martedì 3 settembre 2013

SPECIAL THANKS TO...

In ordine assolutamente sparso:


- Luca per non aver smentito Veronica riguardo il menagramo adagio che "Le moto che prepara Casoli non si rompono mai". Anche stavolta percorso netto vecchio mio!
- Luca (ancora) per l'assistenza tecnica telefonica 24/7 e per quella fetta di ram del cervello sempre rivolta al cardano di Giacomo per studiare qualche soluzione. Ah...e per avermi insegnato che esistono gli iniettori...senza quella dritta stavamo ancora in autostrada in Ungheria
- Paolo e la Cri per gli infiniti consigli su qualsiasi cosa riguardo questo viaggio, discussi decine e decine di volte per infinite ore
- Silvano e Dario della New Transport di Roma che ci hanno seguito in maniera impeccabile tutta la parte relativa alla spedizione delle moto. Precisi, appassionati di moto, sempre sul pezzo...grazie!! Se non vi foste ricordati di noi a giugno dopo i primi contatti di gennaio il viaggio non sarebbe mai stato cosi spettacolare.
- Farkhod Rustamov che ci ha aiutato a sdoganare le moto a Tashkent il sabato stesso che siamo arrivati e ci ha offerto gli shashlik più buoni di tutto il viaggio
- Memo e il suo B&B Dolonsky 78 a Bishkek per l'ospitalità, per averci fatto mangiare una pizza come si deve, per le ore di chiacchiere, per l'aiuto quando ci siamo trovati nei guai ad Aktobe e per averci avvertito dell'epidemia di peste bubbonica scoppiata nella zona dell'Yssyk Kul. Memo...ci risentiremo di sicuro, non so quando ma ci risentiremo...la nostra storia con il Kirghizstan non finisce qui!
- Michael Fritz per le infinite chiacchiere a Osh, e per l'ispirazione ad una vita presa più con calma. Tolasùdolsa insomma :-)
- Rafael e Tanja della concessionaria Kol Auto di Aktobe per la simpatia e l'aiuto fornitoci...il meccanico non ha risolto il problema ma non è certo dipeso da loro. Ma vogliamo soprattutto ringraziare Tanja per il tacco 12 e i jeans attillatissimi!
- Evgeni della concessionaria BMW Bavaria di Kiev...lui si che i problemi ce li ha risolti, e ci ha accolti come fossimo i suoi migliori clienti. Evgeni, se mi leggi ricordati della promessa di venire in Italia l'anno prossimo dopo il raduno di Garmish per fare lo Stelvio insieme!
- Cesare! Tifoso numero 1, idolo!!
- I ragazzi inglesi e norvegesi, ed il ragazzo tajiko che non hanno esitato a buttarsi nell'acqua gelata e nella corrente del fiume per aiutarci 
- Haram, suo figlio e il Criceto per aver trasportato Giacomo e il suo cesso di moto per 1800 km, e per aver dato vita insieme a lui ai racconti ed agli sms più esilaranti di tutto il viaggio
- Tutti quelli che mi sto dimenticando di ringraziare, non siete certo stati meno importanti per il nostro successo


Ringrazio infine tutti quelli che ci hanno letto, hanno messo "mi piace", hanno commentato, hanno dedicato un pò di tempo della loro giornata a noi.
Come sempre il più grosso stimolo per fare tardi la notte a scrivere e pubblicare foto è sapere che a migliaia di chilometri di distanza c'è qualcuno che (non si sa come) la mattina mentre si prepara il caffè accende il computer per vedere se abbiamo postato aggiornamenti.

chelabarbasiacontuttivoi

LE VENT NOUS PORTERA

Non ho paura del cammino

Bisognerà vedere, bisogna assaporare
La parte più profonda e oscura di noi stessi
E tutto andrà bene là,
Il vento ci guiderà
"Noir Desir - Le vent nous portera"


Trovare le parole per chiudere un viaggio cosi lungo è sempre molto difficile. 
E' sempre tutto "troppo": troppe le emozioni, troppa la fatica, troppe le esperienze, troppe le risate, troppi i paesaggi, troppe le persone incontrate.
E' complicato trovare le parole giuste per salutare gli amici quando si esce per l'ultima volta dal casello dell'autostrada, il viaggio termina ed inizia la strada della vita di tutti i giorni. Stare insieme per un mese 24 ore su 24 condividendo polvere guai e gioie cementa l'amicizia e crea una forma di simbiosi difficile da tranciare tutta in un colpo.
Servirà come al solito un pò di tempo per rimettere in fase tutti gli ingranaggi, riabituarsi agli orari, alle abitudini di sempre. E servirà tempo per metabolizzare il vissuto, i ricordi sfocati dei primi giorni schiacciati sotto centinaia di piccoli episodi e dettagli che si sono accumulati strada facendo.
Mi sono nuovamente reso conto di quanto mi sento in armonia con il viaggio e la moto, di quanto strappandomi alle sicurezze della vita quotidiana e calandomi in un contesto in cui ogni giorno porta una sfida diversa da affrontare la fiducia in me stesso, l'autostima e l'energia fisica e nervosa crescono a livelli elevatissimi. 
Viaggiare è farmi l'elettroshock
ricordarmi di alzare gli occhi e guardare avanti
di non smettere di sognare
di non lasciar spegnere la curiosità e scoprire ogni giorno qualcosa di nuovo e diverso
di avere fiducia nelle persone e confidare nel loro aiuto
Viaggiare è una droga che dà forte dipendenza.


ciao, ci sentiamo alla prossima dose ;-)









lunedì 2 settembre 2013

(guai) FINO ALLA FINE

Budapest, 6.40.
Ultima sveglia, ultimo impacchettamento dei bagagli, ultima vestizione di tuta stivali paraschiena sporchi di 4 settimane di polvere, fango, sudore, pioggia, insetti e schifezze varie.
Vogliamo partire presto e alle 7.30 siamo già seduti al tavolo della colazione. Una finalmente ricca e appetitosa colazione continentale! E un tostapane :-)
Alla sosta rifornimento subito fuori città la moto di Giacomo tossisce un paio di volte per ripartire, ma niente di strano...capita. Siamo d'accordo di fermarci tra un centinaio di chilometri per controllare il serraggio dei bulloni di ruota e pinza freno posteriori smontate ieri sera, operazione che svolgiamo in una piazzola di sosta in pochi minuti.
Dovendo percorrere oltre 900 km le pause oggi saranno ridotte al minimo, quindi poco cazzeggio e via...Andrea riparte, Giacomo no.
Armeggia con l'accensione, ma di nuovo il motorino d'avviamento gira a vuoto...Riprova una, due, cinque volte ma...niente. Ri-ri-ri-ri-dinuovo-ari-cazzo...non è possibile dai.
E' decisamente una presa in giro.
Ci guardiamo con occhi interrogativi e persi.
Niente, insistiamo ma niente.
Ormai in automatico afferro il telefono e chiamo Luca, che è in moto con Veronica e si ferma per darmi la sua attenzione.
Mi fa scollegare la batteria e resettare la centralina.
Niente.
Proviamo a prendere a calci il motorino d'avviamento.
(tentativo puerile e meramente di sfogo) Niente.
Guidato da Luca smonto una candela, che pare fare il suo lavoro.
Niente.
Smonto prima un iniettore, poi l'altro. Non esce benzina...
Mmmmmmhhhhh....
E' la pompa della benzina. Siamo nei guai, a meno che non sia il modulino elettronico che la comanda, del quale abbiamo il ricambio.
Mi consulto nuovamente con Luca che ci conferma che potrebbe essere li il problema. Nel frattempo è passata più di un'ora, e diverse telefonate. E Andrea che si era fermato qualche chilometro più avanti ha fatto il giro e ci ha raggiunti.
Smontiamo velocemente parte delle carenature della moto per arrivare alla pompa che sta sul lato sinistro sopra il serbatoio. In pochi minuti cambiamo il pezzo e preghiamo.
Chiave su ON.
Attendiamo che il check sia completo.
Vrrroommm...po po po po po...coff....coff...po po po po...la moto si accende (bene!) ma gira malissimo, sembra che vada solo uno dei due cilindri (merd....)
Mi viene un'idea, smonto di nuovo uno degli iniettori e vedo che non sputa benzina. Tentativo del dilettante della domenica...spruzzatina di WD40 (per chi non lo sapesse uno spray che risolve tutti i guai del mondo) e per colmo di fortuna l'iniettore resuscita!!
Rimonto tutto, di nuovo riavviamo e stavolta va una meraviglia!!!!
Grandiiii!! Ci scambiamo pacche sulle spalle soddisfatti per l'ennesima rogna risolta, anche se ci è costata 2 ore. Sono le 12.45, 750 chilometri da fare.
Che volano via, a furia di macinarli a 130 km/h fissi sulle autostrade magiare e slovene...grazie a Schengen neanche mi accorgo di essere entrato in Slovenia :-). Me lo ricorda Giacomo che fa segno di entrare al primo autogrill per acquistare il tagliandino del pedaggio.
E poi Italia! Gioie e dolori...Italia è casa, ma è anche una fauna di italiani che a migliaia intasano l'autostrada, di stronzi che fanno colonna per curiosare un banale incidente sull'altra corsia, di 2 volte stronzi che mentre procediamo a zig zag piano piano in mezzo a questa colonna sterzano per non farci passare come per dire "sto qua io, stai qua anche tu".
Sempre a 130 fissi maciniamo uscite autostradali a ritmo costante...ormai la voglia di rivedere la Simo mi sta spingendo come avessi il vento alle spalle, le ho detto che sono ancora in Slovenia quando in realtà sono a Vicenza perchè voglio farle una sorpresa e raggiungerla alla Festa dell'Umidità dove sta facendo un mercatino di vestiti usati.
Imboccata la Brennero dopo pochi chilometri in mezzo al traffico avvisto in lontananza altre moto. Più mi avvicino più mi sembrano famigliari...poi riconosco la giacca blu puffo di Paolo, l'R80 della Cri, Matte e la Mary, e infine davanti a tutti Luca e la Vero...i miei amici che non vedo da un mese sono li davanti a me per un magico scherzo del destino!!
Uno a uno li affianco tutti, in preda all'emozione per una sorpresa cosi assurda ci scambiamo gesti plateali...taglio bruscamente dentro ad una piazzola e tutti si fermano (tranne Andrea che probabilmente sorpreso dalla mia manovra abbastanza repentina tira dritto).
La Vero è la prima a saltarmi al collo senza nemmeno farmi scendere dalla moto, poi ricordo solo una folla di caschi e tute e abbracci e batticuore!! Fighissimo, emozionante...i successivi 40 km fino al casello di Carpi dove usciamo li ho fatti con il cuore in gola, guardando negli specchietti la moltitudine di fari di moto. Dopo un mese di moto incontrare per caso e motociclisti sconosciuti finalmente rombi di moto amiche :-)
I 5 minuti di chiacchiere al casello diventano un'ora, poi non ce la faccio più...devo andare, devo vedere mia moglie e Giacomo lo capisce dalla fretta con la quale voliamo tra Carpi, Correggio e la tangenziale di Reggio. 
10 minuti di sosta a casa per mollare i bagagli, abbracciare la mamma, e via di nuovo...per arrivare alle spalle della Simo e avere il premio che mi ha sostenuto in tutti i momenti di difficoltà, di stress, di fatica, quando non ne andava dritta una.
Un abbraccio che sa di casa, le sue braccia intorno al collo.
Ok...ora posso dire: ce l'abbiamo fatta.
E voglio subito il più grosso piatto di tortelli che questa festa dell'unità possa offrirci!! :-) 

