuti da clandestini in Cina, due sgommate in terra come firma del nostro passaggio e qualche foto rimarranno ai posteri come testimonianza che ci siamo meritati un'altra bandierina da appiccicare sulle valige delle moto. O no? dite che non vale?
Visto che siamo rientrati presto, che Giacomo continua a fare il bonzo nel suo sacco peloso (ma sta meglio, si è magnato pure un cioccolatino) ne approfitto per mettermi in pari con il blog e magari scegliere qualche foto da pubblicare.
Quest'anno è stata molto dura trovare tempo per scrivere, e impossibile trovarne per caricare foto. Vacanza intensa :-)

EL PASTELERO STANCO

Se addormentarsi nell'idillio vissuto ieri è stato dolce, altrettanto lo è stato il risveglio.
Ancora immerso in un dormiveglia più dormi che veglia riesco a sentire qualcuno che nella nostra jurta sta preparando da mangiare. Affettare, soffriggere, mescolare...ed un profumino meraviglioso levarsi nell'aria.
La famiglia che ci ospita fa colazione all'alba, sentiamo bisbigliare e passi ma nulla ci distoglie dal nostro imperterrito sonno.
Che figura...3 maschioni adulti in vacanza che dormono fino alle 8, e qui i bambini di 6-7 anni che si alzano con il sole e dopo aver mangiato qualcosa vanno a pascolare gli animali. Le mollezze occidentali...
La colazione è sontuosa, il frutto di quell'affettare e soffriggere è un piatto di noodles con patate carne ed altre verdure ed il profumo è eccezionale. Peccato che io e Stefano appena alzati proprio non riusciamo a mandare giù nulla di salato e cosi saporito.
Ce l'avessero offerto la sera prima ne avrei spazzolati non so quanti piatti. Peccato...un pò di pane e qualche tazza di tè andranno bene lo stesso.
Oggi siamo finalmente pronti per entrare in Tajikistan. Non male se considerate che avremmo dovuto farlo, secondo programmi, il secondo giorno di viaggio. Ma almeno fino al lago Karakol e al passo Ak Baital vogliamo arrivare, sia per Ste che non ci è mai stato sia per dare un senso ai 150€ spesi per il visto tajiko.
La novità del giorno è che Giacomino rantola perchè sta poco bene...brividi, dolori, malessere diffuso...ci manca anche questa dai, e poi ormai abbiamo avuto tutti i problemi possibili. Si decide comunque di continuare e magari fermarsi poco dopo il confine.
Appena prima della dogana kirghiza (che superiamo in 10 minuti) incontriamo un motociclista polacco con il quale dividiamo un pezzetto di questa strada nella terra di nessuno tra le due frontiere rotta, rovinata, piena di buche e con un guado "a sorpresa" che rischia di far cadere sia Giacomo che Stefano. Io me la cavo senza problemi perchè sono ultimo e Ste mi fa cenno di rallentare.
La pista fa schifo, ma è pur sempre meglio di come la trovammo l'anno scorso quando l'acqua dei guadi era color cioccolato per via della terra rossa di questi monti e quando 200 metri di carreggiata erano praticamente una cascata.
Io continuo a litigare con le "palle di gnu" (il nome che abbiamo affibbiato a queste stupide borse morbide noleggiate con le moto) che su questa motoretta più piccola di quella che avevo prima non ne vogliono proprio sapere di stare ferme. Mi stoppo un paio di volte, armeggio, impreco, tiro cinghie, mollo cinghie, mollo calci. Boh vabbè, alla fine seppur tutte storte le borse stanno attaccate alla moto, tanto basta.
Alla dogana tajika l'anno scorso ci scroccarono 10 dollari con la scusa che ci mancava un documento, questa volta ce li scroccano per rilasciarsi un foglio che certifica che noi e le nostre moto non siamo infetti! Da cosa non si sa, però è molto buffo quando due soldati in divisa con due spruzzini a pompetta ci "lavano" le ruote.
Efficacissimo. Tranquilli, ora stiamo a posto.
La nostra fortuna è stata poter superare tutte queste pratiche con l'aiuto del polacco che parla perfettamente russo e ha fatto il lavoro per noi. In mezzo un'oretta piacevole di chiacchiere su...moto e viaggi, che altro se no?!
Esattamente come nel 2013 l'impatto nel passare dal Tajikistan al Kirghizistan (e viceversa) è sconcertante. Tanto è verde e ricca di colori la terra dalla quale proveniamo, tanto è arido e desolato il Pamir. E i 50 km che ci portano a Karakol, sulle sponde del lago omonimo, sono solo il preludio di 500km di un altopiano che è probabilmente uno dei luoghi più simili alla luna che si possa vedere.
Giacomo non sta bene e decidiamo di fermarci a dormire qui sul lago in una homestay semplicissima ma carina e molto dignitosa. I proprietari sono due signori sui 60 (ma ne dimostrano almeno 15-20 di più) dolci e gentili.
Il paesottolo è squallido, polveroso e lontanissimo da tutto. Sary Tash a nord dista 100km oltre confine, Murghab a sud oltre 120.
Approfittiamo della sosta al pomeriggio presto per rilassarci, dormire un pò, far rantolare Giacomo nel suo sacco a pelo (ha 38.6 di febbre) e programmiamo per domani di rimanere ancora qui per dar modo a El Pastelero di riprendersi un pò perchè il giorno dopo bisogna assolutamente ripartire verso il Kirghizistan. I giorni cominciano a scarseggiare.
Dopo cena (zuppone atomico!) io e Stefano ci avventuriamo al buio, anzi alla luce di una meravigliosa luna piena, attraverso i vicoli di Karakol per andare sulle sponde del lago a fare qualche foto.
Sto entrando nella routine di viaggio, ho sempre bisogno di un pò di tempo per entrare nel mood giusto...peccato che non è come l'anno scorso, non si sta via un mese, quindi quando inizierò a sentirmi in perfetta armonia sarà ora di tornare alla vita di tutti i giorni.
Ma va bene cosi

POESIA. TUTTA POESIA.

