martedì 15 agosto 2017

Il lago sbagliato

Kel Suu. Seguo la pagina facebook di qualchecosa del Kyrgyzstan, e un giorno sparano questo video di due tizi che su un Land Rover Defender si arrampicano a forza di bestemmie e fumate nere dallo scarico lungo la classica verdissima valle kirgiza fino ad un lago pazzesco incastrato tra pareti di roccia a strapiombo.
Il video in una settimana grazie a Repubblica viene rimpallato da un mare di gente perchè...dai, perchè è pazzesco. Quella sera stessa ricordo di aver chiamato Giacomo e avergli detto "ci andiamo".
Nei giorni della nostra prima visita a Naryn una settimana fa il cagotto ed il mal tempo ci hanno fatto rivedere i piani di "attacco" al lago, prendendola larga e mettendoci in mezzo l'Yssyk Kol, l'abbruttimento ed il passo Tosor.
Ma ora che siamo di nuovo a Naryn ed il tempo è sereno (ma non caldo, per niente) niente più ci ostacola da partire per questi 140km che ci separano dalle acque turchesi del Kel Suu.
I primi 60 km di pista, miliardo di buche a parte, sono facilissimi, ma i successivi 3 lasciano intuire che quassù deve essere piovuto molto di recente (stanotte forse) perchè il fondo duro e di ghiaia sempre più spesso lascia il passo a macchie fangose e scivolose. Poche centinaia di metri sopra le nostre teste una netta striscia di neve fresca dimostra che non ci sbagliamo di troppo...
Raggiungiamo rabbrividendo il check point militare al quale mostriamo passaporti ed il permesso speciale fatto qualche giorno fa. Siamo a 3400 metri e fa un freddo cane, non ho un termometro ma da quanto sono vestito e per il freddo che ho saranno 5 gradi.
Superata la sbarra del check point, la strada diventa un casino: una fanga profonda, scivolosa e densa si stende su tutta la larghezza della carreggiata. Mi alzo sulle pedane, culo indietro e seconda marcia spalancata, in qualche modo passo il primo chilometro. Giacomino dietro di me rimane un pò indietro, lui non ha nè le gomme ben tassellate come le mie nè la scuola "fangazza del Tassobbio" a dargli quel minimo di confidenza con terreni così.
Sigaretta e riunione di famiglia. La strada davanti a noi prosegue  guale fin dove possiamo vedere, abbiamo ancora 70 km per l'accampamento di yurte prima del lago, dei quali circa metà sulla pista principale (questa) e l'altra metà che dio solo sa come può essere.
Xenia e Cristiano ci hanno detto che è tutto facile, ma questo fango mescola le carte in tavola.
Come sempre tra noi, le decisioni sono molto facili. E la decisione è che qui la fatica supera il gusto, e visto che non dobbiamo dimostrare niente a nessuno ma solo divertirci giriamo le moto e diciamo "arrivederci" al Kel Suu.
Le guardie ci vedono ritornare dopo meno di mezz'ora da quando eravamo passati, ci guardano un pò stupiti e a gesti spiego loro perchè siamo già li. Sorridono, ci augurano qualcosa che non capisco, e di nuovo la sbarra si alza sopra le nostre teste.
Altro miliardo di buche, altro rifornimento a Naryn che stavolta passiamo di volata senza fermarci, e imbocchiamo la pista per il Song Kol che avevamo saltato giorni fa a causa del malessere di Giacomo.
Siamo già stati qui e sappiamo che la pista che sale ai 3000 metri dell'altopiano è favolosa, un serpente che sale e scende e si contorce tra colline e montagne sempre più alte, vallate verdissime e torrenti ghiacciati. In fondo all'ultima vallata, la strada si impenna in decine di tornanti che ricordavo meno scavati dalla pioggia, ma comunque con l'Africa si va su in scioltezza e nemmeno mi disturbo ad alzarmi in piedi per evitare le sconnessioni. La foto dei tornanti visti dall'alto è un grande classico di tutti i viaggiatori che si arrampicano fin qui.
Finiamo per accamparci in un gruppetto di yurte staccato dal grande accampamento gestito dal CBT (una sorta di ente del turismo kirgizo), vicino ad una piccola laguna, ad una radura con buffi  montarozzi di terra coperti da erba e cavalli che brucano e si abbeverano.
Passeggiamo, parliamo, ci godiamo il tepore del sole che immancabilmente al tramonto si trasformerà in un gelo mortale (almeno per me che soffro molto il freddo). Ce la godiamo, e l'aver rinunciato al Kel Suu non ci pesa più di tanto...
Qua siamo a 3000 metri, il pomeriggio è tiepido e la notte si schiatta. Mi chiedo solo che freddo avrebbe fatto lassù  a 3500 considerando che a mezzogiorno c'erano 5 gradi !!
Per la cronaca ceniamo alle 20, temporeggiando perchè la yurta dove mangiamo è scaldata a cacca di bue e si sta un amore. Ma già prima delle 21.30 siamo in branda.
Abbigliamento di Radini: mutande, calze, maglia a maniche lunghe, sacco a pelo Decathlon con temperatura comfort 15°e copertina leggera.
Abbigliamento di Fantozzi: maglia termica a maniche lunghe, pile pesante, pantaloni lunghi con calzettoni di spugna rimboccati sopra, cappello di lana calato sugli occhi, sacco a pelo con temperatura comfort 4°, copertona pesantissima e coperta di pecora.
E svuotamento della vescica più volte rimandato al mattino per non abbandonare le sacre coltri durante le 11 (undici!) ore di sonno.


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