BUDDHAPEST

La serenità ritrovata dopo la riparazione della moto di Giacomo ci accompagna nella nostra uscita dall'ultimo dei paesi appartenenti al disgregato impero russo.
L'Viv - Budapest è una tappa da 600km che non riserva sorprese o scossoni, se non il secondo maldestro tentativo di poliziotti ucraini di estorcerci qualche soldino 50km prima della frontiera. Percorrendo la veloce strada che attraversa i Carpazi tra boschi montagne e piccoli villaggi ci godiamo finalmente qualche curva dopo 4000 km.
A ben pensarci è dal giorno in cui abbiamo lasciato Bishkek e il Kirghizstan che non facciamo una piega come si deve..da allora solo strade infinitamente dritte, steppa, campi coltivati a perdita d'occhio. E guai :-)
Come dicevo, poco prima della frontiera Andrea viene fermato da una pattuglia con un telelaser. Io e Giacomo seguiamo a poche centinaia di metri, rallentiamo per tempo e ci fermiamo a nostra volta. I poliziotti ci fanno capire che io ed Andrea andavamo forte (i 60!) e che ci devono fare la multa...segue un "offizial o non offizial?"...ovviamente la risposta è "non offizial" che serve per iniziale una trattativa.
Questi cani hanno anche il coraggio di dirci "ah italiano non offizial...mafia!"....ma brutto @## tu mi fermi per spillarmi soldi e dai dei mafiosi a noi? Eh no!!
Tempo 10 minuti e ce li mettiamo in tasca...prima gli dico che voglio vedere la ripresa o la foto di me con la velocità, e guarda caso il laser non funziona bene e non ha registrato. Poi ci chiedono 50€, poi 40, poi 30 sempre senza motivo e senza particolari possibilità di minacciarci. Continuiamo a dire loro che gli unici soldi che abbiamo sono qualche etto di monetine assortite di Tajikistan, Kirghizstan, Kazakhstan e Russia...se vogliono quelle. 
Dopo un pò di tira e molla ci ridanno i documenti e ci lasciano andare. Ecco...questo è come si deve fare da queste parti quando ci si imbatte nella polizia. Stare tranquilli, sorridere, dire che non si hanno soldi, non avere fretta e aspettare che si stanchino loro. Alla peggio fare finta di chiamare l'ambasciata italiana, scriversi i numeri identificativi che hanno appuntato sulle camicie...bluffare insomma. A meno di essere palesemente in torto, allora semplicemente si tratta sulla cifra.
L'uscita dal paese è rapidissima, un pò meno l'entrata in Ungheria ma semplicemente perchè c'è parecchia gente che passa di qui.
Ungheria vuol dire Europa, area Schengen e quindi la fine di tutte la burocrazie, i rischi di intoppi, i timbri, gli indolenti o eccessivamente scrupolosi doganieri, i moduli sempre diversi delle frontiere dell'area ex-sovietica. La benedizione della libera circolazione delle persone e delle merci!!!
Budapest arriva in un soffio, quel poco che riusciamo a vedere prima di arrivare in albergo mi dà la certezza che dovrò tornare per visitarla con calma più avanti.
Noi niente visite turistiche...voliamo in albergo (sono le 20), nel parcheggio sotterraneo dove lasciamo le moto cambiamo l'olio alla coppia conica di Giacomo. Il meccanico della BMW di Kiev si era raccomandato, avendo sostituito diversi pezzi, di fare questa operazione dopo un rodaggio di 1000/1500 km.
Cena in un luogo di ristoranti affollato e turistico ma carino, e prima mozzarella di bufala dopo oltre un mese.
Nanna presto, domani si va a casa e sono 900km...

venerdì 30 agosto 2013

IMPERO RUSSO - ULTIMA NOTTE

...e tra di noi c'era qualcuno (tutti a dire la  verità) convinto che in Russia ed Ucraina avremmo patito un caldo della madonna.
MAGARI !!
Piove, diluvia, scroscia, sgocciola, trasuda il cielo. E fa freddo porca eva! 12-13-15 gradi...oh ma è agosto!!
Anyway...lamentele sul meteo a parte siamo arrivati a L'Viv, 2-300km prima della frontiera con l'Ungheria. Siamo veramente agli sgoccioli, e sono combattuto...ho tanta voglia di tornare a casa dalla Simo, dalla mia famiglia, dai miei amici, dal cibo buono. Ma al tempo stesso domani mattina invece che dirigermi a ovest punterei a nord per attraversare la Russia, vedere San Pietroburgo, le repubbliche baltiche, entrare in Finlandia, passare da Murmansk e poi in Norvegia, fare foto ricordo a Capo Nord, la Atlantic Road e le Lofoten, e poi giù in Svezia, Danimarca, Germania, Svizzera.
Oppure ci starebbe bene un giro del Mar Nero...Georgia, Armenia, Azerbaijan, Turchia, i Balcani...
Cioè insomma...di stare in giro e vedere ogni giorno cose nuove non mi stanco mai e più viaggio più ci prendo gusto.
Abbiamo incrociato un paio di volte motociclisti polacchi (ma quanti ce ne sono in Asia Centrale di polacchi!!!) che stavano tornando a casa da un viaggio iniziato a Vladivostok e passato per la Mongolia (grrrrrr....)....(grrrrrr.....).
Stiamo arrivando, manca poco

giovedì 29 agosto 2013

COME VOLEVASI DIMOSTRARE

Kiev è stata la nostra casa in questi 2 giorni, e confesso che potevano esserci posti peggiori dove rimanere "bloccati".
Lasciata la moto in BMW abbiamo dedicato la giornata di ieri alla visita della città, benedetti da un sole piacevolmente caldo.
Il centro è decisamente bello...ampi viali, un gran numero di chiese ortodosse dalle cupole scintillanti d'oro, palazzi '7/'800eschi. E ovunque un mare di gente per strada, vita, movimento.
Oltre a benedire il Signore per tanta grazia femminile (una costante che ormai dura da Aktobe) e continuare a sgomitarci per richiamare l'attenzione su questa o su quella, ci godiamo una giornata da turisti qualsiasi passeggiando per ore con calma e tranquillità.
Attendiamo nel pomeriggio una chiamata della concessionaria che ci dia l'ok per andare a prendere la moto, e quando arriva ci prendiamo la solita doccia gelata. "sorry la moto sarà pronta domani mattina alle 11",
Ma porca eva, ma che ce ne vada dritta una no? Vabbè...le 11 vuol dire che comunque seppur dovendo fare la solita tirata potremo arrivare a L'Viv, poco prima della frontiera ungherese, come da programma.
Serata in un deserto ristorantino dove azzardiamo (venendo puniti da una cottura indegna) una carbonara da dividere in 3. Ingenui....
Stamattina come da previsioni ci svegliamo sotto una pioggia battente. Attendiamo impazientemente fino alle 11 poi decidiamo di recarci armi e bagagli in BMW per "fare pressing" e partire. Arrivati là con un taxi la brutta sorpresa...la moto non sarà pronta prima delle 14 o forse le 15...
Educatamente facciamo buon viso a cattivo gioco e decidiamo di piazzarci li e attendere. Del resto non abbiamo molte alternative...fatto il check out in hotel e con un meteo simile non possiamo fare altro che ingannare il tempo.
Parliamo a lungo con Evgeni, il ragazzo che ci aveva accolto l'altro giorno e che si occupa delle vendite del settore moto. Ci mostra le foto dei suoi viaggi e di quelli di suoi amici, gli facciamo vedere il nostro blog. 
Proviamo vestiti e giacche.
Saliamo e scendiamo dalle moto esposte fantasticando e vaneggiando di imminenti acquisti.
Riguardiamo foto.
Beviamo un caffè.
Beviamo un tè con i biscottini.
Cincischiamo e le ore passano, mentre continuamente aggiorniamo e ridiscutiamo la tabella di marcia.
Quando finalmente alle 17 le moto sono pronte (anche quella di Andrea era in officina per controllare il comando del gas spaccato ad Aralsk) abbiamo già deciso che dormiremo a Kiev un'altra notte. Inutile mettersi in strada con questo tempo per spostarci di 100-200 km.
Il gas di Andrea non sembra poi cosi a posto, anzi sembra leggermente peggiorato...cosa che fa notare ad Alexei (il meccanico) che però lo liquida con un "is ok".
Mah....l'ultimo che ci ha detto "is ok" era quello di Aktobe che poi si è scoperto non aver fatto proprio nulla...stavolta speriamo che il risultato sia diverso.
Domani mattina sveglia presto e decideremo lungo la strada se fermarci a L'Viv o tirare dritto il più possibile magari mettendo già piede in Ungheria. 
Ma ormai ho imparato che è meglio tacere, che qui la sfiga ha le orecchie di Dumbo...