Oggi per la prima volta da quando viaggio ho avuto le lacrime agli occhi, mi sono abbassato la mascherina dal casco e ho guidato per qualche minuto in uno stato di sopraffazione da troppa bellezza.
Uno spettacolo come quello offerto dalla vallata ai piedi del Peak Lenin, la vetta più alta del Pamir con i suoi 7134 mt, è probabilmente lo scenario più maestoso sul quale abbia posato gli occhi insieme al Perito Moreno in Patagonia.
Non so veramente aggiungere altro, se non che fortunatamente abbiamo sbagliato strada ed invece di arrivare al campo base degli alpinisti abbiamo svoltato nella vallata precedente ritrovandoci immersi nel verde e nel fumo dei camini delle jurte dei pastori che passano qui i mesi estivi con i loro animali.
Quando ci siamo resi conto di aver sbagliato strada era troppo tardi per tornare indietro nonostante un Giacomo in piena smania di attraversamento fiumi/montagne, ed abbiamo deciso di chiedere ospitalità in una jurta. Siamo stati accolti con un calore commovente, ed abbiamo trascorso la serata insieme a tutta la famiglia riuniti alla luce delle torce intorno al cibo posato su una tovaglia al centro.
E' stato fantastico riuscire a comprendersi al di là delle enormi differenze linguistiche, è stato fantastico ridere insieme a loro, è stato fantastico immergersi nella cultura di questa gente che vive una vita cosi semplice.
E gli occhi dei bambini!! La curiosità per le moto, i loro sguardi cosi adulti in occhi cosi giovani, l'eccitazione per provarsi un casco, le risate quando Stefano mostrava loro sul display della macchina fotografica gli scatti che gli faceva.
Abbiamo cercato di sdebitarci cucinando 3 buste di risotto knorr sulla loro stufa alimentata a cacca secca, con Ste a fare il concorrente di Masterchef Kirghizistan...purtroppo il sapore del riso era un misto tra fuliggine e pentola, ma i due fratelli maschi (Medet e Kairat) hanno apprezzato comunque spazzolando il piatto.
Per noi solo un pò di pane, qualche dolcetto e un pò di anguria. Perchè di bere il latte di cavalla fermentato (e frizzante) o intingere il pane il quella specie di jogurt non se ne parlava proprio, troppo alto il rischio spruzzo!
Notte in jurta dentro i sacchi a pelo e sotto le loro coperte, la stufa a cacca secca lancia gli ultimi raggi di calore, il silenzio totale. Fuori una luna quasi piena rischiare la valle ed i ghiacci del Picco Lenin.
Poesia. Tutta poesia.

