venerdì 8 agosto 2014

MONGOLIKISTAN

La cosa più dura di oggi credo sia stata alzarsi.
Avevamo intenzione di farlo ancora alle 5 ma la stanchezza accumulata lavorando come matti ieri sera fino alle 2 (e oltre, visto che prima di andare a letto ho voluto scrivere sul blog per aggiornarvi) ha vinto. E Stefano che è il più mattiniero di tutti ha faticato per sbrandarci alle 7.
Lui e Giacomo devono selezionare i già risicati bagagli perchè le 2 honda XR sono ancora più piccole della mia Tenerè e hanno un telaio posteriore molto esile per cui non è possibile caricare troppo. Sono delle moto da enduro, non certo pensate per viaggiare.
Queste honda hanno un altro piccolo problema...l'avviamento non è elettrico ma con il kick start (il pedale insomma) e Stefano diventa rapidamente il boss dell'avviamento a calci e si auto nomina tutor di Giacomo che invece si sconocchia la tibia più e più volte. Sarà un leit motiv che si ripeterà tutto il giorno, con Fassun ad alternare pacche sulle spalle, incitamenti e parolacce.
Vabbè, partiamo. E partiamo davvero. Stefano già uscendo dal cancello raddoppia la strada percorsa in questi giorni, Giacomo calcia il kick starter a caso, io fungo da stazione di servizio ambulante caricando l'olio motore che gli altri hanno dovuto scartare.
Costeggiamo l'Yssyk Kul per una settantina di km prima di piegare verso sud, verso le montagne. E' incredibile come nel giro di pochissimi chilometri passiamo dall'acqua blu ad una larga pista di montagna che sale tra pareti di rocce conifere e torrenti. Come se si passasse dalle spiagge della Sardegna alla Valle d'Aosta in 10 chilometri!
Ovviamente non può essere tutto cosi idilliaco, facile. Infatti un grosso temporale gira sopra le nostre teste e ci scarica addosso qualche tonnellata d'acqua...e io come al solito deficiente che sto ad ascoltare Giacomo quando dice che "si ma mettiamoci solo la giacca antipioggia, i pantaloni no dai...". Risultato mutande inzuppate dopo 5 minuti...
La strada è larghissima e perfetta perchè è quella che porta ad una grossa miniera d'oro (credo sia quella di Khumtor), e lo capiamo soprattutto dai tanti enormi autoarticolati che la percorrono carichi di carburante e pneumatici colossali per i camion che trasportano roccia e minerale.
Saliamo e saliamo, il freddo aumenta ad ogni tornante che ci porta fino ai 3840 metri del passo Barskoon dove ci fermiamo per tentare di migliorare la carburazione delle moto che hanno faticato non poco ad arrivare fin qua. Gli ultimi chilometri sono stati penosi, percorsi sgasando e scalando marce di continuo cercando di non farle spegnere (ricordate sempre che le honda si avviano a pedale, e fare quello sforzo oltre i 3000 metri è massacrante).
Fiocchi di neve sul passo. Non riusciamo a carburare le moto e decidiamo di ripartire perchè abbiamo freddo.
Dalle info che ci ha dato Sambor nei giorni scorsi dovremmo prendere una pista che taglia a ovest verso Naryn, ma commetto un errore e dico agli altri di seguirmi su una che si trova appena 200 metri dopo e cosi facendo percorriamo una trentina di chilometri in direzione sbagliata sprecando benzina e almeno 2 ore..se non di più.
Chiedendo qua e là a persone che probabilmente non hanno mai visto una mappa e nemmeno si sono spostate di 10 km in vita loro troviamo quelli che ci danno la dritta che ci serviva. Torniamo indietro e imbocchiamo questa pista stretta e molto rovinata, che in circa 40km dovrebbe portarci prima ad Archali e poi a Naryn.
Dopo ore perse a fare congetture su quale tra le tante piste che si intravedono tra le montagne sia la nostra, sapere di essere finalmente sulla strada giusta ci conforta e ci gasa.
Le moto si comportano benissimo, anche la mia che è quella più turistica tra le tre, digerisce sassi buche e sconnessioni senza fare una piega.
Da qui in avanti iniziano 6-7 ore di puro orgasmo motociclistico e naturalistico, perchè man mano che passa il tempo lo scenario che ci si para davanti diventa sempre più epico, aprendosi in vallate immense ricoperte di erba alta pochi millimetri solcate da fiumi che scendono dai ghiacciai che stanno sopra le nostre teste.
Ovunque corrono libere mandrie di cavalli, il silenzio è totale e non incontriamo praticamente nessuno se non qualche pastore a cavallo...la Mongolia non è qui, ma è come se lo fosse. Anzi..lo è.
Dopo giorni di città, traffico e garage il Kirghizstan ci mostra il suo lato più commovente e spettacolare, ripagandoci di tutte le bestemmie e le arrabbiature.
Pubblicherò appena possibile qualche foto per cercare di darvi un'idea seppur lontana dell'incanto, ma mi spiace per voi...nessun video o immagine potrà farvi rendere conto di cosa è voluto dire stare qui oggi.
All'imbrunire, ancora lontani da Naryn, tutti in riserva sia di benzina che di energie ci fermiamo in questo villaggio dal nome impronunciabile dove troviamo tutto quello che ci serve a casa di una famiglia kirgiza: carburante, una  zuppa calda e coperte buttate per terra.
Sarà che abbiamo credito da recuperare, ma la benzina l'abbiamo chiesta ad una giovane ragazza, Gula, che è probabilmente l'unica persona nel raggio di 100km che parla inglese, il che semplifica enormemente le cose...
Oggi gran bella storia, una giornata da mettere nell'album dei ricordi più belli.

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