martedì 27 agosto 2013

BMW MOTORRAD KIEV...OASI NEL DESERTO

Nella putrescente gastinitza dove ci siamo riuniti ieri sera la notte è difficile. Essendo probabilmente l'unica sistemazione in città la signora ovviamente solo russo-parlante si concede qualche leggerezza sulla pulizia...la moquette che pensavo essere a pois semplicemente è macchiata, il bagno 0,5x0,5 mq prevede che se ti fai la doccia devi scollegare il boiler e mettere la spina elettrica in un sacchetto di plastica chiuso con una molletta, il rubinetto perde, la ruggine e le incrostazioni proliferano, le lenzuola non hanno bisogno del luminol per mostrare le macchie, e comunque il loro odore è sufficiente a suggerirmi di dormire vestito cosi come sono andato a cena e con una salvietta a proteggermi dal cuscino. 
Andrea, inseguito dai fantasmi di piattole blatte e ratti mannari si adeguerà alle mie soluzioni pro-igieniche durante la notte. Dopo aver sbarrato la porta di Giacomo che al solito russa come un plotone di soldati dopo una marcia di 40 chilometri, e dopo aver scattato qualche foto notturna a me che dormo nella mia tradizionale posa da Nosferatu nella bara.
Recuperate le moto che hanno dormito chiuse nel cortile della locale stazione di polizia partiamo di buon'ora per cercare di liberarci in fretta della frontiera russa ed ucraina ed arrivare rapidamente a Kiev per portare la moto all'officina BMW.
Ma poteva mai andare tutto per dritto???? NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO
Al controllo documenti russo ci chiedono immediatamente un foglio che non abbiamo. E' il foglio di importazione temporanea delle moto che in teoria avrebbero dovuto farci compilare alla frontiera di Ozinski quando siamo entrati 2 giorni fa.
Invano cerchiamo di spiegare all'impiegata della dogana che logica vuole che quando mi fai entrare nel tuo maledetto paese devi essere TU a farmi compilare tutti i moduli necessari, e se non li compilo neanche mi fai passare. Ovviamente c'è l'ostacolo della lingua ad impedire la comprensione di questi concetti molto basici.
Per loro c'è semplicemente un "problem": manca il documento. Mostriamo loro i vari foglietti avanzati dai passaggi nelle altre frontiere, la bolla di consegna delle moto in Uzbekistan. Ma a loro frega relativamente, vogliono l'altro foglio...
Inizialmente pare che la tizia seppur scocciata voglia darci una mano...scompare un pò in un ufficio, poi torna e  ci dice di pazientare. Dopo 2 ore di pazienza in piedi all'aperto come 3 deficienti sotto ad una tettoia dove tira un vento freddo (ogni tanto spioviggina pure) comincio a scocciarmi e torno dalla tizia. Mi fa segno che stanno aspettando un fax dall'altra frontiera che certifichi il nostro passaggio e poi sarà tutto a posto. "dieci minuti".
Ne passano 30. Ne passano 40. Passa un'altra ora.
Il Simone "malvagio", come lo chiama Andrea, comincia a diventare difficilmente contenibile e mi aggiro per la dogana imprecando ad alta voce per far capire a questi impiegati del catasto che se mi hai fatto entrare da una parte non puoi rompermi le palle dall'altra. Mettetevi d'accordo su quali documenti un povero cristiano deve portarsi appresso! Volete il visto, volete il passaporto, mi fate la foto, mi registrate 6 volte, ho tutti i documenti della moto compreso il CDP, documenti che attestano che l'ho spedita a Tashkent.....CHE MINCHIA VOLETE ANCORA DA NOI??????
L'incazzatura è una escalation, accentuata dal fatto che nessuno ci dà spiegazioni e nessuno a parte qualche occhiata pare fregarsene qualcosa di noi che stiamo qui a marcire di freddo da 4 ore mentre sotto al naso ci passano decine e decine di persone che in 10 minuti arrivano e vanno.
Finalmente dopo quasi 5 ore arriva un tizio che porta i nostri documenti e in 10 minuti siamo liberi di andare.
Pochi metri, frontiera ucraina. Si avvicina il militare che controlla i passaporti e sotto i miei occhi increduli mima molto a chiaramente a Giacomo il gesto di mettergli dei soldi (rubli, eur, dollar) all'interno del passaporto. Soldi per lui, così...come se fosse la cosa più normale del mondo e come se avesse un minimo senso!!
Io e Giacomo ci guardiamo, io sono ancora sotto l'effetto "fungo atomico sterminatore" causatomi dalla frontiera russa ma sono talmente basito da tanta sfrontatezza che mi viene da ridere...a 'sto povero rincoglionito persino tenero e maldestro nel tentare di taglieggiarci Giacomo risponde sempre in italiano facendo il finto tonto, e io rincaro la dose aggiungendo anche una buona serie di offese miste ed assortite. Il tizio si allontana, torna dopo 1 minuto e si fa ridare il passaporto convinto di trovare qualcosa al suo interno ma non trovando nulla si stupisce! Che coglione!
Giacomo scoppia a ridere e se  ne esce con un "amico mio, famme almeno entrà nel tuo paese!  sto ancora prima della sbarra, famme fà 100 metri poi chiedimi i soldi! Che du cojoni!"
Il tizio desiste, fiaccato dalla nostra finto-tontaggine e dall'ostacolo della lingua, e riesce a farsi prendere per il culo pure dalla sua collega per non essere riuscito a spillarci soldi.
Ridicolo. Surreale. Fuori di testa. Se questa è l'Ucraina e la sua polizia siamo a posto.
In mezz'oretta comunque ci liberiamo, controllino al volo al serraggio dei bulloni della ruota smontata 2 giorni fa a casa del panzone e via per i 330 km che ci separano da Kiev. Senza l'intoppo russo saremmo stati in super anticipo mentre cosi ci tocca correre per sperare di riuscire.
Ovviamente si mette a piovere di brutto, e a fare un freddo cane. Dobbiamo fermarci assolutamente per coprirci un pò perchè io sto morendo di freddo.
La strada è dritta e veloce, ce la beviamo rapidamente fino ad entrare nell'area metropolitana della capitale. C'è parecchia confusione, un traffico intenso e tutti vanno a manetta ma riusciamo comunque a trovare la concessionaria BMW.
Auto.
Che ci dà un altro indirizzo dove c'è la divisione Motorrad. Fiuuuuuuu.....
Altro giro nel casino di Kiev, che appare subito ai nostri occhi moooolto più bella di quanto ce la immaginassimo. Palazzi antichi accanto a futuristici grattacieli, tanta gente in giro, giovani...un sacco di vita e l'idea di una città mittel-europea piuttosto che ex sovietica.
Fortunatamente la concessionaria è aperta fino alle 20, per cui facciamo in tempo ad arrivare (sono le 18.30). Veniamo accolti splendidamente da Evgeni, un ragazzo che parla bene inglese e che ci prende sotto la sua ala facendoci parlare con il meccanico, offrendoci tè e biscottini, aiutandoci a prenotare un albergo nei paraggi e chiamando persino il taxi. 
Come scritto su Facebook, voto all'accoglienza ed al servizio 10+...per il voto all'officina aspettiamo domani visti i precedenti di Aktobe ...
Ci aspetta un giorno a zonzo per Kiev, cosa che non dispiace affatto viste le premesse...
Speriamo che qui finalmente si possa mettere la parola fine a tutte le sfighe e goderci gli ultimi giorni di rientro con la calma che sogniamo da giorni

PS: a redimere (per oggi) la polizia ucraina va detto che avendo imboccato per errore una strada con divieto nel caos di Kiev siamo stati pizzicati subito ma (visto anche l'elevato numero di local che stavano commettendo lo stesso sbaglio) lasciati andare con una stretta di mano ed un sorriso.

TOP GEAR

6 ore di sonno. Scarse perchè sono preoccupato per la moto mia e di Andrea parcheggiate in mezzo alla strada in una città da un milione di abitanti.
Alla mattina il pensiero n°1 prima ancora della cacca, di lavarsi i denti e fare colazione è andare a controllare che ci siano ancora e fortunatamente sono li...posso smettere di pensare ad un aereo con la Saratov Airways fino a Francoforte e di li uno per Milano.
Ho un messaggio di Giacomo sul telefonino che dice che lui e criceto si sono fermati per dormire tra le 3.30 e le 6.30 e sono di nuovo in viaggio. Sono in vantaggio, complice la nostra sosta ben più lunga.
Loro certamente entro stasera arriveranno a Rylsk, paese che sta ad una trentina di chilometri dalla frontiera ucraina che è la meta concordata ieri a casa del panzone. Noi per raggiungerli dovremmo percorrere quasi 900 km...sinceramente non pensiamo di farcela entro oggi, tutt'al più raggiungeremo la città di Kursk stasera e domani mattina di buon ora faremo gli ultimi 150 km circa per Rylsk.
Lasciamo Saratov, il maestoso Volga e l'immorale quantità di splendide ragazze rimirate ieri sera diretti ad ovest.
Abbiamo appena il tempo di percorrere una cinquantina di chilometri e ci troviamo sopra la testa un cielo nero e tempestoso che ben presto comincia a cacciare le prime gocce...che diventano un violento acquazzone con tanto di spettacolari fulmini. Andiamo bene...se l'andazzo è questo altro che 900km...
E invece ci dice bene, perchè dura poco e procediamo spediti. Tanto spediti che a mezzogiorno abbiamo percorso già più di 400km pur avendo perso almeno mezz'ora dentro il traffico di Voronezh.
Siparietto surreale lungo un viale congestionatissimo: un biker un pò troppo ingorillito sfoga un paio di marce in mezzo al casino di macchine. Evidentemente si distrae guardando me e Andrea e non si accorge che davanti a noi la fila è ferma...inchiodata disperata, moto che perde aderenza all'anteriore e in una frazione di secondo a 3 metri da me questa si infila sotto alla macchina davanti mentre il motaro scivola a destra. Fortunatamente è avvolto in tuta di pelle e stivali, e mentre il semaforo diventa verde e ripartiamo si rialza immediatamente. Faccio giusto in tempo a pensare "MA CHE COGLIONE!!" e ce ne andiamo.
Le pause sono ridotte giusto al tempo di fare benzina ogni 200 km. Una volta si e una no ci concediamo anche una bibita, uno snack e una sigaretta, e poi via di nuovo a macinare strada.
Kursk, che doveva essere la nostra meta finale, la raggiungiamo alle 18...710 km. Chiamo Giacomo, sta scaricando la moto dal furgone di criceto...lo avviso che stiamo arrivando, un paio d'ore e siamo da lui per festeggiare insieme il suo compleanno!
Gli ultimi 80km sono splendidi...con il sole al tramonto attraversiamo spediti ed ormai in relax campagne come ci aspetteremmo di vederle se fossimo negli anni '50: casine di legno colorate, oche bianche nei campi, donne anziane in ampie vesti e con il foulard in testa, trattori e carretti. E finalmente, dopo centinaia di chilometri asettici, il profumo della terra, dell'erba e dei campi di mais.
Alle 20, dopo 850 km e oltre 10 ore di guida interrotta da meno di un'ora di pause riabbracciamo Giacomo. Che dopo un intero giorno passato a sopportare l'ostinato silenzio del criceto russo e il suo sgranocchiare semi di girasole attacca a parlare a macchinetta per raccontarci tutto quello che gli è successo.
E stavolta, per fortuna, sono solo pochi aneddoti...per cui niente "versione di Djacomo - parte 2°".
Domani Ucraina, Kiev...speriamo di trovare l'officina BMW che abbiamo trovato su internet e che ci serve come l'acqua nel deserto. Giacomo guiderà la sua moto, e lungo la strada ci fermeremo per rabboccare l'olio che ovviamente ancora perde.

PS: oggi ridevo da solo dentro al casco quando ho riflettuto sul fatto che questi giorni assomigliano sempre più ad una delle sfide di Top Gear..Giacomo "Jeremy Clarkson" Radini contro me e Andrea in una sfida per vedere se arriviamo prima a casa noi in moto o lui con la moto su vari tipi di camion (bisarca, carro attrezzi, furgone)  :-)

domenica 25 agosto 2013

FOTO BOOK 9

C'E' SEMPRE UN PIANO B

Il mio letto è troppo piccolo per permettermi di distendere le gambe, il cuscino un sacco di patate ma senza patate, le coperte sembrano fatte di carta vetrata di quella che fa sudare. Risultato...poche ore di sonno e mal di testa da cervicale.
La mattina parte male...alle 7.30 siamo già tutti in piedi, con facce da funerale e morale decisamente tetro. Ozinski non è esattamente il centro logistico della Russia, e nemmeno possiede una rinomata officina BMW Motorrad per pensare di sistemare la moto di Giacomo.
Di nuovo tocca inventarsi qualcosa.
Troviamo un camionista disposto a portare la moto a Saratov, una città enorme a 300km da qui. Proviamo comunque anche ad andare alla stazione dei treni per capire se c'è un treno merci per Kiev. Che non c'è (o meglio c'è ma parte da Saratov e arriva a Kiev via Mosca...)
Discutiamo ore sul da farsi...innanzitutto non siamo ancora certi che la perdita di olio sia in alto (olio del cambio) o in basso (olio della coppia conica). Il meglio per noi sarebbe il primo, perchè ci consentirebbe di rabboccare di tanto in tanto dovendo solo allentare un bullone.
Nel secondo caso invece per riempire d'olio il serbatoio della coppia conica bisogna smontare la ruota posteriore.
Facciamo ancora lunghe telefonate a Luca e a Gabriele, il capo officina della concessionaria BMW di Reggio per raccontare loro i fatti oggettivi ed avere il loro ben più esperto parere su cosa provare a fare.
Facciamo la prova più semplice, controllare cioè se l'interno della cuffia in gomma che protegge l'innesto del cardano al cambio è unta: purtroppo no. Quindi il problema è serio come temevamo...perde il paraolio della coppia conica.
Ma perde perchè non tiene più lui o perchè ci sta mollando un cuscinetto? Se fosse cosi guidare la moto sarebbe un rischio ancora maggiore perchè se ci mollasse il cuscinetto si distruggerebbe tutta la parte finale della trasmissione....roba grave, gravissima.
Dobbiamo però accertarcene, e per farlo bisogna aprire il braccio oscillante...smontare ruota, pinza freno, sensore abs, scollegare l'albero del cardano e verificare il gioco del pignone della coppia conica.
Il problema è che nessuno di noi è un meccanico, anzi nessuno di noi sa mettere le mani sulla moto. Le mie competenze si limitano a tante serate trascorse insieme a Luca a lavorare in officina....solo che io sono quello che gli passa i cacciaviti, non ho mai fatto veramente nulla.
Però ho buona memoria, ed il lavoro non è cosi difficile. Lo chiamo  per l'ennesima volta per ripassare le cose da fare e mi metto concentrato a lavorare.
E va tutto bene. Nel senso che la perdita d'olio effettivamente c'è, ma i cuscinetti sono a posto. Possiamo azzardare di far saltare Giacomo in moto, e ogni 200km rabboccare l'olio...chiaro, c'è da smontare tutte le volte ruota, pinza freno e sensore abs ma è roba di mezz'ora, e seppur con notevoli ritardi potremmo continuare a muoverci verso l'Ucraina e metterci al riparo dallo scadere del visto.
Le perplessità sono comunque molte, e non siamo certi al 100% che sia la scelta giusta...il timore di rompere tutto è forte. E la convinzione di Gabriele è che se anche troviamo un meccanico e un paraolio adatto sarà quasi impossibile trovare l'attrezzo speciale che serve per smontare il pignone della coppia conica.
Mentre siamo li con la moto mezza smontata e le palle che strisciano per terra nel giardino del panzone arriva un ometto su un furgone.
Iniziamo a parlare e chiediamo quanto vuole per andare a Saratov. Poi tentiamo il colpaccio...quanto vuoi per andare a Kiev? "Niet, niet Ukraina" e fa segno con le mani che non se ne parla....
"Allora portaci alla frontiera....quanto vuoi?"....parte una infinita discussione a 5 (noi 3 + autista + panzone) su quanti chilometri sono, quanto tempo ci vuole, la benzina, i pasti ecc..ecc...che dura non meno di un'ora...del resto loro parlano sempre solo russo, noi sempre solo italiano e inglese. Ma c'è sabbia, e quindi si disegna in terra con le dita. Tutto per capirsi :-)
Ne usciamo con un prezzo che tutto sommato, visto che questo tizio si deve fare 2400km (andata e ritorno) non è nemmeno male...
Con poco più di 150€ a testa (in viaggio le disgrazie si condividono da bravi fratelli) Giacomo verrebbe sparato 1200km a ovest al confine con l'Ucraina, e io ed Andrea ad inseguire l'autista che dice che dormendo solo poche ore è in grado in poco più di un giorno di arrivare a destinazione.
Facciamo presto a dire di si. E' assolutamente la cosa migliore da fare, invece di perdere altro tempo in tentativi di risolvere un problema che evidentemente dobbiamo risolvere in una officina BMW. Che sta a Kiev, a 300 km dalla frontiera...distanza che possiamo permetterci di percorrere rabboccando olio una o due volte...
Rimontiamo al volo la moto, con nuovo vigore e finalmente sorrisi e prese per il culo al nostro amico che sta per intraprendere una nuova avventura con un camionista.
Caricarla sul piccolo furgone (stavolta almeno qualcosa che dovrebbe fare più dei 50 all'ora) è una piccola impresa e serve buona parte dei rottami lignei e ferrosi presenti nel cortile dell'hotel per costruire una rampa sufficientemente robusta. Ma come sempre ce la facciamo.
Io e Andrea risolviamo velocemente il trasferimento Ozinsky - Saratov, 260 km di sconnesso ma veloce asfalto in mezzo alla Madre Russia...campi di girasoli letteralmente a perdita d'occhio ci affiancano a volte anche per 20 km consecutivi, evitiamo per pochi minuti il solito temporale nero come la pece, e al tramonto entriamo trionfali in città superando non senza emozione il lunghissimo ponte che attraversa il fiume più lungo e grande d'Europa, il Volga.
Mai mi sarei immaginato da piccolo quando studiavo la tanto amata geografia che un giorno avrei attraversato quel fiume per me allora cosi remoto....ma oggi l'ho fatto, e mi sono goduto con gli occhi di quel bambino lo scintillare delle acque sotto di me.
Il nostro hotel affaccia proprio sul fiume, in una zona di localini e ristoranti. Siamo ormai in pieno occidente, i volti non sono più quelli orientali dei kazakhi.
Cena a base di salmone e di prese per il culo a Giacomo....noi pesce, dolci, doccia, wifi, vista sul Volga e una offensiva quantità di belle donne in giro, mentre il nostro eroe rusticano...




