I 30 chilometri che dalla guesthouse di Matiev ci separano
dalla frontiera kirgiza fanno di tutto per farti centrare ogni buca (cratere)
presente sull’asfalto. A sinistra ghiacciai, e dietro di essi la Cina, a destra
la mole imponente del picco Lenin che è distante quasi 100 chilometri ma sembra
di poterlo toccare.
Pratiche doganali kirgize veloci, il solito guado color
cioccolato mai brutto come quattro anni fa, le foto di rito con la statua del
caprone cornuto sul passo Kyzyl Art che precede di poche centinaia di metri la
frontiera tajika. Passiamo da un casotto di lamiera all’altro, da un container
pieno di mosche al cassone di un camion adibito ad alloggio, da un soldato ad
un altro, da una tassa ed un obolo all’altro: soldi per la disinfestazione
delle moto (acqua e sapone probabilmente, spruzzati svogliatamente sulle
ruote), soldi per l’uso della strada, tassa per l’accesso alla regione del
Gorno Badakshan (il Pamir insomma)….insomma avete presente? CHI SIETE? COSA
VOLETE? DOVE ANDATE? UN FIORINO !!
Ce la prendiamo con una calma infinita ri-familiarizzando
con il paesaggio lunare, e quando mi fermo dopo un piccolo guado per fare un
video a Giacomo questo arriva dopo 5 minuti buoni, guada senza arroganza e si
ferma per mostrarmi il suo parabrezza al quale sono saltate per aria 4 viti in
un colpo solo (grazie al tole ondulè di qualche chilometro prima). Pezzottiamo
malamente con le mie tristissime fascette comprate dai cinesi sotto casa (se ne
spaccano 8 su 10) e abbondante nastro americano arancione. Fatto a cazzo
ovviamente, ma robusto quanto basta per affrontare i 10 km di tole ondulè
brutto che precedono il passo dell’Ak Baital.
Seratona a Murghab, una delle cittadine più povere e
malconce che mi sia mai capitato di incontrare nei miei viaggi, dove la
corrente elettrica è razionata a zone alternate (noi siamo nella zona 19-22), e
anche quando te la danno i cali di tensione fanno accendere e spegnere le
lampadine. Passeggiamo nel bazar (una lunga fila di container sgarrupati in
mezzo ad un piazzale polveroso) e ceniamo con mati (delle specie di pelmeni,
ravioloni di carne e verdure al vapore) alle 18 nell’unico ristorantino del
paese, e prima delle 22 siamo in branda.
Livin’ la vida loca.
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