venerdì 8 agosto 2014

QUESTA E' STATA DURA

E' tardissimo e sono in coda ad una giornata densissima di emozioni ed accadimenti per cui non so da dove iniziare.
Vado a ruota libera: ci svegliamo alle 7 un pò perchè fa luce, un pò perchè Giacomo scassa la minchia, un pò perchè ieri sera un pastore a cavallo ci ha promesso che stamattina a quell'ora ci avrebbe mandato un camion per portare a valle la moto.
Secondo l'ormai ritrito adagio di non fidarsi degli orari dei kirgizi io vorrei starmene ancora dentro il mio sacco a pelo ma El Pastelero calcia e sbraita per cui tanto vale...
E' inutile che vi dica che camion...
Stefano si mette al lavoro sulla mia moto che intanto ha finito di pisciare benzina: smontando il serbatoio ci accorgiamo che il danno è di lieve entità, nella caduta la pancia in metallo del serbatoio ha urtato il rubinetto della benzina il quale piegandosi di qualche grado ha sforzato la sua sede e non fa più tenuta.
Niente che un'oretta di lavoro ed un pezzo di gomma ricavato da una camera d'aria e modellato a mò di guarnizione non possano risolvere brillantemente!!! Evvai!!!!
Ovviamente quando ripassa il pastore (saranno tipo le 9 ormai) gli diciamo che il camion non serve più perchè la moto si accende e non perde.
Questo attacca a chiedere soldi non si sa per cosa, fruga nei nostri attrezzi e mentre sono distratto un attimo urta con il cavallo la moto di Stefano (appositamente) per farla cadere. Sempre con quel suo cazzo di sorriso beffardo stampato in faccia a prenderci in giro. Mostra in muscoli, fa gesti minacciosi, e d'improvviso afferra (sempre stando a cavallo) lo zaino di Giacomo che mi precipito a recuperare rifilandogli una sfilza di maledizioni che se gliene piglia anche una sola il suo cavallo avrà di che divertirsi.
La cosa ci innervosisce oltremodo. Facciamo i nostri bagagli e ci vestiamo alla veloce e saltiamo in moto. Ma...(eddai con questi ma...)
Innestata la prima la mia moto non ne vuole sapere...in folle tutto ok, in prima fa 10 metri a fatica e mi muore tra le mani.
Noooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo.
Armeggiamo con il cavo della frizione ma non ne usciamo. E siamo di nuovo completamente bloccatti, con in più uno stronzo che fa avanti indietro nella collina sopra di noi spostando la sua jurta (che gli cascasse in testa) e che vedendoci di nuovo bloccati ci piglia per il culo.
Dobbiamo sbloccare la situazione a tutti i costi. Giacomo parte in esplorazione in moto, con mille nostre raccomandazioni di non perdersi se no siamo oltremodo nei guai, e a me e Stefano non rimane che metterci all'ombra della sua moto ad aspettare, difendendoci dal sole che picchia forte.
Giacomino torna dopo un'ora dicendoci di aver trovato un camion che può portarci a Gulcha (dove però non ci sono meccanici se non da auto) o a Osh che è una città molto grande dove so esserci Patrick, uno svizzero che noleggia moto Yamaha e magari può aiutarci a sistemare la mia.
Passano due ore e si presenta un tizio con una jeep Pajero che, evidentemente fiutando l'affare e volendo intascare i nostri dollari, dice in maniera dissennata che vuole caricare la moto sul fuoristrada. Quando gli facciamo notare che dentro li non ci va manco morta, soprattutto perchè non riesce a togliere i sedili, lui ci propone di metterla sul tetto!!!! No ma...vi rendete conto di 'sto tizio? Questo per 80 dollari voleva mettere due quintali di moto piena di spuntoni di metallo sulla cappotta della macchina.
Quando rispettosamente gli abbiamo fatto presente che avrebbe preso 80 dollari e ne avrebbe fatti 3000 di danno all'auto questo ha smesso di parlare e ci ha mollati li. Questo stronzo che aveva prima promesso di mandarci un camion, poi è venuto lui ci molla li. Nel nulla.
Quel povero cristo di suo figlio di 14 anni che parla un discreto inglese e ci aiuta nella traduzione si trova in mezzo a noi stupefatti dal comportamento di questo idiota e suo padre che è imbecille ma pur sempre suo padre.
A un certo punto quando è troppo lo mandiamo a quel paese e ce ne andiamo decisi a trovare un'altra soluzione.
Parte Stefano, incazzato come una pantera, per cercare un altro camion. E lo trova, anche se deve trascinarlo a viva forza al nostro accampamento fermandosi ogni chilometro a convincere l'autista riluttante il quale, appena prima di arrivare da noi si ferma nella casupola dell'idiota con il Pajero ed il prezzo improvvisamente passa da 100 a 150 dollari (con evidentemente 50 dollari di "stecca" per Mr Pajero)
Quando ci dicono di questo nuovo cambio di prezzo diventiamo delle belve, ma consci che sono ormai le 15 e le soluzioni stanno per finire e che non vogliamo stare ancora qua circondati da queste persone che non stanno facendo niente per aiutarci..anzi, ed un pastore ostile nei dintorni accettiamo malvolentieri.
Non tanto per la cifra, quanto per la disonestà dei comportamenti.
Leghiamo moto e miei bagagli nel cassone, io salgo con l'autista e il ragazzino che parla inglese e iniziamo la lentissima discesa dalle montagne che fortunatamente fila via liscia.
Il ragazzino è meraviglioso, vuole esercitare il suo inglese e mi fa mille domande, parliamo e parliamo, vuole sapere dell'italia, dei viaggio che ho fatto, delle moto, è curiosissimo e molto intelligente.
Troviamo il modo di fermarci a discutere anche con una specie di poliziotto in borghese che ferma Stefano e Giacomo e si piglia il passaporto di quest'ultimo dicendo che dobbiamo seguirlo il caserma per accertamenti e forse una perquisizione dei bagagli. Per fortuna dopo qualche chilometro che seguiamo lui e le moto lui si ferma, prende gli estremi dei passaporti su una agenda (mah) e ci lascia andare con un sorriso. Tutto sotto gli occhi di sua madre che stava in macchina.
MAH. E POI MAH!!
I 120 km fino  a Osh sono di una lentezza esasperante perchè quello che guida deve avere i tendini del piede destro difettosi e  non accelera, riceve 10 telefonate al minuto, saluta tutti quelli che passano per strada...insomma una pena. Metteteci poi che: Osh è gigantesca e incasinata, io ho ricevuto l'indirizzo di Patrick (lo svizzero) via sms ma il mio GPS oltre che scarico non trova la via, taxi da seguire fino a destinazione non ne troviamo...ecco, immaginatevi noi che vaghiamo per Osh fino a quando Patrick compare all'orizzonte e ci rintaniamo nella sua residenza/officina.
Ora siamo in un hotel che pare preso dalla pagina Facebook "degrado post sovietico", ma almeno c'è un letto, acqua per lavarsi e internet che mancava da diversi giorni.
Domani facciamo programmi nuovi, la Wakhan e la Bartang Valley in Tajikistan sono definitivamente tramontate...che sfiga mondiale. Tutte in questo viaggio.