sabato 24 agosto 2013

PESSIMISMO E FASTIDIO

Ci presentiamo in assetto da viaggio ai cancelli di Kol Auto per ritirare la moto di Giacomo. Riparata.
Scambiamo 2 parole con il meccanico kazako che ha risolto i nostri guai, ma confesso che non ci abbiamo capito granchè. Un pò lui parla sbiascicando, un pò la traduzione è affidata a Tanja, una giovane ragazza di origini russe bionda con gli occhi azzurri calzante tacco 12 e jeans super attillati e complessivamente galattica...Il succo è che la guarnizione che pensavamo perdesse non perdeva, hanno cambiato olio della coppia conica e del cambio e saldato qualche pezzo che si stava staccando dalla moto..forse c'era anche acqua nell'olio. Mah.
Non è che io sia convintissimo, c'è qualcosa che non mi torna. Ma non sono certo nessuno per mettermi a contraddire un meccanico, quindi metto a tacere i dubbi e mi concedo un sospiro di sollievo per la possibilità di ripartire. 
Salutiamo i nostri nuovi amici Rafael e Tanja, che ci hanno aiutato parecchio in questi 2 giorni traducendo dall'inglese al russo con l'officina, foto di rito e via.
Oggi vogliamo entrare in Russia, e non dovrebbe essere grande sforzo. 400 km fino ad Uralsk, poi un centinaio su una strada secondaria fino alla frontiera. Che ci vuole?
Nei primi 50 chilometri controlliamo spesso la moto di Giacomo, e tutto procede alla perfezione. Nessuna perdita, possiamo provare ad aumentare un pò il ritmo. La strada è ottima, ben asfaltata e seeeeeeeeeeempre dritta.
Ottima si....una palla pure....
Arriviamo rapidamente ad Uralsk viaggiando sempre tra i 100 ed i 120, sosta benzina e smontaggio filtro aria supplementare alla mia moto che negli ultimi giorni stava consumando come una Lamborghini. Il sospetto che la polvere e la sabbia di Aralsk centrino qualcosa è forte...ed infatti appena eleminato il pre-filtro in condizioni immonde il motore ritrova brio e i consumi tornano normali.
Prendiamo la deviazione per Ozinski, il primo paese in terra russa dopo la frontiera. La strada peggiora drasticamente pur rimanendo asfaltata...il passaggio di chissà quanti camion l'ha trasformata in un percorso di guerra: buche, onde, voragini, avvallamenti, c'è di tutto su questo inferno di bitume
Si viaggia quasi più piano che in fuoristrada, se si forza un pò con il gas si rischia di distruggere la ruota anteriore...tocca stare buoni.
Visto che mancano pochi chilometri (48) ci fermiamo ad un distributore a spendere gli ultimi soldi kazaki. Mentre sono li che mi fumo la mia sigaretta Giacomo mi guarda e mi dice "Perde olio"
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"Mi prendi per il culo vero?"
"No"
Andrea che l'ha saputo qualche istante prima di me scuote la testa.
Io bestemmio. E mi siedo.
Giacomo in silenzio pulisce con un pezzo di carta lo stesso punto che perdeva 3 giorni fa.
Cazzo....cazzo.....
Nessuno ha voglia di dire niente. La frontiera è vicina e di qua ci dobbiamo levare. Piano piano ci facciamo i 25 chilometri fino alla dogana kazaka (che passiamo in mezz'ora).
Quella russa richiederà più di un'ora di timbri, moduli e perquisizioni bagagli. E si fanno le 22.
Percorriamo nel buio completo i 20 km che mancano al paesino di Ozinski. 
Nel frattempo le congetture su quale sia il problema della moto si sprecano, cerchiamo di stare lucidi e ragionare ma non è semplice. Una cosa è certa...entro il 31 dobbiamo essere fuori dalla Russia ad ogni costo perchè scade il visto.
Telefono a Luca, ho bisogno di confrontarmi su cosa fare alla luce dei nuovi elementi: dopo l'intervento del meccanico per 350km la moto è stata perfetta, poi 50km di quella strada scassata ha iniziato a pisciare olio. 
Stasera è troppo tardi e troppo buio per fare qualcosa. Ci piazziamo in una specie di casa albergo in questo posto dimenticato da dio, il padrone è un signore panzone senza maglietta che ride e parla a manetta.
Quindi: siamo di nuovo inguaiati, solo 500km più a ovest ed in un'altra nazione.
Vabbè...quasi cominciamo a farci l'abitudine. Domani mattina proveremo ad ideare un piano C.

venerdì 23 agosto 2013

LA VERSIONE DI DJACOMO (la D è muta)

ho visto cose che voi umani ...

Questo è quello che Simone non avrebbe potuto scrivere della traversaata della fottuta steppa kazata con Haram (o come cazzo si chiama) e il figlio diciassettenne Dani (o Toni, o Deni a secondo di come gli girava).
Caricata la moto ad Aralsk a bordo della bisarca (una berlina Lexus, un Land Rover, un suv Nissan e uno Infiniti nuovi di pacca) mi sono subito reso conto che non sarebbe stato agevole percorrere i 650 km  che mi separavano da Aqtobe. Le prime due ore le ho passate facendo i calcoli del tempo e ragionando che ora della notte o del mattino sarei arrivato mantenendo la smodata velocità di 60 kmh!
Ad un certo punto BOOOMMM! L'impianto frenante del carrello della bisarca ha fatto scoppiare lo pneumatico posteriore destro. Ci fermiamo e smadonniamo (io) smaomettano (loro) per riuscire a svitare il solito dado stronzo incriccato dalla polvere, dal tempo o dalla volontà di Allah.
Dopo un'oretta riusciamo a togliere le gomme (la sana e la scoppiata) e Simone ed Andrea mi raggiungono giusto in tempo per lasciarmi il fornelletto per poter togliere da un dado dell'impianto frenante un pezzo di gomma che si era squagliato e non riuscivamo a ripulire.
Cambiata la gomma e sostituito il cavo dell'impianto frenante (solo grazie ad un altro camionista che aveva il pezzo (altrimenti starei ancora a 100 km da Aralsk) saluto i miei amici dicendogli che ci saremmo rivisti la notte ad Aqtobe o al più tardi la mattina dopo. Ancora non sapevo cosa il fato cinico e baro aveva in serbo per me.
Fatti non più di 25 km ... BOOOOOMMMM!  scoppiata la gomma appena cambiata.
Eccheccazzo! dico io ... non sapendo che l'avrei ripetuto per un altra dozzina di volte.
Stavolta insieme alla gomma è partito definitivamente tutto il sistema frenante: tubi squagliati, ganasce bruciate, asse letteralmente macerato e triturato, puzza di bruciato ovunque, mozzo che sputava cuscinetti in continuazione.
A questo punto inizio a preoccuparmi e timidamente inizio a fermare alcuni camion o furgoni che  passano cercando di trovare un passaggio alternativo. Haram ed il figlio intervengono dicendo non so cosa nel loro idioma incomprensibile, ma ho il netto sospetto che abbiano boicottato tutti i miei tentativi di fuggire da loro.
Dopo oltre due ore di lavoro e tentativi di utilizzare il semiasse, Haram decide di farne a meno (a che serve, tanto sono due per lato apposta!): facciamo scendere tutte le macchine (e moto) e le ricarichiamo mettendo i mezzi più pesanti in avanti, mettiamo il crick sotto il semiasse e lo imbraghiamo con cinghie a cricchetto al ponte della bisarca, abbassiamo il crick e dopo qualche scricchiolio ... incredibilmente tiene!
Trovato il giusto numero di cinghie (ben 5, dopo averne strappate 3), ripartiamo e dopo mezzo chilometro letteralmente a passo d'uomo (io camminavo accanto al semiasse per vedere se teneva) decide di ripartire non più alla folle velocità di prima ma a 40 o se andava bene 50 orari.
Giunta la sera, Haram si ferma per dare un controllata al mezzo e mi accorgo che gli pneumatici dell'unico asse rimasto a destra toccano preoccupantemente con contro il passaruota. Riusciamo a divellerlo ed armeggiamo con pompe, crick, cinghie, leve ma ormai è buio pesto (sono le 23) e decide di fermarsi a dormire sulla strada.
Orbene, il tratto di strada in cui ci troviamo è su un terrapieno e, finito l'asfalto (due corsie secche), ci sono 40 cm di ghiaino e poi il fosso.  Il camion, pertanto, occupa quasi interamente la corsia di marcia e gli altri mezzi che sopraggiungono nei due sensi corrono come folli passando vicinissimo a noi senza mai rallentare.
Constatato che è impossibile per me fermare qualasisi mezzo senza farmi arrotare, faccio buon viso a cattivo gioco e mi preparo ad una notte lunghissima dentro quella cabina del cazzo.  Ma non ce la faccio: gli odori nauseabondi sia deikazachi (ma credo a questo punto di aver iniziato anch'io a puzzare come una capra) sia quelli immanenti nella cabina, la scomodità, il caldo rendono la permanenza impossibile: mi vesto da moto (giacca, pantaloni e stivali) e mi sdraio sotto le stelle tra una Nissan e un'Infinity.
La notte non è tranquillissima tra un tir che ci supera a 120 kmh e a 40 cm di distanza e i rumori della steppa kazaka: bestie che non posso vedere ma sento aggirarsi intorno a me, dagli insetti ai roditori (una sorta di marmottona sono riuscito a vederla) ad altri che faccio finta di non sentire. Non dormo neanche un minuto ma in compenso mi godo un'alba splendida!
Alle 5 ci rimettiamo al lavoro prendendo a martellate il passaruota, spostando il carico un'altra volta per cercare la distribuzione dei pesi ottimali e verso le 12 ripartiamo alla volta di Aqtobe.  Da qui in poi, sarà un incubo: caldo asfissiante (ovviamente il finestrino del mio lato non si apre), andatura bradipesca (30-40 orari), sosta per controllare la situazione, sostituire una cinghia nel frattempo strappata  e così via fino alle 3.30 di notte quando Hamar, esausto, a soli 100 km dalla meta getta la spugna e si ferma a dormire per un paio d'ore in un piazzale per camionisti, polveroso e con un vento micidiale che alza un muro di terra ed un freddo bestiale. Scoprirò dopo che è lo strascico della bufera che Simone ed Andrea hanno lisciato per un pelo.
Alle 5, dopo due ore di sonno dei kazachi (io non ho neanche provato a dormire), ripartiamo e giunti praticamente ad Aqtobe, a 20 km dalla meta, il kazaco dopo un chiaccherata via radio con altri camionisti (credo di aver capito che ci sia un posto di blocco della temibile polizia) decide di fermarsi e rivoluzionare, contro ogni legge della fisica e per ragioni che non riesco a comprendere, la sistemazione del carico, gravando ancora di più sull'unico semiasse rimasto e tentando pure di partire (ovviamente dopo 2 ore di lavoro) facendo un macello e grattando per 200 metri su ghiaia e asfalto.
A questo punto finalmente riesco a mettermi in contatto con Simone che rimedia un carrattrezzi che mi viene a prendere ponendo fine alle mie pene.
Saluto i kazachi, gli tolgo 40$ dal compenso pattuito e porto finalmente la moto in officina.

