La pioggia violenta che ieri pomeriggio ci ha fatto riparare sotto ad un albero per limitare i danni (ecco un consiglio, non riparatevi durante una tempesta sotto alberi carichi di albicocche mature se non volete la marmellata sul casco), il giorno dopo si è trasformata in cupe nubi nere sulle montagne e sprazzi di pioggia mista sole.
Cristiano ieri ci ha detto che Sambor di solito da queste parti si ferma alla guesthouse Tamga, e bene abbiamo fatto a fidarci della dritta. Dietro al solito anonimo cancello di ferro senza uno straccio di scritta che dica "quisidorme" c'è una sorta di micro villaggio fatto di casette, una yurta avvolta in un giardino lussureggiante, uno shop pieno di cappelli buffi, un pastore tedesco enorme, vecchissimo e sordo come una campana con lo sguardo cosi triste da farti venire voglia di grattargli le orecchie per ore per farlo sorridere.
Ci abbruttiamo un giorno intero perchè il passo Tosor sta lassù, a 3800 metri e solo 40 km di pista da dove siamo, e se quelle nubi nere dicono la verità è da deficienti pensare di salire oggi. Noi deficienti un pò lo siamo, ma non così tanto.
Andiamo a letto alle 22 giusto perchè alle 20.30 sarebbe troppo da sfigati, e per questo alle 6.30 ho un occhio già aperto e....c'è un sole che spacca!!! Daje, si va e con le migliori condizioni!
Costeggiamo per qualche chilometro il blu perfetto dell'Yssyk Kul e svoltando sulla pista ce lo mettiamo negli specchi retrovisori per perderlo di vista dopo poco.
Come tutti i giorni in cui so che devo affrontare qualche pista "scomoda" mi sento zavorrato, con il freno a mano tirato. Sono sempre stato un diesel, anche nei giri in giornata in Italia alla mattina faccio molta fatica a carburare e lasciarmi andare e oggi è uguale. Procedo piano piano cercando di capire cosa ci aspetta, ma in realtà qualcosa so già perchè prima di partire ho fatto i compiti.
In più Xenia a Kazarman mi ha dato informazioni di prima mano (lei e Martin sono stati qui meno di un mese fa), ma si sa....ognuno ha la propria abilità, sensibilità, paure, moto, quindi tutti i consigli trovano sempre un pò il tempo che trovano.
Perdo per un momento la direzione saltando una svolta, ma una volta imboccata la traccia corretta diventa tutto estremamente semplice e chiaro. Chiaro intanto che ci sono tratti di terra indurita dal sole che sembrano le onde del mare da fare o in prima marcia piano piano, o in terza a tutto fuoco per saltellare sulle creste (che saranno alte 20 cm....).
Prudenza e incapacità ci fanno optare per la calma e tra pascoli, branchi di cavalli, greggi di pecore cagasotto saliamo e saliamo e saliamo. Alla prima pausa foto/sigaretta dopo un'ora abbiamo percorso 27 km, e siamo saliti di 1800 metri di quota! Dai 1600 metri del lago ora siamo a 3400 e questa ascesa così rapida e repentina mi fa girare un pò la testa anche se l'altitudine in genere non mi crea mai problemi.
Mancano gli ultimi 400 metri di dislivello e per quel che ne so una quindicina di chilometri al passo. L'avvicinamento viene scandito da un crescente numero di pozze d'acqua ancora ghiacciate, e dal paesaggio che diventa sempre più un caos di rocce, frane, massi enormi spaccati dal gelo.
Gli ultimi tre chilometri sono motociclisticamente demenziali: ripidi, distrutti da canaloni pieni di pietre seguiti da tornanti in salita ricoperti di sassi grossi appuntiti e smossi, avvallamenti in cui il davanti della moto sparisce per impennarsi subito dopo rischiando di piantarmi la carena tra le gengive.
Si va su solo ed esclusivamente in prima e solo raramente accennando una timida seconda (sfrizionando perchè moto a carburatori e quasi 4000 metri vanno d'accordo il minimo indispensabile), normalmente ci sono 1-2 secondi di tempo per saltare su un pietrone, atterrare e decidere se prendere quello successivo dritto per dritto o tentare di evitarlo zigzagando sul sentiero.
All'uscita di un tornante prendo la direzione sbagliata e la pago con una clamorosa pietrata sotto al paracoppa, talmente forte che a distanza di 10 ore ancora non ho voluto guardare sotto per vedere cosa è successo. Non piovono liquidi, quindi non è stata disastrosa...tanto basta.
Mi fermo e sbracciandomi evito almeno a Giacomo di fare il mio stesso errore, e immediatamente dopo siamo in cima.
Non è una vittoria, ma è una bella liberazione! Questi ultimi chilometri sono tra i più difficili che abbia mai fatto in moto, senza dubbio....e li ho fatti senza cadere. Grazie mamma per le gambe lunghe :)
Una paglietta e tanti "porca troia" ansimanti dopo cominciamo la lunga discesa fino a Naryn (40 km per salire, 170 per scendere) che ci porterà a ricongiungerci con la verdissima e favolosa valle fatta tre anni fa insieme a Stefano.
Gli spazi rocciosi e opprimenti del lato nord del passo si aprono diventando immensi, la strada migliora tanto riservandoci ancora solo poche difficoltà generalmente legate a deviazioni per aggirare frane che ci fanno giocare gli ultimi jolly.
Poi diventa tutto un fare foto, fermarsi a chiacchierare, aprire le prese d'aria sulle giacche per godere del caldo ritrovato, scivolare leggeri su una pista liscia come un biliardo.
A 80 km da Naryn riconosco il posto dove nel 2014 abbiamo riempito i serbatoi ormai deserti, trascorso la notte e conversato con Gula che parlava un buon inglese. C'è un vecchietto che nel mini-shop ci vende due barrette di cioccolata e del tè freddo. Gli chiediamo di Gula e non pare capire, scrivo sulla strada di ghiaia e faccio gesti e capisce che siamo già stati qui, chiama il nipote che è il fratello di Gula.
Seduti nella modesta casetta del nonno, Azamat ci racconta che la sorella lavora a Bishkek e sta studiando il cinese, lui invece studia e sogna di venire a studiare in Europa e come tutti i giovani kirgizi che parlano un pò di inglese ha una gran voglia di fare pratica e fa un mare di domande.
Mentre ci parla con cosi tanta speranza della sua voglia di venire a fare l'università in Italia non posso non provare un pò di tristezza perchè questi ragazzi non si rendono conto di quanto sia maledettamente difficile e costoso riuscirci....
In bocca al lupo Azamat, noi dobbiamo ripartire ma tu metticela tutta!
Naryn ci accoglie nuovamente, calda e stranamente vuota di turisti. Nella guesthouse che abbiamo lasciato piena di gente solo due giorni fa oggi dormiamo solo noi.
Ci rimangono solo pochi giorni, mi rimangono pochi tasselli ma abbiamo ancora una meta importante a darci la carica...incrociamo le dita per il meteo!!
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