STAVOLTA E' TOCCATA A ME

la signora della guesthouse di kazarman è veramente una rompimaroni, fissata con la pulizia...e noi siamo l'esatto opposto della pulizia con i nostri vestiti da moto impolverati che la mandano ai matti.
Abbiamo anche la conferma, data dall'esperienza dell'anno scorso, che tutti i cessi di Kazarman puzzano da morire...
Ci mettiamo in moto verso le 8 e ci si para subito davanti il passo che l'anno scorso ci fece impazzire sotto il diluvio. Questa volta c'è un sole che spacca, e infatti ce lo togliamo di torno rapidamente, più di quanto avessi osato sperare.
Sempre con il miraggio di arrivare entro sera a Sary Tash, alle porte del Pamir e del Tajikistan, ci affrettiamo sulle strade sempre più trafficate intorno a Jalal Abad. Fa caldissimo e contrariamente a quanto fatto nei giorni scorsi ci concediamo una pausa di un'ora per mangiare.
Dovremmo in teoria buttarci nel traffico di Osh per imboccare la strada veloce che in 200km ci porterebbe a destinazione, ma a casa di Memo nei giorni scorsi  Sambor mi aveva indicato una pista che taglia tra le montagne e permette, oltre a godere di paesaggi fichi di tagliare parecchi chilometri ed evitare il fuoco della valle di Fergana (dove si trova Osh).
Imbocchiamo agevolmente questa deviazione, trovandoci a spaccarci ossa e ammortizzatori su una pista veloce ma piena di sassi cementati nel terreno che fanno saltare le otturazioni.
Ci fermiamo un attimo per bere e tirare fiato, quando fermo un camionista per chiedere conferma della direzione presa. E mi dice che la strada è chiusa.
Ne fermiamo un altro. Idem.
Ancora uno. Anche.
Checcazzo.
Nel mentre dalla casa accanto alla quale ci siamo fermati esce un uomo che ci dice che la strada per Gulcha è quella minuscola li a destra...incredibile, ci siamo arrestati esattamente in quel punto! Oh un colpo di culo ogni tanto non fa male eh.
La imbocchiamo non troppo convinti perchè è veramente una traccia minuscola, continuando a chiedere a tutti quelli che incontriamo se Gulcha è avanti. Lo scenario diventa via via più spettacolare, ci ritroviamo a salire montagne sulla cui cima le traccie scompaiono e tocca cercare dove proseguono. I prati sono punteggiati nuovamente di jurte e mandrie di cavalli...un sogno.
Si certo un sogno a parte la mia moto che pare avere problemi alla frizione che stacca male e mi rende la vita abbastanza difficile. Ma qui certo non c'è un meccanico che possa aiutarmi, vedremo cosa fare stasera quando arriveremo a destinazione.
Ogni tanto siamo convinti di dove stiamo andando, ogni tanto ci perdiamo. E' davvero difficile. Decidiamo di complicarci oltremodo la vita imboccando l'ennesima traccia che sembra portare da qualche parte, ma percorsi 100 metri ci rendiamo conto di essere nei guai...questo sentierino largo due spanne è scavato nel fianco del pendio, a destra scende ripido fino a fondo valle e avanti pare non esserci alcuno sbocco che persone sane di mente potrebbero decidere di scoprire.
Attimi di paura. E adesso? Ci consultiamo qualche istante perchè pare che andare avanti sia folle (e lo è certamente), e tornare indietro piuttosto complicato visto che siamo in leggera discesa. Decidiamo di appoggiare le moto su un fianco per cominciare a spingere all'indietro Giacomo, ma dopo qualche metro ci rendiamo conto che lo sforzo è improbo...senonchè Giacomino estrae un barlume di saggezza e ci spiega come far ruotare le moto su se stesse (ovviamente a forza di braccia e sacramentamenti vari) in quel micro spazio. E incredibilmente funziona. Certo...ci perdiamo un'ora e svariati litri di liquidi corporei ma almeno abbiamo rimediato alla situazione spinosa.
Ma...
Tempo 10 minuti e la strada ci scompare davanti. Letteralmente. Ci ritroviamo su un panettone erboso senza alcuna minima pista da seguire. In nessuna direzione...girovaghiamo come ubriachi ma niente. Di niente. Di niente. Fortunatamente incontriamo un uomo intento a sposare cose con il suo carretto trainato dal cavallo, che ci fa ampi cenni che la nostra "strada" si trova dietro ad alla riva del torrente e dopo svariati minuti di "qui? ma qui non c'è niente! eddai!! ah ecco..forse..." troviamo un sentierino.
Stefano si ribalta a due allora smadonnando santi non ancora nati. La moto si ingolfa. Pugni al serbatoio e poi riparte.
200 metri e mi scasso io. E mi ribalto letteralmente con la moto a testa in giù e tutto quanto...complici i problemi alla frizione che non mi mollano la moto mi si spegne in un tratto lento, urto un sasso con la ruota davanti sorpreso dallo scarto improvviso e la moto mi finisce a testa in giù in un pendio erboso. Io riesco a divincolarmi come un gatto riuscendo a non rimanerci sotto ma finendo in una pozza di melma che sembra messa li apposta per attutire il mio atterraggio.
Stefano e Giacomo corrono ad aiutarmi immediatamente, raddrizziamo velocemente la moto e con grande sconforto vediamo che perde benzina a rotta di collo dalla parte bassa del serbatoio. PORCA TR....!!!!
Uno specchietto sta in mezzo alla melma, un pezzo di carena posticcia spaccato in terra. Io niente di niente, nemmeno un graffietto.
Bon...siamo fermi. Sono le 19.15, il sole sta per tramontare e siamo nel mezzo del nulla più totale. Abbiamo finito l'acqua da ore e il primo pensiero e correre al ruscello a prenderne quanta più possibile con tutti i contenitori che abbiamo per poi potabilizzarla con le pastigliette di cloro. Farà un pò schifo ma la sete è tremenda.
Consci che stasera non potremo fare niente organizziamo il campo con tende sacchi a pelo e una bella cena a base di riso knorr e ci godiamo il tramonto e la luna che rischiara a giorno la nostra montagna verde.
Il morale tutto sommato è buono, ma come ogni sera tocca rivedere la tabella di marcia. Il viaggio nella sua idea originale si fa sempre più un'utopia...