Considerazioni sparse sulla traversata del kazakstan.

Salvo alcuni wafer (senza bere da ore è impossibile mangiarne più di due) non ho mangiato niente dalla cena ad Aralsk tre sere prima ... mi rifarò tra un paio d'ore a cena.
Ho bevuto a canna da bottiglie che in condizioni normali non avrei nemmeno toccato con i guanti.

Non credo di essere mai stato tanto sporco e puzzolente in vita mia. Sul camion non c'era una sola cosa pulita, armeggiavamo  in continuazione cinghie luride, crick, piedi di porco e attrezzi unti e bisunti. Alla fine ero uno di loro, giravo scalzo o con le infradito, come loro grugnivo frasi senza senso, li riconoscevo (e mi riconoscevano) dall'odore.

Il camion andava talmente lento che quando buttavo una cicca dallo spiraglio del finestrino, questa andava in avanti e superava il muso del camion.

Sti due kazachi all'inizio si sforzavano di farmi capire quello che mi dicevano con gesti e frasi semplici, ma alla fine si sono rotti ed hanno preso a chiaccherare con me in russo come se fossi  madrelingua. Dopo un mio iniziale tentivo di cercare di comprendere e farmi comprendere, ed un successivo "da, da, da" stile Hollywood Party, mi sono stufato e gli ho attaccato una supercazzola in italiano di un quarto d'ora.

pensiero principale: come tener viva la batteria del cellulare e rimanere in contatto con gli altri due? ogni tanto, appena possibile andavo sulla moto accendevo il quadro e connettevo l'usb del cellulare incastrandolo nel manubrio. per non rischiare di perderlo, mi sono fatto una 20ina di minuti tra le macchine.

Djacomo Radini Tedeski



TANTO BASTA

Siamo andati a recuperare Giacomo con un carro attrezzi 30 km fuori Aktobe. Il camion sul quale viaggiava era ancora rotto, per la 100esima volta...facciamo velocemente il travaso da un mezzo all'altro e portiamo la moto in una officina Nissan che io e Andrea abbiamo trovato grazie all'aiuto di Yelena.
Botta di culo alla Nissan lavorano due ragazzi giovani che parlano un buon inglese, cosa che ha reso le cose infinitamente più semplici.
Ma perchè in tutto il mondo non si parla inglese e basta? Ah si, quella roba di Babele...
Comunque...tanto basta per ora...abbiamo Giacomo di nuovo con noi che ci deve ancora raccontare tutte le sue vicissitudini (e dalla faccia pare che abbia parecchio da dire), abbiamo una officina attrezzata ed un grosso market di ricambi accanto.
Visto l'andazzo delle cose vittoria la cantiamo nel cortile di casa, ma intanto...tanto basta...

giovedì 22 agosto 2013

FOTO BOOK 8

ANSIA

Sotto l'effetto dell'intruglio per cavalli che mi ha somministrato Andrea spengo il computer alle 3 di notte, mentre fuori dall'hotel si è scatenata la tempesta alla quale siamo fortunatamente ed ostinatamente scampati ieri.
Giacomo è chissà dove in mezzo alla steppa kazaka.
Ci svegliamo questa mattina decisi a trovare informazioni utili a risolvere il problema alla moto. A testa china su internet ,al telefono con Memo (il signore italiano della guesthouse di Bishkek), con Yelena (la sorella che parla inglese di uno dei bikers di ieri sera), con Luca che mi spiega a modo cosa devo controllare e guardare, in chat con Gabri il capo officina della Bmw di Reggio. Tutto fa brodo per risolvere i nostri problemi.
Verso le 11 cominciamo a preoccuparci del silenzio di Giacomo. Non lo sentiamo da ieri pomeriggio quando lo abbiamo incrociato lungo la strada, il cellulare squilla a vuoto, non risponde agli sms...con il passare dei minuti prendono il sopravvento i cattivi pensieri e ci agitiamo ancora di più.
Alle 12.10 ci guardiamo negli occhi e decidiamo di prendere le moto e rifare un pezzo di strada al contrario per provare ad incrociarlo. Questo con tutte le incognite del caso...quanto torniamo indietro? Prendiamo tutti i nostri bagagli nell'evenienza di una ennesima sfiga? 
Per fortuna appena prima di cominciare a vestirci arriva la tanto attesa chiamata di Giacomo! Sta bene, anche se rispetto al punto in cui lo abbiamo visto ieri ha fatto si e no 30 chilometri (quindi 150 su 600). E' stanco e scoglionato...e come dargli torto??
Ci tranquillizziamo, non pensiamo più alle sue ossa a sbiancare al sole appese ad un palo nella prateria. 
Non ci resta che aspettare e pregare che il camion non si rompa altre 100 volte...vogliamo ricompattare il gruppo e mettere le mani su questa benedetta moto!
Usciamo per mangiare qualcosa e mentre rientriamo ci arriva l'aggiornamento da parte di Giacomo....che si commenta da solo direi


