venerdì 28 luglio 2017

Non fare oggi quello che puoi fare domani

L’idea sarebbe di partire molto presto (sveglia alle 6.30) per arrivare ad Osh con un caldo un po’ meno che sfiancante. In realtà tra “Giacomino offreddoooo” e “ancora 5 minuti” e “mò questo dorme di nuovo” si fanno le 8.00.
Le pratiche per la ripartenza sono però più veloci del solito perché saltiamo la colazione (che faremo con due wafer di numero lungo la strada), perché Giacomino non se la sente di affrontare il cesso puzzolentissimo e quindi si risparmia tempo (io non oserei mai infilarmi la tuta e gli stivali senza aver fatto almeno una cacca in apnea), e tipo alle 9.30 siamo già on the road.
Nei viaggi precedenti da queste parti la combo caldo e traffico di Jalal-Abad e Osh (nostra meta) è sempre stata la spada di Damocle da affrontare obbligatoriamente perché dove vai vai in Kirgizstan devi passare da qui. La combo risulta ovviamente all’altezza delle aspettative, e quando arriviamo a destinazione siamo lessati dal caldo e dallo smog. La mia Honda per la prima volta da quando la possiedo mi dimostra che la ventola del radiatore funziona…pure lei ha patito questo caldazzo.
Ci rifugiamo belli belli alla TES Guesthouse a farci coccolare dall’aria condizionata, da un cesso vero e da una doccia senza salmoni che risalgono la corrente. Fatte le abluzioni a noi e a qualche vestito ci precipitiamo al bazaar a cercare un paio di ciabatte per Giacomino che da ieri è sofferente, e ne troviamo un bel paio stile nonno, rigorosamente made in Kirgizstan.
Scacciafighe insomma.
Il bazaar non è nulla di esotico, è un ammasso di container e bottegucce strette le une alle altre sotto le quali la cappa di caldo è anche più soffocante che all’aperto. Non siamo solo noi a soffrirne…nei 20 minuti di passeggiata abbiamo costeggiato il fiume pieno di gente in ammollo nelle acque perlomeno discutibili, e una enorme piscina ricavata da un gigantesco vascone di cemento e ferro arrugginito nella quale viene pompata l’acqua dello stesso fiume. Da noi manco le nutrie probabilmente ci farebbero il bagno.
Anyway….usciamo tardi per cenare, andiamo a letto tardi, ci svegliamo tardi e partiamo tardi stamattina, in pieno rispetto dei nostri piani di una vacanza si avventurosa ma anche leeeeentttaaaaaaa. Abbiamo tempo, perché sbatterci come in tutti gli altri viaggi fatti fino ad oggi?
Cazzeggiamo a 80-90 all’ora su per la strada che da Osh porta a Sary Tash, 180 km ben asfaltati che sono il prologo al Pamir. Il Taldyk Pass a 3560 metri è la porta di Sary Tash, sulla quale si spalanca la vista sui contrafforti delle montagne tajike.
Mentre controllo l’olio lungo la strada e facciamo rifornimento si ferma Matiev, un ragazzo di 22 anni di qui che ha una guest house e parla un buon inglese. Ci appollaiamo a casa sua che non sono neanche le 15, facciamo merenda, e poi semplicemente ce ne stiamo fuori a goderci il sole e l’aria piacevolmente fresca, a scattare foto alle montagne da 6/7000 metri che stanno di fronte a noi, a videochiamare gli amici e le famiglie a casa.

Domani entriamo in Tajikistan. Ma senza fretta.

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