KAZARMAN - UN POSTO DOVE CREDEVO NON SAREI MAI TORNATO

Vi devo svelare un segreto: mi sto facendo odiare dai miei due compagni di viaggio perchè russo come un demonio. Eppure è strano...io non mi accorgo di niente, anzi penso che sia Giacomo a rompere visto che russa pure lui.
Ma tant'è, è il prezzo da pagare per viaggiare con un simpaticone come me. E poi vedo che ancora mi rivolgono la parola per cui secondo me esagerano.
Russate a parte. Ci rimettiamo in marcia presto ma non prestissimo, dovrebbero mancare da 20 ai 100 km a Naryn (ve l'ho detto che non bisogna chiedere indicazioni ai kirgizi, e comunque alla fine saranno 80 esatti) e come colazione motociclistica non c'è proprio male; seguiamo le gole create dal corso del Piccolo Naryn (che poi diventa semplicemente Naryn e prosegue fino all'estremo est del paese) sempre tutto su strade sterrate.
La moto di Giacomo soffre sempre di problemi di carburazione ma tossendo continua a procedere, la mia invece patisce la benzina da 80 ottani ingoiata ieri sera a casa di quelli che ci hanno ospitato. Mi trovo spesso a dover scalare marce per trovare potenza e mi impiccio un pò, complice anche la mia cronica necessità ogni giorno di sciogliermi un pò macinando chilometri.
La temperatura si fa via via più calda e la strada sempre più polverosa e soffocante tanto che man mano tendiamo ad allontanarci uno dall'altro per trovare respiro. Il problema è quando tocca sorpassare altre vetture o camion, praticamente un tuffo nel buio sperando che dall'altra parte non venga nessuno o non ci siano buche e cumuli di ghiaia perchè fino a quando non si arriva accanto al mezzo da superare la visibilità è prossima allo 0,5.
Sosta veloce a Naryn per cambiare soldi in banca e fare il pieno e partiamo per Kazarman. Questa stessa tappa l'abbiamo già fatta io e Giacomo l'anno scorso insieme ad Andrea, ma in senso contrario: sappiamo che è facile e scorrevole.
E abbastanza pallosa.
100 km di asfalto fino a Baetov scorrono noiosi, poi inizia la polvere. LA POLVERE CRI..BBIO!! Si guida veloci su piste facili ma che costringono a stare sempre svegli perchè bisogna stare nei solchi degli pneumatici delle macchine per andare sul velluto, ma quando si esce di li la ghiaia è un poco più spessa e le sbandate a 80/90 all'ora fanno sempre diminuire il diametro del posteriore. No...non della ruota posteriore...ecco.
Attraversato il ponte sul Naryn si ricomincia a salire in ampi curvoni, tra montagne che sono dei giganteschi calanchi (tipo le colline di casa mia, ma all'ennesima potenza e per 200 km consecutivi) che ogni tanto si accendono di rosso fuoco.
In cima al passo ci fermiamo perchè il panorama si apre a perdita d'occhio: io e Giacomo ci ricordiamo bene di questo posto, anche l'anno scorso ci fermammo qui.
Attirato dal rumore delle moto si avvicina a noi un pastore a cavallo, e lo riconosco immediatamente come l'uomo che incontrammo qui 12 mesi fa!! Gli mostro il video che tengo sul telefono, quello dove ho raccolto quasi tutti gli incontri fatti con la gente, ma lui non si riconosce anche perchè la ripresa era fatta da un pò lontano. Ma è lui, ne sono certo.
Kazarman ormai è vicina, rimangono una ottantina di chilometri che diventano via via sempre più pesanti e stancanti...queste non sono moto adatte alle lunghe percorrenze e alla lunga scomodità, vibrazioni e scarsa abitabilità fiaccano il corpo. Sono stanchissimo io, non oso immaginare gli altri due su quei trabiccoli.
E' vero che nella guida in fuoristrada sono due spanne sopra la mia Tenerè, ma io non farei proprio cambio.
Tornato sull'asfalto smetto (stupidamente) di controllare ogni tanto nello specchietto il compagno che mi segue, e quando lo faccio e non vedo nessuno rallento...rallento...rallento...mi fermo. E aspetto. Ma non arriva nessuno.
Preoccupato faccio una ventina di km a ritroso, sempre più in ansia fino a quando non li rivedo. Stefano ha fatto una scivolata stupida nell'ultimo tratto di ghiaia, e quando ha rialzato la moto questa non ne voleva più sapere di partire.
Lui sta perfettamente, solo una bottarella all'anca, la moto sta anche meglio perchè non ha nulla.
Meno male che Kazarman arriva perchè siamo veramente cotti, e il caldo picchia forte.
Il mio ricordo di questa brutta cittadina è piuttosto forte: l'anno scorso ci siamo arrivati dopo tantissimi chilometri di fuoristrada fatti sotto una pioggia battente, un passo a 3200 metri immerso nelle nuvole, acqua  fin dentro le mutande, freddo.
Oggi non sembra nemmeno lo stesso posto. E domani saprò anche se il bagno di questa casa puzza come quello della casa di fronte dove abbiamo dormito lo scorso anno. Uno dei ricordi più indelebili di tutto il viaggio.
Domani tentiamo l'attacco a Sary Tash, sarebbe fondamentale arrivarci per riuscire a stare nella tabella di marcia serrata che ci stiamo imponendo per recuperare il tempo perduto.