mercoledì 21 agosto 2013

SABBIE MOBILI AD ARALSK

Tanto, tantissimo da raccontare di questa giornata che ricorderemo (ahimè) per tanto tempo.
Si comincia in un clima da tregenda...Aralsk stamattina è spazzata da un vento teso e incessante che dà vita ad una tempesta di  sabbia. Lo scenario è surreale ed estremamente cinematografico...un mix  di Mad Max e Ken Shiro.
Per capire come una città florida e dedita alla pesca possa ridursi cosi vi consiglio di leggere la pagina di Wikipedia....è estremamente interessante (e raggelante) capire cosa ha fatto l'uomo nella sua follia http://it.wikipedia.org/wiki/Lago_d'Aral
Anche oggi, sempre complice l'assenza di colazione, riusciamo a partire alle 8. Giornata semplice (seeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee...infatti...), 600km di ottimo asfalto fino ad Aktobe senza nessuna difficoltà.
Se  non che mentre io mi rimetto il casco dopo aver fatto benzina, mentre Andrea rifornisce e Giacomo aspetta il suo turno, un paio di camionisti che stanno curiosando intorno alla sua moto gli fanno segno che c'è qualcosa che non va.
E' la vite che regge inferiormente l'ammortizzatore, che effettivamente è quasi del tutto sfilata. Poco male dai, super culo che questi camionisti se ne sono accorti prima che si spezzasse o uscisse dalla propria sede. In quattro e quattr'otto smontiamo la marmitta e sistemiamo la vite, mentre fatichiamo un pò a rimontare il tutto. Ma ce la facciamo brillantemente.
Solo che adesso che ci facciamo caso il livello dell'olio motore di Giacomo è piuttosto basso. Ok, di nuovo no problem...abbiamo chili di attrezzi e ricambi tra cui un paio di litri di olio. Rabbocchino e appuntamento tra 20km per controllare di nuovo a motore ben caldo.
Allegri e baldanzosi ci ributtiamo sulla M32 e come promesso ci fermiamo in un'altra area di sosta (questa in disuso). Mentre aspettiamo che l'olio scenda nella parte inferiore per controllarne il livello butto l'occhio sulla ruota posteriore (sempre della moto di Giacomo ovviamente) e mi accorgo di una grossa chiazza di unto sul cerchio e sul lato dello pneumatico....CAZZO!!
Ci rendiamo conto immediatamente che la perdita proviene dal cardano, la trasmissione finale della moto, un punto delicatissimo. Decidiamo di tornare in città per cercare un meccanico, questo è un problema che va risolto subito...se esce olio da li c'è il rischio di tritare tutti gli ingranaggi attaccati alla ruota, e di bloccarne il rotolamento con conseguente certezza di caduta. Da evitare.
Procedendo molto lentamente gironzoliamo per Aralsk tallonando una macchina di poliziotti che ci vuole aiutare, ma il meccanico non si trova! Bussano a qualche porta, fanno qualche telefonata ma niente...
Nel frattempo la discussione tra di noi su cosa fare va avanti, e arriviamo alla conclusione che non si può rischiare di farla marciare cosi. Dobbiamo trovare un camion che va ad Aktobe e che la carichi.
Chiediamo un pò in giro e dei local ci consigliano di recarci al caffè appena fuori città lungo la M32 dove passano i camion. Cosi facciamo ma senza fortuna...in mezz'ora in questo piazzale sferzato da un vento fortissimo che solleva nubi di sabbia riusciamo solo a capire che in direzione Aktobe vanno camion russi pieni di merci (e quindi inutili per noi), mentre quelli vuoti vanno nella direzione opposta.
Nuova strategia dunque...io e Andrea in giro per Aralsk a cercare un furgone di local che in cambio di denaro ci aiuti, e Giacomo alla prima area di servizio (quella dove i camionisti gli hanno fatto notare la vite sfilata) sperando di acchiappare qualche mezzo tra quelli che fanno su e giù per la strada in costruzione.
(Piccola nota a margine: l'appalto per la realizzare di questa infinita strada è tutto a favore di aziende italiane..cosa che tra qualche riga vi rivelerò perchè sarà una delle nostre fortune)
Davanti ad un market becco 4 tizi ai quali cerco di spiegare cosa ci serve. Uno di questi, più sveglio di altri salta sulla mia moto e mi fa segno di andare al caffè fuori città...provo a spiegargli che ci siamo già stati, che niente da fare...ma tanto qui nessuno capisce un cazzo per cui per la fatica di insistere ancora lo porto là...e mentre sto per svoltare nel piazzale una bisarca (quei camion che trasportano macchine) si materializza davanti a noi! Manna dal cielo!!
Con l'intermediazione dell'esagitato local che ho caricato convinciamo il camionista a caricare moto+Giacomo per la conveniente cifra di 100$.
E' fatta dai...troveremo certamente un modo per riparare la moto e ripartire domani.
Io e Andrea torniamo rapidamente al market per rifornirci d'acqua e mangiare uno snack (sono le 12.40, è la nostra colazione/pranzo). All'uscita troviamo il solito assembramento di bambini e adolescenti che ci regalano una piccola bandiera del Kazachstan...che carini!
Mi volto un istante per infilare le cuffie dell'mp3 ed il casco, parte la musica mi volto e vedo Andrea agitarsi ed imprecare trafficando vicino alla manopola del gas. Ma cosa succede??
Mi sfilo tutto e mi dice che ha fatto come al solito premere il pulsante di avviamento ad un ragazzino, e quello che gli ha regalato la bandiera in un eccesso di foga ha ruotato il comando del gas nel senso opposto con forza rompendolo.
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Andrea a giusta ragione impreca e sfoga la sua rabbia, io sono ammutolito.
Abbiamo appena messo Giacomo su un camion che è ripartito, ed ha tutti gli attrezzi con sè. Noi dopo 4 ore di caldo, sabbia e bestemmie per sistemare un problema ci ritroviamo impantanati in questa maledetta cittadina che pare non volerci mollare. Come le sabbie mobili, più ci agitiamo più andiamo a fondo.
MERDA! 
Fortuna vuole che si fermi un ragazzo uzbeko che lavora per una di quelle società italiane: parla un poco di inglese e fa parlare Andrea con un suo collega meccanico italiano. Questo tizio promette di mandarci al più presto un meccanico russo sempre dipendente dell'impresa stradale, ma ci vorrà un'ora. 
Trascorriamo lunghi minuti in silenzio seduti davanti al market. Il sole picchia, il vento soffia sabbia negli occhi..cerchiamo di ritrovare un minimo di calma per gestire la situazione con intelligenza valutando le possibilità. Una è aspettare il meccanico e sperare che possa aiutarci, l'altra è cercare di convincere l'autista del camion di Giacomo che si trova 10 km più avanti fermo a pranzo.
Se decidiamo per il camion abbiamo 2 moto in panne e io sono da solo, se decidiamo di confidare nel meccanico perdiamo il passaggio del camion. Abbiamo il 50% di fare la  scelta giusta...o sbagliata. 
La fiducia ce la dà Luca, che becco al telefono mentre è ancora a Dakar...la sua serenità nella possibilità di sistemare il comando del gas ci convince nell'essere positivi e confidare nel meccanico. 
Che si manifesta effettivamente da li a poco insieme al nostro amico uzbeko "english speaking": il russo pare uscito da un film di Guy Ritchie! E' cazzuto, alto 3 metri, con mani come vanghe e braccia come tronchi, ti dà l'idea che possa sistemare la moto solamente intimorendola :-) 
Ci mettiamo 3 secondi a spiegargli dov'è il problema, e lui in mezz'ora scarsa smonta tutto lo smontabile, anche vitine piccole cosi con quelle mani da orso bruno.
Il problema è nel filo del gas che si è sfilato dalla sua sede, effettivamente una stupidata ora che è tutto aperto e visibile. Ci sono parti in plastica un pò tritate dal movimento innaturale causato dal ragazzino, ma tutto dovrebbe reggere fino al ritorno in Italia (sgrat!).
In cambio del prezioso aiuto il gigante russo e l'amico uzbeko pretendono un paio di foto, niente più. Che dire...ennesima dimostrazione che avere fiducia nel genere umano per ottenere aiuto non sia poi cosi sbagliato.
Alle ore 15 infine io e Andrea siamo pronti per partire in direzione Aktobe....esattamente 7 ore dopo il primo momento in cui eravamo pronti.
Sappiamo che  dovremo tirare per ore e ore di guida ed arrivare probabilmente con il buio, cosa che su queste strade non è proprio il massimo. Ma è da fare, per cui gas.
Ecco...fin qui uno potrebbe dire "per oggi ne avete avute abbastanza". E invece NO.
No perchè se non bastasse il caldo (37°) e i 600km da fare, dobbiamo fare i conti con un forte vento laterale che proviene da est che ci sbattacchia di qua e di là. E che solleva sabbia che ci frusta.
No perchè se non bastasse quanto sopra dopo 120km di strada vediamo la bisarca di Giacomo accostata a bordo strada. Impianto dei freni parzialmente rotto, che ha bloccato e fatto esplodere una ruota. Ci fermiamo per parlare con Giacomo che ormai ha fatto amicizia con il camionista ed il figlio, ed è già in pantaloni corti e ciabatte. Mi dice che alla smodata velocità di crociera di 60kmh e con il problema ai freni quasi sicuramente non arriverà ad Aktobe prima di domani. Purtroppo siamo costretti a lasciarlo al suo cammino, momentaneamente diviso dal nostro, e la cosa ci rende tristi. Cioè lui sta bene, è tranquillo e perfettamente a suo agio in quella situazione (chi meglio di lui tra tutti noi?)...ma non essere tutti e tre insieme crea sempre un pò di ansia e di malinconia. Il nostro Lex Ludro, il nostro Gigante Grissino!
Prima di ri-zompare in sella Andrea mi passa un flaconcino di una roba amara come il veleno che dovrebbe essere uno di quei concentrati energizzanti per sportivi. Lo prendo perchè non ho mangiato quasi nulla e avrò bisogno di carica.
Se ancora non bastasse, dopo la prima sosta benzina cominciamo a costeggiare il fronte di un mega temporale che ci scaglia contro per oltre 120km un fortissimo vento laterale da ovest che ci fa procedere sbandati di diversi gradi. Ci spinge e ci molla di colpo, prova a staccarci i caschi dalla testa e la testa dalle spalle, I muscoli del collo sono contratti al massimo per contrastare la forza del vento, le mani avvinghiate ai manubri. 
Vediamo il nero del cielo venirci incontro, ma noi veleggiamo intorno ai 90/100 kmh costanti nonostante le difficoltà per cercare di rimanere sempre un passo avanti alla tempesta e non venirne colpiti. Ogni tanto qualche svolta ci dà qualche istante di respiro mettendoci il vento alle spalle, ma dura sempre poco perchè per 450 dei 600km andiamo a nord/nord ovest.
Alla nostra destra cielo livido e arcobaleni a spezzarne il grigio acciaio. Alla nostra sinistra sole e cielo sereno, come se niente fosse.
Sfiorati lievemente dalla pioggia, solo alcune gocce, riusciamo a vincere la nostra battaglia e distanziare il temporale...ma non il vento, non completamente.
Mancano 170km ad Aktobe, il sole sta calando e ormai rimangono poche decine di minuti di luce. Alziamo il ritmo, un pò come il cane che fiuta la propria preda e un pò per evitare di guidare troppo con il buio.
Alla seconda sosta benzina mi rendo proprio conto che a causa del vento (alla fine stimiamo circa 400km su 600 fatti lottandoci contro) la mia moto ha consumato una pazzia in più rispetto al normale: poco meno di 50 litri per fare 600km...in condizioni normali ne avrei fatti 1000.
Sulla strada due corsie che precede l'ingresso ad Aktobe prima Andrea evita di finire in mezzo allo spartitraffico non segnalato, poi entrambi evitiamo due camionisti che hanno deciso di fare sosta in carreggiata senza darne particolare evidenza, ed infine assistiamo un pò sbigottiti al luccicare di una pseudo torre Eiffel in centro città ma che si vede da chilometri di distanza.
Aktobe è sberluccicosa, illuminatissima, kitsch, chiassosa e piena di gente. Proprio come Aralsk :-)
Mentre ci dirigiamo all'hotel che abbiamo scelto seguendo il GPS veniamo affiancati da un gruppetto di bikers local in sella ad un guazzabuglio di moto tipo Fast & Furios e con un abbigliamento quantomeno demodèe e mal assortito.
Ma sono simpatici, e in sella ad una moto si parla la stessa lingua. Per questo chiediamo immediatamente aiuto per trovare un meccanico che sistemi la moto di Giacomo domani ed otteniamo il numero della sorella di uno di loro che parla un buon inglese e farà in modo di indirizzarci.
All'hotel "Aktobe" di Aktobe (che fantasia eh?) sono le 2.00....sono sveglio da 19 ore e ho fatto tutto quello che avete letto sopra e ancora potrei fare 3 giri dell'isolato in equilibrio sulle mani fischiando la marsigliese. Ma che ca#*o c'era nell'intruglio che mi ha dato Andrea oggi pomeriggio??


NAVI ALL'ORIZZONTE

Finalmente!! Dopo quasi 20 giorni riusciamo a  partire ad un orario decente!
Il caldo mortale di ieri ci ha dato la sferzata che ci serviva per saltare sulle moto poco prima delle 8. Va detto che ha contribuito alla nostra celerità anche il fatto che quella specie di dependance di hotel dove abbiamo dormito non serviva la colazione...che facciamo al distributore di benzina con uno snack e un intruglio al caffè in lattina.
Seguendo il suggerimento datoci da Bartek e Marta (i ragazzi polacchi incontrati giorni fa a Naryn) appena fuori Kyzylorda prendiamo la strada secondaria che passa leggermente a nord di quella principale. Quest'ultima infatti pare essere in questa parte iniziale massacrata da decine di deviazioni per lavori in corso.
Quella che prendiamo invece si rivela quasi piacevole...si perde in mezzo alle campagne e tutto sommato c'è anche un accettabile verde ad accompagnarci. Sembra quasi il delta del Po, ma con meno acqua :-)
Man mano che procediamo però il paesaggio tende ad inaridirsi sempre più, il verde sfuma nel giallo. I canali di irrigazione sempre più rari o sempre più asciutti.
Per la serie "il meccanico da strapazzo" dedichiamo un'oretta a riparare il collettore di scarico della moto di Giacomo squarciato da un oggetto metallico (un pezzo di una balestra di un camion lungo 50 cm e pesante un paio di kg) nascosto nella polvere in mezzo alla strada. Nella sfortuna siamo fortunati che non ha squarciato la gomma anteriore, cosa che ci avrebbe causato un mare di guai. Invece con un pezzo di allluminio che abbiamo tra i ricambi (grazie Luca!!) e fil di ferro mettiamo una pezza che devo dire tiene egregiamente.
Ci ricongiungiamo alla M32, l'arteria che abbiamo percorso ieri e che percorreremo per giorni ancora fino all'uscita dal Kazakhstan. I lavori in corso sono sempre presenti, ma non numerosissimi.
Il problema è che con l'inaridirsi della steppa in queste deviazioni compaiono sempre più spesso tratti di sabbia fine come talco che si impossessano dell'equilibrio delle moto e attentano alla nostra incolumità.
A volte rallentiamo e mettiamo giù le zampe per aiutarci a non cadere, quasi sempre affrontiamo i tratti più brevi stringendo il culo e dando una manata di gas per uscirne rapidamente.
Il tutto in mezzo a nuvole di polvere bianca e accecante...e soffocante...tocca stare distanti il più possibile dai mezzi che ci precedono, macchine e camion che sollevano polvere e sabbia. Solo che loro procedono a 3kmh, mentre noi abbiamo bisogno di andare ad una velocità superiore per mantenere l'equilibrio.
La tappa si rivela comunque molto più agevole e piacevole di quella pesantissima di ieri: il traffico è molto calato, la temperatura sopportabile grazie alla partenza intelligente (e anche nelle ore pomeridiane mai superiore ai 36-37 gradi).
Le prime navi che avvistiamo sono quelle del deserto...i cammelli !! Quelli con due gobbe coperte di pelo, quelli che ci sono in Asia...non i dromedari! Brucano paciosi i cespugli grassi e spinosi che crescono lungo la strada, alzano la testa incuriositi dal rumore dalle moto e tornano a brucare :-)
La nostra destinazione, la cittadina di Aralsk sul lago d'Aral (o meglio....ormai a 30km da ciò che  rimane del lago d'Aral) si rivela ben peggio di quello che mi ero immaginato.
La zona del porto dal quale salpavano i pescherecci è ingombra di sabbia e rifiuti, scheletri di gru arrugginite e barche trascinate in secca nel micro museo locale. Fabbriche per la lavorazione del pesce a marcire di noia.
Una decadente città a metà tra Far West e residui ex sovietici. Triste, sfatta, gente dagli occhi tristi e scostante. Un pò come l'hotel (l'unico in zona): brutto, sporco, puzzolente, con rubinetti che lasciano colare un goccio d'acqua ma se  tiri lo sciacquone no. E la più antipatica persone incontrata durante il viaggio, una signora acida alla reception. Irripetibili le parole  che le rivolgiamo in italiano...
L'hotel di Shining. Ma che farebbe paura persino a Jack Nicholson. 

lunedì 19 agosto 2013

FOTO BOOK 7

SE IL BUON GIORNO SI VEDE DAL MATTINO...

