lunedì 7 agosto 2017

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Ho dormito con un’altra. Gatta.
Si ho fatto le corna a Pieroangela per una notte lasciando Brunilde (la chiameremo così) dormire sulla pesantissima coperta dei Minions in questa stupenda yurta dispersa nel nulla.
Dormo pochissimo, probabilmente a causa dell’altitudine che porta insonnia e probabilmente anche a causa del fatto che ogni 10 respiri inconsciamente ne faccio due profondissimi per l’aria rarefatta. Mi appisolo che ormai albeggia, ma Brunilda scova dietro ad una tendina vicina alla mia testa il pentolone del latte di yak e il suo lappare a pochi centimetri dalla mia testa mi sveglia.
Cattiva Brunilda! Cattiva! Quello è il latte che ci viene servito scaldato sulla stufa a cacca secca per colazione, e ovviamente prima io poi Giacomo approfittiamo della distrazione delle nostre ospiti per ricacciare le due tazzone fumanti nel pentolone. Non faccio una cacca degna di tale nome da 20 giorni, il latte di yak caldo leccato dal gatto potrebbe scatenare la maledizione di Lenin e costringermi a ripetuti squat sul buco.
Siamo poco oltre la metà della pista che ci deve riportare a Murghab, e io ho poca voglia di scassarmi l’anima come ieri. Per fortuna per una volta va di lusso, e a parte i primi 20 chilometri di canali secchi di terra (il peggio del peggio, secondo me) poi la pista si spiana meravigliosamente e diventa una specie di biliardo.
Menzione speciale per i pochi chilometri sul fondo di un piccolo lago secco che ci ricorda tremendamente il lago Iriki nel sud del Marocco.
Ci appollaiamo svogliatamente a Murghab dopo nemmeno 150 km di strada, ingannando il pomeriggio con la solita manutenzione spicciola a filtri e catene. Giacomo si accorge di una piccola crepa nel metallo del supporto della pedana destra, certamente conseguenza della caduta di ieri e decidiamo di ripararla ad Osh per evitare che guidando in piedi questa possa allargarsi.
Decisamente più intensa è invece la nostra domenica, che ripercorrendo a ritroso la strada fatta giorni fa (ho perso il conto e questo è bellissimo!) ci riporta a Osh fatturando 450 km, due passi da oltre 4000 metri, qualche decina di chilometri di tole ondulè fatti a tutta manetta (dio che goduria!!!), due frontiere e un male al culo pazzesco!
Ci fermiamo qui un giorno, Giacomo al momento è da Patrick “Muztoo” a far saldare la pedana e riparare il tubo del radiatore che piscia acqua, io scrivo sotto al portico della amata TES Guesthouse in mezzo a viaggiatori in bici, tre equipaggi del Mongol Rally, una coppia di signori anziani con un Land Rover Defender attrezzato per fare il giro dell’universo, e un cinese scassaminchia che mangia semini di girasole che sputa elegantemente nel prato.

Da domani parte la perlustrazione del Kirgizstan, sempre rigorosamente senza una pianificazione che vada oltre le prossime 36 ore

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