MONGOLIKISTAN

La cosa più dura di oggi credo sia stata alzarsi.
Avevamo intenzione di farlo ancora alle 5 ma la stanchezza accumulata lavorando come matti ieri sera fino alle 2 (e oltre, visto che prima di andare a letto ho voluto scrivere sul blog per aggiornarvi) ha vinto. E Stefano che è il più mattiniero di tutti ha faticato per sbrandarci alle 7.
Lui e Giacomo devono selezionare i già risicati bagagli perchè le 2 honda XR sono ancora più piccole della mia Tenerè e hanno un telaio posteriore molto esile per cui non è possibile caricare troppo. Sono delle moto da enduro, non certo pensate per viaggiare.
Queste honda hanno un altro piccolo problema...l'avviamento non è elettrico ma con il kick start (il pedale insomma) e Stefano diventa rapidamente il boss dell'avviamento a calci e si auto nomina tutor di Giacomo che invece si sconocchia la tibia più e più volte. Sarà un leit motiv che si ripeterà tutto il giorno, con Fassun ad alternare pacche sulle spalle, incitamenti e parolacce.
Vabbè, partiamo. E partiamo davvero. Stefano già uscendo dal cancello raddoppia la strada percorsa in questi giorni, Giacomo calcia il kick starter a caso, io fungo da stazione di servizio ambulante caricando l'olio motore che gli altri hanno dovuto scartare.
Costeggiamo l'Yssyk Kul per una settantina di km prima di piegare verso sud, verso le montagne. E' incredibile come nel giro di pochissimi chilometri passiamo dall'acqua blu ad una larga pista di montagna che sale tra pareti di rocce conifere e torrenti. Come se si passasse dalle spiagge della Sardegna alla Valle d'Aosta in 10 chilometri!
Ovviamente non può essere tutto cosi idilliaco, facile. Infatti un grosso temporale gira sopra le nostre teste e ci scarica addosso qualche tonnellata d'acqua...e io come al solito deficiente che sto ad ascoltare Giacomo quando dice che "si ma mettiamoci solo la giacca antipioggia, i pantaloni no dai...". Risultato mutande inzuppate dopo 5 minuti...
La strada è larghissima e perfetta perchè è quella che porta ad una grossa miniera d'oro (credo sia quella di Khumtor), e lo capiamo soprattutto dai tanti enormi autoarticolati che la percorrono carichi di carburante e pneumatici colossali per i camion che trasportano roccia e minerale.
Saliamo e saliamo, il freddo aumenta ad ogni tornante che ci porta fino ai 3840 metri del passo Barskoon dove ci fermiamo per tentare di migliorare la carburazione delle moto che hanno faticato non poco ad arrivare fin qua. Gli ultimi chilometri sono stati penosi, percorsi sgasando e scalando marce di continuo cercando di non farle spegnere (ricordate sempre che le honda si avviano a pedale, e fare quello sforzo oltre i 3000 metri è massacrante).
Fiocchi di neve sul passo. Non riusciamo a carburare le moto e decidiamo di ripartire perchè abbiamo freddo.
Dalle info che ci ha dato Sambor nei giorni scorsi dovremmo prendere una pista che taglia a ovest verso Naryn, ma commetto un errore e dico agli altri di seguirmi su una che si trova appena 200 metri dopo e cosi facendo percorriamo una trentina di chilometri in direzione sbagliata sprecando benzina e almeno 2 ore..se non di più.
Chiedendo qua e là a persone che probabilmente non hanno mai visto una mappa e nemmeno si sono spostate di 10 km in vita loro troviamo quelli che ci danno la dritta che ci serviva. Torniamo indietro e imbocchiamo questa pista stretta e molto rovinata, che in circa 40km dovrebbe portarci prima ad Archali e poi a Naryn.
Dopo ore perse a fare congetture su quale tra le tante piste che si intravedono tra le montagne sia la nostra, sapere di essere finalmente sulla strada giusta ci conforta e ci gasa.
Le moto si comportano benissimo, anche la mia che è quella più turistica tra le tre, digerisce sassi buche e sconnessioni senza fare una piega.
Da qui in avanti iniziano 6-7 ore di puro orgasmo motociclistico e naturalistico, perchè man mano che passa il tempo lo scenario che ci si para davanti diventa sempre più epico, aprendosi in vallate immense ricoperte di erba alta pochi millimetri solcate da fiumi che scendono dai ghiacciai che stanno sopra le nostre teste.
Ovunque corrono libere mandrie di cavalli, il silenzio è totale e non incontriamo praticamente nessuno se non qualche pastore a cavallo...la Mongolia non è qui, ma è come se lo fosse. Anzi..lo è.
Dopo giorni di città, traffico e garage il Kirghizstan ci mostra il suo lato più commovente e spettacolare, ripagandoci di tutte le bestemmie e le arrabbiature.
Pubblicherò appena possibile qualche foto per cercare di darvi un'idea seppur lontana dell'incanto, ma mi spiace per voi...nessun video o immagine potrà farvi rendere conto di cosa è voluto dire stare qui oggi.
All'imbrunire, ancora lontani da Naryn, tutti in riserva sia di benzina che di energie ci fermiamo in questo villaggio dal nome impronunciabile dove troviamo tutto quello che ci serve a casa di una famiglia kirgiza: carburante, una  zuppa calda e coperte buttate per terra.
Sarà che abbiamo credito da recuperare, ma la benzina l'abbiamo chiesta ad una giovane ragazza, Gula, che è probabilmente l'unica persona nel raggio di 100km che parla inglese, il che semplifica enormemente le cose...
Oggi gran bella storia, una giornata da mettere nell'album dei ricordi più belli.