...ci aspettano giorni duri...
Il primo impatto con il Kazakhistan non è stato facile, e certo molto meno memorabile di quello che abbiamo vissuto nelle scorse settimane.
A partire dall'ora persa questa mattina al posto di polizia vicino al nostro hotel per applicare l'ennesimo inutile timbro sul passaporto. Si perchè qui oltre a dover fare un costoso visto prima di partire, oltre a tutti i controlli in frontiera, oltre a farsi fotografare schedare analizzare fino alle mutande bisogna anche registrarsi entro 5 giorni dall'ingresso pena multe salatissime.
Nell'ufficio dell'immigrazione siamo praticamente soli ma questi impiegati post-sovietici che si muovono al rallentatore riescono comunque a farci perdere una marea di tempo.
E noi oggi abbiamo fretta, perchè il programma è di arrivare a Kyzylorda, oltre 650 chilometri più a ovest.
Ottenuto l'inutile timbro ci immergiamo nel solito traffico di queste città di medie dimensioni (circa 400.000 abitanti) ma sparse su superfici immense, cosa che comporta sempre almeno un'ora per lasciarsele alle spalle.
Per poco riusciamo a guidare con una temperatura accettabile, e d'improvviso passiamo da 24 a 30 gradi e in altrettanto poco il termometro delle moto schizza attorno ai 38-39.
La strada è folle...facciamo su e giù da tratti di autostrada nuovissimi in cemento perfettamente liscio, interrotti sempre più spesso da deviazioni su sterrati polverosissimi pieni di camion e macchine che procedono a 10 kmh.
Per una piccola distrazione percorriamo 200 metri di una rampa chiusa al traffico, ed in agguato sotto al ponte ci sono 2 macchine della polizia che ci fermano insieme ad altri local. Alcuni di questi, fermati per il nostro stesso motivo, litigano con i poliziotti e se ne vanno. Noi rimaniamo li e consegnamo i documenti, ci chiedono l'assicurazione che non abbiamo (non è obbligatoria...o almeno crediamo che sia cosi).
Quando tutti gli automobilisti se ne sono andati rimaniamo soli con quello che pare essere il capo, ed immediatamente facciamo i conti con le famose "bustarelle" della polizia kazaka...dopo una mezz'ora di tira e molla il poliziotto si intasca 25$ che finiscono dritti nelle sue tasche. Mi saluta "Simon, Simon"....bastardo, adesso che hai preso la mazzetta sei diventato nostro amico eh??
I chilometri sembrano non passare mai, il caldo è soffocante, il traffico intorno a Shymkent demenziale. Oltretutto si passa spesso in piccoli villaggi dove la polizia è sempre appostata con un autovelox. E noi non abbiamo voglia di altre donazioni seppur economiche.
Sfatti dal calore facciamo una sosta in un market per 3 bottiglie d'acqua e 2 gelati. Mancano 340km e sono le 15....39,5° segna la mia moto. Non ce la posso fare.
Finchè si trattava di fare dure piste di montagna con queste temperature, in mezzo a posti bellissimi potevo sopportare qualsiasi cosa. Ma qui la testa e la volontà paiono mollarmi per qualche istante.
Ma bisogna andare...mi sparo l'mp3 nelle orecchie per distrarmi un pò, e funziona.
Steppa, steppa, autostrada (finalmente senza più interruzioni), steppa a destra, steppa a sinistra. Una palla atomica....cambio continuamente posizione in sella, mi alzo in piedi, mi allungo all'indietro, un braccio dietro la schiena...qualsiasi cosa per trovare un pò di sollievo e passare il tempo che non scorre mai.
Compaiono alcune piccole  dune di sabbia dorata, un gruppetto di cammelli magri e rinsecchiti. E dopo infinite ore di guida la brutta periferia di Kyzylorda. Seguendo la moto di una coppia di ragazzi polacchi incontrati qualche decina di chilometri fa arriviamo in un hotel carino ma pieno (dicono di avere solo le camere luxury a disposizione anche se tutto pare spento e non ci sono clienti in giro...). Non abbocchiamo e ci sistemiamo nella "dependance" accanto, un posto tristarello ma con dei letti....che ora sono l'unica cosa che vogliamo.
Mi auguro che non ci aspettino 8-9 giorni cosi per tornare a casa perchè non ne ho proprio voglia. 

domenica 18 agosto 2013

KAZAKHSTAN

Stanotte Giacomo ha rischiato seriamente la fucilazione sulla pubblica piazza come nemico del sonno. Io e Andrea ancora lo malediciamo per avere russato tutta notte come un grizzly...
Mi sveglio un'oretta dopo lui ed Andrea, e li trovo seduti attorno al tavolo della colazione insieme a Memo
ancora a parlare di moto e viaggi.
Tra una chiacchiera e l'altra lasciamo Bishkek verso le 11.30, diretti verso il confine con il Kazachstan
distante circa 400km. L'intenzione è di dormire nei pressi e passarlo domani mattina presto.
Ci vuole un'ora per lasciare il traffico caotico della città e dei suoi dintorni ed  il caldo al quale ormai non
siamo più abituati dopo 10 giorni tra Pamir e montagne del Kirghizstan.
Fortunatamente a portarci un pò di sollievo contribuiscono un paio di passi di montagna sui quali ci  arrampichiamo, entrambi superiori ai 3000 metri. Quello che  per noi è una meta mitica, il passo più alto
d'Europa (lo Stelvio) qua farebbe sorridere talmente tanti sono i valichi più elevati...
Guidiamo tra decine e decine di yurte che sorgono accanto alla strada per vendere latte di cavalla fermentato e altri prodotti artigianali, mantenendo una media piuttosto elevata e senza fermarci spesso. Contrariamente ai 15 giorni scorsi le occasioni di fare foto si sono ridotte drasticamente...
Pranzo con uno snack al cioccolato ad una pompa di benzina e di nuovo via. Ci allontaniamo sempre più dal
traffico e cominciamo a perderci nelle campagne del nord ovest del paese, con innumerevoli villaggi che scorrono accanto a noi...la povertà che vediamo non può che portarci indietro agli anni '50 del nostro dopoguerra.
Carri pieni di fieno trainati da cavalli e asini, bambini sporchi che giocano, vecchi che impassibili assistono
al nostro rumoroso passare.
Alle 17.15, quaranta km prima del confine decidiamo di affrettarci e di provare a passare già questa
sera...orientarsi in questo dedalo di strade non è semplice però, ed infatti sbagliamo una svolta e ci ritroviamo fuori rotta. Ci pensa un signore su una macchina di passaggio e rimetterci sulla retta via, facendoci ampi gesti di seguirlo. La targa è kazaka, anche loro devono attraversare.
Per almeno 20 km lo seguiamo da vicino, respirando fumi schifosi ogni volta che pigia il piede sul gas sulla sua macchina vintage, Su e giù per una breve serie di curve che costeggiano un (sempre più vuoto) lago artificiale creato da una diga sulla cui sommità troneggia gigantesca la testa di Lenin :-).
Sono ormai passate le 18 quando ci si para di fronte il confine. Le formalità in uscita sono rapidissime, meno
quelle in entrata che comportano una lunga fila per il controllo passaporto e qualche brivido quando gli
ispettori della dogana ci chiedono documenti che non abbiamo.
Ma come al solito tra un Adriano Celentano, un Toto Cutugno, il pupone Totti e Alessandro Del Piero si
stabilisce un clima cordiale e divertito e veniamo invitati a proseguire. Per fortuna...
Stanotte di dorme a Taraz, città di 400.000 abitanti appena al di là della frontiera. Ed in poche ore già ci
siamo resi conto che il costo della vita è MOLTO più elevato. Mi sa che sono finiti i giorni di dormire con 10
dollari e mangiare con 5...
Da domani si comincia a fare sul serio con i chilometri...(anche se oggi non abbiamo scherzato, considerando la partenza quasi a mezzogiorno e le 2 ore perse in frontiera...)
Modalità "culo di pietra" attivata

sabato 17 agosto 2013

VIAGGIO - CAPITOLO 3

Scrivo dal telefonino e non dal pc, e sarò molto sintetico perché è l'una di notte. Gli ultimi 2 giorni ci hanno visto lasciare il magico song kol e circumnavigare l'immenso Yssyk Kol, toccare il punto più a est del nostro viaggio (la città di Karakol), fare centinaia di chilometri (circa 700) senza particolari emozioni.
Siamo entrati nel terzo ed ultimo capitolo, quello del rientro verso casa. Il capitolo più lungo visto che richiederà circa 12 giorni secondo i nostri calcoli.
Abbiamo chiuso i conti con montagne e sterrati, altopiani e laghi alpini incorniciati dai ghiacciai.
Oggi ci siamo sciroppati quasi 400km in mezzo al traffico di vacanzieri russi kazaki e kirgisi sull'yssyk kul, una specie di trauma dopo 15 giorni e 3000km di semi isolamento dalla bolgia della civiltà. Ma abbiamo anche conosciuto Memo, un simpaticissimo signore italiano che vive a Bishkek e gestisce la guesthouse presso la quale dormiamo, organizza trasporti da e per l'Italia e noleggia moto.
Visto che conoscenze e contatti sono fondamentali per viaggiare, soprattutto in moto, certamente nelle ore di chiacchiere abbiamo preso appunti preziosi per il futuro.

Ps: una cosa deliziosa é successa in questi 2 giorni....scendendo dal Song Kul abbiamo regalato una manciata di pennarelli e un block notes ad un bambino che si era avvicinato alle ns moto. La sua gioia é stata così grande che mentre correva verso casa apriva le braccia come per volare, e ogni 20 metri si voltava per salutarci con la manina. Ho la pelle d'oca mentre lo scrivo, anche se sono passate quasi 48 ore

Niente foto, poco testo. Scusatemi ma sono sfasciato ho bisogno di dormire.

