L’idea sarebbe di partire molto presto (sveglia alle 6.30)
per arrivare ad Osh con un caldo un po’ meno che sfiancante. In realtà tra “Giacomino
offreddoooo” e “ancora 5 minuti” e “mò questo dorme di nuovo” si fanno le 8.00.
Le pratiche per la ripartenza sono però più veloci del
solito perché saltiamo la colazione (che faremo con due wafer di numero lungo
la strada), perché Giacomino non se la sente di affrontare il cesso
puzzolentissimo e quindi si risparmia tempo (io non oserei mai infilarmi la
tuta e gli stivali senza aver fatto almeno una cacca in apnea), e tipo alle
9.30 siamo già on the road.
Nei viaggi precedenti da queste parti la combo caldo e
traffico di Jalal-Abad e Osh (nostra meta) è sempre stata la spada di Damocle
da affrontare obbligatoriamente perché dove vai vai in Kirgizstan devi passare
da qui. La combo risulta ovviamente all’altezza delle aspettative, e quando
arriviamo a destinazione siamo lessati dal caldo e dallo smog. La mia Honda per
la prima volta da quando la possiedo mi dimostra che la ventola del radiatore
funziona…pure lei ha patito questo caldazzo.
Ci rifugiamo belli belli alla TES Guesthouse a farci
coccolare dall’aria condizionata, da un cesso vero e da una doccia senza
salmoni che risalgono la corrente. Fatte le abluzioni a noi e a qualche vestito
ci precipitiamo al bazaar a cercare un paio di ciabatte per Giacomino che da
ieri è sofferente, e ne troviamo un bel paio stile nonno, rigorosamente made in
Kirgizstan.
Scacciafighe insomma.
Il bazaar non è nulla di esotico, è un ammasso di container
e bottegucce strette le une alle altre sotto le quali la cappa di caldo è anche
più soffocante che all’aperto. Non siamo solo noi a soffrirne…nei 20 minuti di
passeggiata abbiamo costeggiato il fiume pieno di gente in ammollo nelle acque
perlomeno discutibili, e una enorme piscina ricavata da un gigantesco vascone
di cemento e ferro arrugginito nella quale viene pompata l’acqua dello stesso
fiume. Da noi manco le nutrie probabilmente ci farebbero il bagno.
Anyway….usciamo tardi per cenare, andiamo a letto tardi, ci
svegliamo tardi e partiamo tardi stamattina, in pieno rispetto dei nostri piani
di una vacanza si avventurosa ma anche leeeeentttaaaaaaa. Abbiamo tempo, perché
sbatterci come in tutti gli altri viaggi fatti fino ad oggi?
Cazzeggiamo a 80-90 all’ora su per la strada che da Osh
porta a Sary Tash, 180 km ben asfaltati che sono il prologo al Pamir. Il Taldyk
Pass a 3560 metri è la porta di Sary Tash, sulla quale si spalanca la vista sui
contrafforti delle montagne tajike.
Mentre controllo l’olio lungo la strada e facciamo
rifornimento si ferma Matiev, un ragazzo di 22 anni di qui che ha una guest
house e parla un buon inglese. Ci appollaiamo a casa sua che non sono neanche
le 15, facciamo merenda, e poi semplicemente ce ne stiamo fuori a goderci il
sole e l’aria piacevolmente fresca, a scattare foto alle montagne da 6/7000
metri che stanno di fronte a noi, a videochiamare gli amici e le famiglie a
casa.
Domani entriamo in Tajikistan. Ma senza fretta.
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