lunedì 4 agosto 2014

MAI 'NA GIOIA

Vi dico solo che scrivo dal cellulare all'1.42 di un giorno iniziato alle 4.50. PORCA TROIA.
Abbiamo messo la sveglia all'alba per partire alle 6 e recuperare il giorno perduto ieri, ma ve la faccio breve: la moto di Stefano ha fatto 3 metri ed é morto qualcosa dell'impianto elettrico, la moto di Giacomo aveva la batteria kaputt e la mia non partiva. 
Quindi dopo 2 ore di bestemmie e dopo avere sbrandato il povero meccanico Vadim che ha provato a risorgere inutilmente la moto di Fassun, abbiamo preso questa decisione: dare per persa la moto di Stefano, cannibalizzare la sua batteria per far partire Giacomo, e fare il pieno alla mia moto :-)
Destinazione Karakol, 400km a est (in direzione contraria ai nostri proposito quindi) per andare a recuperare due Honda XR400 che Memo ha nell'altra guesthouse.
Partiamo e dopo 200 mt Vadim (che porta in macchina uno Stefano giustamente furioso) si ferma: ha dimenticato gli occhiali da sole..porc!! Torna tutto ciancicato e sanguinante perché nella fretta e nella corsa é inciampato e si è scartavetrato sull'asfalto. Povero...
Per coprire i 400 km per Karakol servono 9 ore NOVE!!! Un pò perché Vadim guida come un vecchio con il cappello, un po perché Giacomo al km 80 sale in macchina con Stefano perché il suo teneré defunge miseramente a bordo strada ed emula il suo GS tornando mestamente a casa su un carro attrezzi.
Rimango io, stoico e solo come un cane, a guidare 'sto robo che non gasa, non frena, non mota. Ma inspiegabilmente va.
Ah dicevo...le 9 ore...percorriamo una strada che sapevo già essere terribile, la sponda nord del lago Yssyk kul, una sorta di riviera romagnola ancora più brutta, trafficata, inquinata, con le cocomere al posto delle piadine, e con una inspiegabile e snervante processione di mietitrebbiatrici che ogni tanto appaiono per creare code infinite.
Mi annoio da morire a seguire Vadim per cui dopo un po rompo gli indugi e lo passo per fare strada per conto mio, anche se é una palla atomica e qui i Kirghizi guidano come cani.
Solo gli ultimi 80 km prima di Karakul risollevano la giornata, tra campi di grano e le avvisaglie delle montagne altissime che qui si innalzano fino a diventare il Tien Shan cinese.
Ci accasiamo nell'altra guesthouse di Memo, e aspettiamo che Vadim ci venga a chiamare: non penserete che la nostra giornata sia finita eh?
ARIPORCATROIA!!
Sulle due XR400 bisogna assolutamente sostituire le gomme e montare i serbatoi maggiorati: taglio corto perché sono ormai le due e tra tre ore suona la sveglia. Lavorando prima in un garage senza luce, con pochi attrezzi, poi in 5 in 10 metri quadrati, smadonniamo i santi di tutte le religioni perché ai serbatoi mancano o le viti, o un tubo, le camere d'aria si incastrano, le gomme non si montano....si fa mezzanotte passata e con l'ultima gomma andiamo da un gommista che lavora 24/24, ma nemmeno lui con il macchinario da gommista riesce!
Siamo fottuti insomma. MA!! C'è (quasi) sempre un ma!!
Vadim va a chiamare suo padre che é un minatore in una miniera a cielo aperto, e ha dita grosse come le mie cosce. In 5 minuti aggredisce la gomma e con le sole leve di ferro riesce dove uno smontagomme pneumatico ha fallito. E in più si inventa una guarnizione per uno dei serbatoi supplementari.
Insomma...boh...dai domani dovremmo partire. Ma ormai non sappiamo se riusciremo a fare ciò che avevamo programmato.
Ogni giorno é una sorpresa, prendiamo quel che viene, noi come sempre ce la mettiamo tutta


domenica 3 agosto 2014

DECOMPRESSIONE 2.0 - MÒ BBASTA

Ecco questo non era in programma...sapevamo che le moto non erano perfette ma non avevamo messo in conto di dover perdere un intero giorno a causa del ritardo della carenatura in vetroresina che chissà quale indolente operaio di Bishkek sta realizzando per noi...
Nonostante ci avessero detto che sarebbe arrivata alle 12 sapevamo che il ritardo era dietro l'angolo...ma di ritardo in ritardo, di vite in vite, di fascetta in fascetta si sono fatte le 18 e quindi la decisione di non partire, per non dover fare solo pochi km prima che cali il sole.
La giornata quindi é scivolata via tra sigarette té e bestemmie, parzialmente lavate via da un mini tour di Bishkek ad opera di Sambor e sempre in compagnia del buon Paul Stewart.
Bishkek é sovietica: piazze gigantesche, statue di Lenin, guardie impettite a proteggere la bandiera del paese.
Ma anche una ragazzina kirgiza con velo e una lunga gonna che pattina felice e sorridente sotto la statua gigantesca di Manas, eroe popolare. 
Domani si punta verso Osh, e oltre in direzione Sary Tash.
Inshallah

sabato 2 agosto 2014

DECOMPRESSIONE

Ed eccoci qui, di nuovo a casa di Memo a Bishkek, un anno dopo esserci fermati in sella ai nostri GS.
L'anno scorso il cuore del viaggio era alle  nostre spalle, le montagne, i passi, i laghi erano già storia. Ora invece ci ritroviamo qui a cazzeggiare nel suo giardino in attesa di partire.
Succede che dobbiamo attendere domani per metterci in strada a causa di alcuni danni che le moto che stiamo per noleggiare hanno subito settimane fa nel trasporto dall'Italia. Un paio di carenature che proteggono la strumentazione si sono sbriciolate e domani mattina dovrebbero (il condizionale è d'obbligo da queste parti) arrivare qui ed essere montate.
Ammetto che anche se il programma iniziale era di arrivare stamattina alle 4.00, fare un riposino, caricare le moto e partire, rimanere qui a cazzeggiare dopo esserci svegliati tardi ci voleva.
Serviva un giorno cuscinetto tra la delirante vita quotidiana e le fatiche che ci aspetteranno nei prossimi giorni, una sorta di decompressione per adattarci ai ritmi più pacati e blandi tipici di un viaggio.
Va detto peraltro che la compagnia con la quale ci ritroviamo a dividere le ore è tra le migliori che poteva capitarci: uno è Sambor, uno dei più titolati e avventurosi viaggiatori che a chiunque possa capitare di incontrare. L'avevamo già incrociato l'anno scorso a Sary Tash, ma stavolta ci va di lusso e abbiamo modo di poter chiacchierare a lungo sia del nostro viaggio, sia dei tour avventura che ora lui organizza per professione dopo aver lasciato la sua carriera di giornalista in Polonia.
Qui in Asia Centrale non c'è strada, curva, buca o sasso che lui non conosca, e stasera a cena contiamo di prendere parecchi appunti utili per i giorni a venire.
E poi ecco...sta organizzando un viaggio per la prossima estate, dal Kirghizistan al Tibet e ritorno...che dite, come sto messo ad eccitazione in questo momento??
L'altro compagno della nostra giornata è Paul, uno che è in giro per il mondo in moto da solo da tre anni...robetta...e che ha intenzione di rimanerci per altri cinque...mioddio. Solo per farvi capire a che ritmo sta vivendo la sua vita: noi da qui l'anno scorso siamo arrivati in Italia in 13 giorni. Lui ha intenzione di arrivarci ad ottobre 2015!! 
Stefano che è già amico di tutti, sta organizzando di andare insieme a lui a fare la Via del Sale (una lunga rete di strade sterrate al confine tra Italia e Francia) quando passerà dalle nostre parti.
La serata promette bene, i bagagli sono ormai fatti,le mappe pronte per essere spiegate, credo che birra in frigo ce ne sia...siamo a posto no??
Ah! Dimenticavo: c'è stato il momento dramma pomeridiano. Quando ci hanno mostrato le nostre 3 moto ci siamo immediatamente accorti che due hanno gomme da enduro nuove, ma una ha delle gomme intermedie anche piuttosto consumate...è scattata quindi la riffa, con tanto di estrazione della fascetta più corta, per decidere l'ordine di prelazione nello scegliere chi prende quale moto.
Ovviamente pescare la fascetta sminchiata voleva dire acchiapparsi quella sgommata. 
Bè ragazzi...la faccia di Stefano quando ha preso la fascetta sbagliata è stata un misto tra commiserazione, disperazione, previsione di un nero futuro e orrore. Inutile dire che io e Giacomo (maldestramente adulato da Stefano per cercare di acquisire il suo diritto di prelazione) abbiamo abusato di questo stato di prostrazione per diversi minuti...salvo poi convincere il buon Memo a metterci gomme nuove anche su questa e far tornare il sorriso al malcapitato.
Sta cantanto il muezzin, io Sambor e Paul armeggiamo sui nostri computer, la moto di Sambor giace sdraiata sul selciato con pezzi di cambio sparsi ovunque, Giacomo e Stefano credo stiano amoreggiando da qualche parte tra gli alberi da frutto (chissà se El Pastelero gli ha già raccontato di quella volta che ha fatto il bagno nell'Eufrate..).
Bella storia...davvero bella storia. Questo è il mio mondo.
E la poca voglia di partire che mi attanagliava i giorni scorsi si è sciolta come neve al sole.