venerdì 16 agosto 2013

FOTO BOOK6

QUESTO E' L'OMBELICO DEL VIAGGIOOOOOO

Al risveglio il cielo è blu  come non lo  vedevamo da giorni, e il sole del mattino scalda da matti anche se l'aria è frizzantina.
In pochi secondi decidiamo che con queste condizioni meteo dobbiamo assolutamente dirigerci verso uno dei punti fondamentali del nostro viaggio: il lago Song Kol.
Da mesi fantastichiamo una notte in una yurta sulle sponde di questa meraviglia che si trova incastonata tra le montagne al centro del Kirghizistan a oltre 3000 metri. Abbiamo visto tutte le foto possibili su internet, letto i racconti, ascoltato le parole di amici che già ci sono stati e di viaggiatori incontrati lungo il nostro cammino. E tutti ci hanno raccontato meraviglie.
Preparati i bagagli e saldato il conto al padrone della guesthouse, Mr. Chow (per chi ha visto "Una notte da leoni"...) puntiamo a nord per qualche chilometro fino alla svolta per la pista lunga 50km che porta al lago.
Il sentiero è facile e piacevole, guidiamo sereni e disinvolti fermandoci solo per qualche fotografia o per una sigaretta.
Mi gusto da impazzire 3-4 chilometri in fondo ad una valle dal fondo perfettamente liscio...in piedi sulle pedane, la mano destra a pelare il gas con il motore che borbotta a 2000 giri, il braccio sinistro a penzoloni lungo il fianco, l'aria fredda che mi punge le guance...in totale relax e sintonia con la moto sto cosi in estasi per qualche minuto, uno di quei momenti apparentemente insignificanti ma che inspiegabilmente rimangono scolpiti nella memoria. 
Su per ripidi e sconnessi tornanti tocchiamo quota 3100 metri, e da li alla prima vista del lago passano pochi istanti...la soddisfazione è enorme, ed anche il mio personale sollievo: dopo i giorni di tempo brutto ed incerto dei giorni passati mi si era insinuato il pensiero negativo che non saremmo riusciti a realizzare il nostro sogno.
Incontriamo un signore francese che sta facendo uno pseudo giro del mondo (poco pseudo, molto giro...) in sella ad una moto identica alla mia carica come uno di quei camion marocchini visti l'anno scorso a Genova all'imbarco per Tangeri: ha bagagli che basterebbero per 3 persone, ma lui sostiene che è il necessaire per stare in giro qualche mese. Mah! Si chiacchiera qualche minuto, sempre pochi per la mia voglia di sapere, conoscere, curiosare, farmi raccontare aneddoti, e poi ci si saluta come con tutti gli altri viaggiatori incontrati nei giorni scorsi...vite che si incrociano per pochi istanti e che proseguono lungo le loro traiettorie.
Prendiamo atto che la strada ghiaiata sulla quale stiamo procedendo con ci porta lungo il lago ma scende verso Kochkor (dove dovremo passare domani), svoltiamo a sinistra lungo un sentiero di terra battuta che si dirige verso il lago.
Fortunatamente la pista è asciutta e dura, il sole forte ha fatto in tempo (salvo qualche occasionale pozza fangosa) a renderla praticabile anche per le moto. Il passaggio di numerosi veicoli ha creato 8/10 tracce nei prati erbosi, tracce che procedono parallele, talvolta di allontanano per riconvergere. Dalle foto che abbiamo visto nelle nostre fantasie di viaggi tutti e 3 concordiamo: sembra di essere in Mongolia!
Non manca un irrinunciabile (piccolo) guado per aggiungere crosta di fango alle tute, e d'improvviso scorgiamo una distesa di yurte bianche lungo le sponde del lago. Il turchese delle acque, il bianco delle tende, mandrie di cavalli che corrono liberi nell'immensa piana erbosa ai piedi delle montagne...tutto è cosi perfetto ed armonioso da procurarmi una fitta di felicità. E' quasi troppo...
I primi gruppi di yurte sono troppo affollati per i nostri gusti, cosi proseguiamo per qualche centinaio di metri raggiungendo le ultime....quella che fa al caso nostro è una in un gruppetto di tre.
Scarichiamo armi e bagagli e, sapendo che stanotte farà un freddo cane ci facciamo portare quante più coperte possibile. Si dorme per terra, servono strati sotto per isolarsi dal terreno, e strati sopra per non rischiare di stare svegli a contare le pecore battendo i denti.
Per ora (è circa metà pomeriggio) il sole continua a fare il suo dovere scaldando forte nonostante l'aria sempre fredda...ci sdraiamo un pò sulla spiaggetta di ghiaia, passeggiamo verso le montagne per tentare una foto da una posizione più rialzata (che non faremo perchè più camminiamo più paiono allontanarsi). C'è chi pennica (io) chi vaga incantato (Andrea) chi pennica e legge (Giacomo)...il silenzio e la magia ci avvolgono.
Il sole sta calando e la temperatura crolla...ogni 10 minuti ci infiliamo nella yurta per indossare una maglia, un paio di calze, un cappello. Fortunatamente la tenda dove ceniamo insieme ai 3 ragazzi conosciuti qui oggi è riscaldata dalla stufa dove ci cucinano il plov, e trascorriamo due piacevoli ore a mangiare, bere tè e sfottere i nostri nuovi amici (un inglese, un tedesco ed un olandese) per il loro cibo e a farci sfottere per il nostro governo.
1-1 e palla al centro.
E dentro al sacco a pelo...vestito con tutto quello che ho portato da casa (maglia termica,pile, maglia windstopper, maglia tecnica da moto, 2 paia di calze, cappello di lana) in aggiunta alle 4 coperte (2 sopra e 2 sotto) e il materassino a fare strato. 
Quando Andrea mi sveglia nel cuore della notte per vedere le stelle senza la luce della luna sto quasi sudando: missione compiuta, ho sconfitto il Generale Inverno :-)
Scostiamo la pesante tenda che funge da porta e rimaniamo esterrefatti dallo spettacolo del cielo....milioni di centinaia di giga triliardi di stelle sopra di noi in una cupola che ci sovrasta a 180°. Il carro dell'Orsa Maggiore che rispetto alle 9.30 è ruotato fino ad andare a posarsi sul profilo delle montagne.
Non ci provo neanche a fotografare questa meraviglia: non ho la macchina adatta, non sarei comunque capace di usarla, ed infine niente al mondo può rendere l'idea dello spettacolo.
5 minuti bastano e avanzano per dissipare il calore accumulato, le selle delle moto sono ghiacciate ed è il segnale di ritirata di nuovo all'interno del sacco a pelo.

mercoledì 14 agosto 2013

FOTO BOOK5

TASH RABAT

Che giornata FANTASTICA.
E il bello è che la moto non c'entra praticamente nulla. C'entrano le persone, c'entra la magia dei luoghi che abbiamo visto.
Inizia tutto direttore della piccola banca di Naryn dove siamo andati a cambiare i dollari in moneta locale. Come sempre appena spegniamo le moto veniamo circondati da curiosi che guardano o fanno domande. Questo elegante signore se ne sta fuori dalla banca a fumare una sigaretta, e parlando un discreto inglese mi ha invitato allo sportello per scambiare.
Quando anche Andrea e Giacomo hanno fatto, il signore insiste per offrirci un caffè e ci conduce nel suo piccolo ufficio. Da un armadietto tira fuori tazze, bicchieri, biscottini, zollette di zucchero e apparecchia il tavolo con grande gentilezza. Ha una gran voglia di chiacchierare, si rivolge sempre a noi chiamandoci per nome, quando il suo inglese si inceppa corre alla sua poltrona e si aiuta con il traduttore di google :-)
E' simpatico e ha una risata contagiosa e sincera. Ci regala una bottiglia di cognac kirgizo che vorrebbe che aprissimo subito, ma ad ampi gesti gli facciamo capire che 2 tazze di caffè ok (è tradizione locale!) ma il cognac alle 10 di mattina no! Mi siedo alla sua scrivania (vestito in tuta e stivali quindi sporco da morire!) e gli mostro il blog e le foto dei giorni scorsi.
Sempre aiutandosi con google ci dice che la sua ospitalità è quella di tutto il popolo del Kirghizstan, che lo fa con il cuore e la più sincera amicizia.
Siamo stupiti, contenti, divertiti e sinceramente toccati da tanta cordialità. Decisamente "la nostra banca è differente!".
Accendiamo le moto e puntiamo il muso verso la strada che conduce al passo Torugart e di qui a Kashgar in Cina. La seguiremo per un centinaio di chilometri, per poi prendere una breve deviazione lungo la valle che custodisce l'antica fortezza di Tash Rabat.
Naturalmente grazie  al gufo imperiale Giacomo Radini Tedeschi che garantisce sole  per tutto il giorno riusciamo a prendere qualche minuto di pioggia battente....
Quando ormai eravamo convinti di non trovare la deviazione giusta (e dopo aver vagato a caso per il paese di At Bashi chiedendo indicazioni a destra e manca) ecco comparire uno sbiadito cartello che recita TASH RABAT.
Raggiungere la fortificazione richiede pochi minuti su una facilissima strada sterrata lungo una valle incantevole: erba verdissima, pareti di roccia, un torrentello, piccoli campi di yurte.
Tash Rabat è un caravanserraglio vecchio di secoli, un ristoro per le carovane che percorrevano la via della seta dirette o provenienti in Cina. Di per sè non lascia certo senza fiato perchè non ha dimensioni imponenti, ma è in una posizione spettacolare e basta un minimo sforzo di immaginazione per vedere lunghe carovane risalire dal fondo della valle cariche di merci, di cavalli, cammelli, schiavi e ogni genere di tesoro ed accamparsi nella grande spianata erbosa ai piedi delle mura di pietra.
Restiamo un paio d'ore a gironzolare, fare foto, dormicchiare al sole. E incontriamo gente simpatica e cordiale: un signore indiano in jeep con moglie e figlia che è partito dalla Scozia e sta tornando in India via terra (!!), una signora israeliana in viaggio con una numerosissima famiglia con la quale stiamo mezz'ora a parlare dell'Italia e di Israele, un italiano di Lucca motociclista pure lui (ma qui a piedi) che brucia di invidia nel vederci accanto alle moto. Quando ripartiamo lo vedo con la coda dell'occhio scattarci foto...e immagino il suo stato d'animo.
Ci rifermiamo dopo pochi istanti in prossimità della sbarra presso la quale si pagano i 2$ di biglietto perchè Andrea si è innamorato di una bimbetta che avrà si e no 2 anni vista mentre salivamo: da una tasca dello zaino estrae una scatola di pastelli e un paio di block notes che ci siamo portati dall'Italia per occasioni come questa, e li regala alla bimba e al fratellino. I loro visini composti sono traditi dalla felicità degli occhi, e dalla eccitazione con la quale scarabocchiano sui fogli.
Ovviamente appena giriamo le spalle per andarcene cominciano a sentirsi i loro litigi per la spartizione dei regali :-)
Seconda sosta in 2 chilometri al campo di yurte più in basso...abbiamo fame, sono le 16 e cerchiamo un pezzo di pane e magari una caciottina...una formaggetta....
Non li troviamo, ma ripieghiamo con una zuppa buonissima, un pò di carne e patate, verdura e tè. Interrompe il pasto una deliziosa ragazza iraniana che sta guidando un gruppo di turisti alla fortezza...è motociclista anche lei, e avendo visto le nostre fuori è venuta a curiosare e a fare 2 chiacchiere.
Insieme al pranzo troviamo anche un russo matto come un cavallo, un personaggio splendido che ci intratterrà per più di un'ora. Yuri (cosi si chiama) gestisce insieme a sua moglie questo campo tendato per turisti, parla a raffica, salta di qua e di là per mostrarci la sauna improvvisata, la diga nel torrente nella quale buttarsi dopo la sauna, i cuccioli neonati del loro cane, la yurta bar/ristorante, la yurta kirgisa e quella kazaka, le penne di avvoltoio, le stelle alpine, il tumulo di pietre sacro che se lo scoperchi attiri la magia nera degli antichi del tempo di Tamerlano, il libro donatogli dai cechi suoi ospiti 2 anni fa. E ci racconta dei suoi ospiti, degli altri campi tendati, del perchè le sue tende sono più calde di quelle degli altri (hanno la doppia porta!), del calore delle coperte tradizionali kirgise.
E' un fiume in piena, gesticola ride parla ad alta voce, si inventa parole misto russe ed inglese, inizia frasi in una lingua e le finisce in un'altra. Ci invita a dormire mezz'ora in una delle yurte. Rifiutiamo. Rilancia con 10 minuti. Rifiutiamo. Rilancia con 5, e dobbiamo accettare.
Sdraiati ognuno su un letto con lui continuiamo a parlare e a ridere.
Potrei stare li una settimana e non stancarmi di questo splendido matto! Ma è tardi, quasi le 18 e abbiamo 100km da fare per tornare a Naryn.
Peccato per Yuri, sarebbe stato bello dormire qui, e peccato per la stupenda strada che sia lui che la coppia polacca (Marta e Bartek) incontrata questa mattina in hotel ci hanno consigliato di fare. E' qui vicino, ma è davvero troppo tardi.
Sulla dritta e asfaltatissima strada del ritorno ho il tempo di godermi e metabolizzare le esperienze di oggi, e di sentire lo spirito leggero e frizzante.
Niente è appagante come viaggiare.