venerdì 1 agosto 2014

GENTLEMEN...START YOUR ENGINES!!

Mai come questa volta arrivo al giorno della partenza così affannato, così poco dentro all'atmosfera del viaggio.
Eppure sappiamo di dover partire da mesi...ma c'è sempre altro da fare, altro a cui pensare, il telefono che suona, gli amici da vedere, i magoni da metabolizzare, il cervello da lasciare riposare qualche minuto. 
E passano le settimane una attaccata all'altra, ogni tanto hai un'ora di concentrazione e apri una mappa. Guardi e riguardi un video su youtube, permetti al tuo "io" selvatico di uscire a fare un giro e prendere una boccata di ossigeno.
Ma poi nel quotidiano ci ricadi...eeeeh si che ci ricadi.
Oggi finalmente ho potuto cancellare dall'agenda le ultimissime cose che mi mancavano; ultime tra le ultime ma non per importanza le camere d'aria che ci porteremo di scorta in caso di forature.
Chiuso l'ufficio mi rimaneva solo di uscire a cena per abbracciare tutti gli amici che rivedrò tra una ventina di giorni, gustarmi un ultimo piatto di tortelli prima di buttarmi a capofitto nella magra dieta centrasiatica e chiudere le borse per potermi concedere mezz'ora di sonno in più domani mattina.
I miei bagagli sono orribilmente in sovrappeso rispetto a quanto concede la compagnia aerea (a proposito, visto che é stato il tormentone di queste settimane...NO!! NON PASSIAMO SOPRA L'UCRAINA!!) e mi aspetto di dover pagare qualcosa in più al check-in. Ma solo camere d'aria e stivali da enduro saranno 10kg...
L'una e quaranta...selfie con le borse che contengono tutto quello su cui potrò contare nelle prossime due settimane e tuffo carpiato nel letto...sono oltre la stanchezza.
Ci vorrebbe uno di quegli intrugli energetici che ogni tanto mi somministra Andrea. Il problema poi é che comincio a nitrire.
Prossimo collegamento da Bishkek a casa di Memo, per la prima presa di contatto con le moto che noleggeremo.
See ya!!

sabato 26 luglio 2014

E ALLA FINE, SENZA RENDERMENE QUASI CONTO...

...é già ora di ripartire.
Keep in touch

domenica 5 gennaio 2014

VIDEO - GLI INCONTRI

VIDEO - IL FIUME

Ogni viaggio ha il suo momento clou, quell'attimo o quel giorno che rimarrà eternamente impresso nella memoria e che ne costituirà la ideale copertina nei futuri racconti agli amici e alla famiglia.
Il climax, l'apice emozionale di questo viaggio e la cosa che mai mi scorderò è stato indubbiamente il giorno trascorso in riva al fiume sulla Pamir Highway ed il suo rocambolesco attraversamento.
24 ore di sorpresa, attesa, rassegnazione, ottimismo, splendore, incertezza, paura, aiuto, stanchezza, meraviglia.
E una bellissima sensazione di apertura, fiducia e condivisione con tutte le persone che in quelle acque ghiacciate hanno arrancato insieme a noi




IL FOTO-FILM

In occasione del Motoraduno della Befana di Correggio abbiamo avuto l'opportunità (grazie al motoclub BMW di Correggio che ci ha invitato!) di mostrare la presentazione foto/video del viaggio in Asia.
E' poca roba, lontanissima da tante cose meravigliose che girano in rete, ma è la nostra e l'abbiamo fatta noi e ci abbiamo messo tanto impegno :-)
Purtroppo il meteo osceno di ieri e oggi ha ridotto la presenza di motociclisti dai soliti 2-3000 a poche decine di stoici resistenti...faceva veramente un sacco freddo per non parlare dell'umidità che penetrava le ossa.
E' stato comunque figo incontrare una grande (matta) viaggiatrice come Miriam Orlandi e passare alcune ore insieme a lei a "raccontarcela su"